Mondo Parallelo

COLORI PERDUTI


  
E non avevo più niente da dire, rimanevo lì a guardarmi dentro e a sentire le sue parole spezzarsi contro le pareti; poi vedevo colare lettere nere luccicanti, come una scia di lumaca, fino a terra, ma lo stesso non infrangevano il silenzio dentro. Nemmeno il rumore di voci alternate a mille sospiri penetrava, e tutto rimaneva come un fantoccio appeso a dei fili invisibili mossi dal burattinaio della mia vita. Tanti nodi avevo notato che erano stati fatti a qualche filo; a volte qualcuno si scioglieva per il peso di movimenti bruschi fatti inconsciamente da quel pagliaccio appeso. E allora, diveniva tutto più scuro, come il sole quando una nuvola nera lo nasconde al pari d’una maschera di carnevale incollata su un volto senza labbra, senza espressione. Io ascolto, io vibro al suono del vento, io sento quello che mi trafigge in un cadenzato ritmo di strane lettere unite, senza nome, e poi scorgo accanto le altre tutt’attorno. Uno strano ticchettio. Ascolto: è il battere del cuore, un poco coperto dal cigolio dei balconi mossi dal vento, e poi tutto ritorna con i colori che avevo perduti e mi accorgo che non sono però gli stessi di prima. Come me, come la voglia di spazio, quella di essere quello che vorrei non essere, come la voglia di tenermi stretto quello che invece mi fa sentire bene. Adesso il silenzio sta chiamando. Adesso, sì, sta chiamando; adesso, adesso lo sento che sta bisbigliando più forte. E dice d’essere convinto ci sia del buono in me, in tutti noi, con il sostegno e il desiderio di dare amore per riuscire a tirare fuori il meglio da noi stessi. E mentre ascolto, osserva il silenzio il vento, ferma lo sguardo sull’accadere di questo cielo azzurro; cerca una via d’uscita in quest’immenso, in questa dispersione d’aria chiara come il respiro che inala il vuoto dell’assenza di colore. Solo il rumore dell’affanno sibila lento intorno a quell’albero cavo sospeso in cerca delle sue radici, e cerca anche di trovare una via d’uscita, il vento, per portarmi il profumo del mattino che lascia il posto alla notte. Ovunque mi conduca sarà ritorno. Oggi, non ho le nuvole nella mente, un soffio di vento le ha disperse. Il tempo corre, ma la memoria si ferma sempre sulla soglia azzurra di un quadrante senza sfere. Tra gli ultimi bagliori di un giorno che già muore, scorgo tra le ombre sentieri sperduti tra cespugli marroni ormai secchi e accarezzo stancamente il tempo con gli occhi, rannicchiando la mia anima su un raggio di luce che filtra leggero nel buio, e poi giunge a ghermire i colori del giorno, nell’attimo dolce di un battito d’ali… senza ritorno.  Giov@nni