Creato da: virginiagiuliano il 01/06/2006
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Viaggiare in Giappone I puntata

Post n°15 pubblicato il 26 Novembre 2012 da virginiagiuliano

Viaggio in Giappone

 

 

Fare un viaggio in Giappone è complicato e costoso.

 Prima di tutto bisogna scegliere il periodo , in estate, anche se, in genere, è una stagione sconsigliata per via dei monsoni e dei tifoni che li accompagnano, del caldo, dell’elevato tasso di umidità, pur tuttavia è la stagione in cui sono concentrate molte feste tradizionali, con sfilate di carri e comparse  con costumi antichi. Il periodo estivo potrebbe essere il più adatto per l’ alta zona dell’ Hokkaido, che ha temperature rigide da novembre a primavera inoltrata, poiché risente dei venti della Siberia. Il Giappone, costituito da un insieme di isole, si estende in lunghezza ed il suo clima va dal subtropicale delle isole del sud al siberiano del nord. Il paese del Sol Levante è un paese affascinante e vario e 15 -20 giorni sono pochi, bastano per uno sguardo veloce e superficiale di poche zone e quindi bisogna decidere cosa si vuole vedere e quali sono le finalità del viaggio. Il Sole Levante è un paese dai mille volti forte e gentile, selvaggio e raffinato, le forze della natura si mostrano nella loro potenza e maestosità , ma nello stesso tempo nella loro gentilezza e varietà, Si susseguono  circa 60 vulcani, fumanti, attivi o dormienti , alcuni pronti ad esplodere o  altri solo con manifestazioni geotermiche,  cime verdeggianti, catene montuose poste le une dietro le altre con gole profonde, alberi maestosi alti e  di grosso fusto e piccoli, pronti ad innalzarsi,  colline  e piccolissime pianure, scogliere  frastagliate e a picco, dune sabbiose ,grandi caldere allagate. Questa è la natura, che come sempre fa da padrona, l’uomo è un illuso se pensa di piegarla, perché è come una minuscola particella in mezzo al mare.

 

 
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Mille volte niente di Emma La Spina

