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SPETTRI D'OLTRE MANICA

Post n°5 pubblicato il 22 Giugno 2007 da just_ladies
 
Foto di just_ladies

Era una serata calda, seppur fosse già settembre inoltrato.
Dalla finestra della mia camera d'albergo si vedeva il mare e non era un bel vedere, perchè sempre scuro e minaccioso. Ero li da una settimana ma ancora non ero stata capace di abituarmi a quel tipo di acque, così distanti per stile, colori e sensazioni ai caldi mari che avevo visto in precedenza.
Io così mediterranea, non mi sentivo per nulla a mio agio, lassù in Inghilterra.
Ma non avevo scelta e dovevo stare in quel posto uggioso almeno fino a quando la pratica per la vendita della tenuta in campagna non fosse andata a buon fine. Insomma, era il mio primo incarico serio e non potevo certo giocarmi la promozione per la tristezza che l'Inghilterra mi dava. Avrei dovuto resistere.
Tutto quello che non ti uccide ti rafforza, si dice così, no?

Quella sera decisi di scendere al ristorante per cenare, facendo un enorme sforzo perchè una parte di me stessa sarebbe rimasta volentieri a crogiolarsi nel letto, mangiando patatine, bevendo martini e fumando Marjuana. Grazie al cielo il garzone dell'albergo ne aveva da vendere, perchè quel posto era già abbastanza triste di suo.
Scesi per la cena verso tardi, per intenderci quando gli altri ospiti si erano già spostati nella sala del biliardo e i ritardatari si affrettavano dietro la zuppa inglese; porcheria, anche quella. Non mi sentivo molto socievole e non avevo nessuna voglia di intrattenermi a parlare con la gente del posto. Quando vedono un italiano, le domande e i discorsi sono sempre quelli. Insomma, non è che ogni volta che mi trovo di fronte ad un tedesco io gli chiedo della produzione dei crauti. Che cazzo me ne frega! So che mi capirete, non avevo nessuna voglia di passare la mia serata chiacchierando di pasta, mandolino e pizza, facendo il possibile per celare il mio disgusto dietro una maschera di diplomazia.
Mi feci dare dal cameriere il tavolo più appartato, ben nascosto tra le fronde (finte) delle piante.
Mangiai velocemente, ignorai la zuppa inglese e riuscii persino a bere il primo caffè decente da quando era iniziato il mio viaggio. Wow! Che colpo di fortuna.
Dopo mangiato, decisi di fare quattro passi, approfittando di quello strano calore. L'albergo non distava molto dalla tenuta che avrei dovuto vendere e seppur nel buio, s'intravedevano i suoi contorni.
Mi misi a sedere su di un grosso masso appena fuori l'entrata dell'albergo e mentre fumavo osservavo la tenuta in lontananza cercando di riassumere nella testa tutta la sua storia, che l'indomani avrei dovuto raccontare ai possibili acquirenti. Edificata nel 1400 per mano del Signore della contea, nei secoli, oltre ad essere stata una abitazione privata, divenne dapprima ospedale, poi orfanotrofio ed infine, verso la fine dell'800 divenne un bordello, una casa chiusa d'appuntamenti, prima di essere abbandonata e lasciata al suo destino.
Pare che tra il 1890 e il 1897 molti uomini illustri fossero passati di qui. Poi ci fu un terremoto che distrusse parte della casa, fu così che venne abbandonata.
Cinque anni fa, il mio capo la comprò praticamente a pezzi e la fece restaurare. Ora splendeva di una luce propria ma comunque manteneva intatto il carattere che si era costruita nel tempo.
(...)
Tutti questo pensare, mi fece venir voglia di andarci. Sarebbe stato eccitante, di notte, da sola...
Si! Era quello il modo per animare la mia triste serata inglse.
Salii in camera e mi preparai una canna. Lavai i denti e tornai giù, diretta al parcheggio.
Maledetti inglesi, tutto alla rovescia! Non ero ancora stata capace di abituarmi alla guida a destra e ogni volta aprivo la portiera dalla parte sbagliata.
Ci misi dieci minuti ad arrivare la e sulla strada, avrei quasi giurato d'aver visto delle luci, al suo interno.
Eccitata e con un pizzico di cuore in gola infiai le chiavi nella toppa e mi introdussi in silenzio nell'oscurità.
Rimasi ferma per qualche minuto, per abituare la vista a tutto quel buio e cercare di ricordare dove avevo messo le candele. Quando finalmente riuscii a trovarle le accesi tutte e le posizionai qua e la per il piano terra. Finalmente potevo muovermi con meno impaccio.
Mi diressi verso la cucina. Mi piaceva il modo in cui era stata arredata e volevo trarne qualche spunto per la mia.
Fu sull'uscio, che con la coda dell'occhio mi parve di vedere un'ombra spostarsi veloce di fianco a me, sulla destra... Mi feci forza, ripetendomi nella testa che avevo solo immaginato, che era pura e semplice "fifa" perchè quella casa era grossa e buia e io ero piccola e sola. Entrai in cucina e per un po' non pensai più all'ombra sospetta. Ero incantata dai mosaici al muro.
Feci qualche foto, per essere sicura di non perdermi i particolari nei meandri della mia memoria, poi tornai verso il salone.
Appena dentro le vidi. Erano in due.
«Che cosa ci fate qua!? Questa è proprietà privata», gridai in inglese, seppur con un filo di voce.
Le donne non si mossero e rimasero a fissarmi nella medesima posizione di prima.
Una sensazione di angoscia mi passò veloce per la schiena.
«Che cosa ci fate qua!? Questa è proprietà privata!!», mi affrettai a ripetere.
«Non potete stare qua, please, mi mettete nei casini»...
A prima vista sembravano due nomadi. Avevano i capelli raccolti in un foulard e delle vesti molto leggere addosso, anche se ricche di stoffe e molto colorate..
Una di loro, quella in piedi, mise un dito davanti alla bocca e mi fece segno di tacere. «Shhhhh»
La cosa mi fece abbastanza incazzare ma non riuscii a proferire parola perchè dal suo soffio si era sprigionata una forte ventata fredda che, giuro, mi destabilizzò.
Subito dopo sentii la stessa sensazione di quando mi capitava d'ubriacarmi. Mi sentivo leggera, la testa immersa nelle bolle. Non riuscivo più bene a distinguere la realtà, tutto mi appariva strano e surreale: tutto tranne loro due, che all'improvviso avevano catturato la mia attenzione.
Quella che stava seduta sulla poltrona si alzò e si diresse verso me. La sua camminata era strana, sembrava fluttuare sospesa nell'aria e anche la velocità con la quale si muoveva non era la solita. Era tutto molto strano.
Mi accorsi che non potevo muovermi, che persino la mia volontà era stata come incatenata. Cercai di restare calma mentre le due figure fluttuanti si avvicinavano.

