Mondo Parallelo

L'INCONTRO


La guardai fissa negli occhi, mi sembrava che fossero vuoti, o che dentro ci fosse soltanto una finestra chiusa. Rimasi stupito dal suo sguardo senza espressione, da quegli occhi azzurri ma che nulla lasciavano intravedere. Un brivido mi attraversò la schiena, mi sembrava che il tempo si fosse fermato e non passasse mai, mentre erano trascorsi non più di  dieci secondi; era come se mi risvegliassi da un sonno ad occhi aperti, e ad ogni battito di ciglia, mi accorgevo che avevo di fronte un volto che a ben guardarlo non lasciava trasparire una bellezza sensuale o trasgressiva, tutt’altro, era una bellezza dolce, pura, unica, era qualcosa che sfiorava l’assurdo, e non si poteva attribuire acun parametro di confronto o paragone per definire una bellezza senza eguali; e in quel momento tutti i miei pensieri, le mie angosce e le mie incertezze svanirono in un istante per concentrarsi su quella figura apparsa dal nulla, ferma in piedi sulla penombra di una stanza che da tanto tempo era rimasta chiusa perché non ho mai avuto il desiderio o la voglia di entravi. Troppi ricordi racchiusi in una vecchia sedia a dondolo che a tratti sembrava muoversi e cigolare nel quadro dipinto a olio d’una scena di ieri. Non sapevo nemmeno cosa stava succedendo, non me lo chiedevo sinceramente, ecco, come tutto appartenesse alla normale atmosfera di una monotonia abissale. Ero come paralizzato da quello sguardo magnetico e penetrante, da quegli occhi di un azzurro limpido eppure senza emozione, e ancor più dal chiarore della sua pelle, che traspariva ad ogni sprazzo di luce che penetrava stanco a tratti dalla finestra, in un intervallo che non riuscivo a definire perché avevo perso la nozione del tempo. Le ore erano fatte di silenzi, e, in essi, percepivo lento il fruscio e il rumore lieve che proveniva dall’aprirsi e chiudersi delle sue morbide labbra, quasi volesse pronunciare parole, parole fatte anch’esse di silenzio. Impercettibile il rumore dei suoi capelli, come fossero mossi dal vento. Potevo guardarla per ore e ore senza stancarmi, non avevo mai visto davvero una ragazza così puramente bella, davvero, così angelica. Poi un lampo di luce illumina la stanza e mi si ferma il respiro quando vedo che in trasparenza il raggio passa attraverso il suo corpo e si ferma sulla parete non più bianco abbagliante ma composto di mille colori come d’arcobaleno. E chiudo la porta, ma lei d’un tratto mi chiama per nome e mi dice: “sai ho sbagliato persona”, e mi bacia le labbra e non sono fredde, “mi devi scusare! Ti prego non mi maledire, ma la tua ora è ancora lontana e dovrò ancora aspettare.” “Ma non preoccuparti”, io le rispondo, “la prossima volta però fammi un favore, sì la prossima volta davvero non t’affrettare, vai pure piano, sì, non… t’affrettare. Ridiscendo la scala, i dieci gradini che portano sopra al primo piano, ancora bianchi, dieci gradini che si affacciano su un mondo che ho lasciato fuori chiudendo la porta alle mie spalle: un volto impresso in una stanza, un raggio di sole che s’abbatte su un muro bianco. Forse un giorno, forse domani salirò ancora quei dieci gradini, forse… quando avrò più coraggio, forse… aprirò di nuovo quella porta…forse... chissà!Giov@nni