Una di loro si fermò dietro di me e con un'altra ventata fredda mi sussurrò di stare tranquilla, che non mi avrebbero fatto nulla di male. Non so per quale ragione ma mi fidai. Rimasi ferma, immobile.
I bottoni della mia camicia iniziarono a sbottonarsi, adagio, uno alla volta. Era come se con il solo sguardo mi stessero spogliando. La gonna mi scese a terra all'improvviso, come se qualcuno l'avesse tirata con forza.
In pochi attimi mi ritrovai nuda, a un metro e mezzo da terra.

I due spettri (ormai era inutile negare l'evidenza) mi giravano attorno come belve feroci, ma i loro occhi sprigonavano lussuria, più che ferocia.
Mi sentii leccare, dalla punta dei piedi fino al ginocchio e poi ancora più su. Era una sensazione forte, molto più di quando a leccare, ci pensava un uomo. Qualla lingua era ghiacciata ma io non sentivo freddo.
Una delle due si fece scivolare le stoffe di dosso e scoprì un seno tondo, grande, molto più di quello che sembrava con i vestiti addosso. Al tatto s'erano fatte improvvisamente reali, di carne ed ossa.
Facemmo l'amore tutte e tre per tutta la notte, sempre a un metro e mezzo da terra.
Quando si sentirono paghe se ne andarono, lasciandomi adagiata sul divano alle prime luci dell'alba, con un dolce profumo fruttato a farmi da sfondo.

Una settimana dopo tornai in Italia. Avevo finalmente venduto la casa.
A me stessa. Adesso, quando mi sento uggiosa, l'inghilterra non mi sembra più una terra di tristezza...

 
 
 
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