Post n°14 pubblicato il 27 Giugno 2010 da virginiagiuliano

Mille volte niente è il secondo libro autobiografico di Emma La Spina , il 
prosieguo del primo Il suono dei Mille silenzi.
Il primo narra la vita di Emma in un orfanotrofio di Catania fino al 
raggiungimento della maggiore età.
Il secondo prosegue il racconto dopo l’uscita dal collegio, che ha dovuto 
lasciare, impreparata del tutto ad affrontare questa realtà per lei del tutto 
nuova. 
E’ come se ella sia nata a nuova vita, dopo un parto violento e improvviso, ed 
ad accoglierla non vi siano le braccia della madre, pronta ad instradarla e 
guidarla sin dai primi gemiti, ma una strada, una piazza sconosciuta con 
panchine fredde e con sguardi, alle volte, malevoli, altre, indifferenti o 
distratti dei passanti. 
Resta lì sbigottita ed affamata, passa una sua compagna, chiede un aiuto 
negato, la famiglia della ragazza è povera.
Si ricorda di giovani conosciuti e con un espediente telefona, finchè ne 
trova uno disposto ad ospitarla.
La conduce a casa sua, una famiglia indigente, tutti devono contribuire alle 
spese familiari; il ragazzo la ospita nel suo stesso letto nella stanza 
condivisa col fratello.
Non vi è posto per i sentimenti, bisogna pensare alla sopravvivenza, sembra di 
vivere le scene descritte e di sentire le voci della casa e della strada.
Si ritrova sposa di un marito distratto e non complice, sola in mezzo ad un 
mondo dove è giunta per caso e necessità e che non gli appartiene. 
E’ descritta una Catania degradata, ignorante, lasciata a se stessa, 
dimenticata, lontana dai quartieri eleganti, si fa per dire, del centro. 
E’ come se fosse invisibile, non conosciuta dai più, ed, invece, dovrebbe 
essere particolarmente attenzionata soprattutto dalla classe politica ed 
amministrativa locale, perché è molto vasta, non basta lasciarla alla carità, 
non è sufficiente dare qualche posto precario e lo sforzo sovrumano di un 
Antonio Presti, un grande mecenate che cerca di far acquistare la dignità, il 
rispetto di sè e degli altri ad un quartiere con un tasso elevaio di 
delinquenza, Librino, più esteso, da solo, dell’altra Catania.
Emma mette in particolare evidenza le difficoltà dei senza tetto,senza una 
residenza è negata l’assistenza sanitaria , ( a Catania non esiste, ma potrebbe 
essere creata, una strada immaginaria dove dare la residenza agli apolidi come 
i barboni, a Roma è stata creata, suggerisce la scrittrice nella prima 
presentazione del libro) .
Nel seguito della sua narrazione, mette in luce e parla, per essere stata 
protagonista o testimone, dei pericoli gravissimi, in cui incorrono le persone 
in stato di bisogno, le violenze e lo sfruttamento,il lavoro in nero , gli 
abusi sessuali, la pedofilia, la prostituzione,la droga, la mancanza di una 
vera assistenza delle ragazze madri; sì esistono le case famiglie, ma le 
ragazze vivono nell’indigenza, devono andare a lavorare ed hanno problemi a 
lasciare i figli, a cui devono accudire.
Un’umanità senza scrupoli e senza il minimo senso di amore si accosta a 
loro. Questa è la storia non solo di Emma, madre coraggio che lotta con 
immenso amore per tenere con sè i suoi quattro figli e per dargli un futuro 
dignitoso, ma anche dei suoi fratelli e sorelle, anch’essi abbandonati dalla 
madre. olo un fratello riesce a diventare avvocato, ed Emma, alla fine, scrittrice, 
ma tutto questo dopo mille sofferenze e grazie alla sua volontà, tenacia, alto 
senso di amore e civico innato, non certo insegnato. 
Il libro è dedicato alle sue compagne meno fortunate e ai suoi figli tutti 
ugualmente amati, a cui avrebbe voluto dare una vita serena.
Per tutti loro continua la sua difficoltosa opera, senza stancarsi mai, l’
autobiografia è stato scritta non per denunciare, la denuncia da sola sarebbe 
sterile, ma per spingere ad un cambiamento possibile, fiduciosa com’è, 
nonostante tutto. Non nutre rancore ,ma amore. E’ un libro di grande valore 
socia

 
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Spunto da un viaggio a Praga

Post n°13 pubblicato il 28 Febbraio 2008 da virginiagiuliano
 

Cari amici vi voglio raccontare del mio ultimo viaggio
mordi e fuggi di soli 5 giorni a Praga, città bellissima immersa in un
meraviglioso verde.



Parto da Catania, con l’aereo sorvolo l’Etna e
il Vesuvio, le isole croate, le alpi con le loro cime maestose e poi, dopo un
po’, finalmente a Praga.



Il mio albergo in centro si trova a Praga 1,
relativamente vicino a Place Venceslao.



Era, un tempo, un mercato di cavalli ed ora è un lungo
e largo viale pieno di negozi, librerie a più piani, bar e banche, interrotto,
nella parte alta, dal Museo Nazionale di Praga e dalla piazza
antistante; in quest’ultima sono poste la statua equestre del protettore della
Boemia, San Venceslao, ed una targa, che ricorda uno dei due studenti che nel
1969 si sono dati a fuoco per protesta contro l’invasione sovietica con i
carri armati.



Non lontano, lungo il viale, l’altra targa.



E così la bellissima piazza ed il lungo viale sono
stati teatro di sanguinose proteste da parte di un popolo, coraggioso,
generoso, capace di piegare grandi mostri.



La sera del mio arrivo, in verità, il cielo era
bigio e l’aria pungente, tanto da dissuaderci dal fare una passeggiata, dopo
aver cenato in un locale vicino l’albergo. L’indomani, spuntando il sole,
Praga, nonostante i gravi fatti in essa avvenuti, appare con tutto il suo
splendore.



Decidiamo di farci accompagnare per il centro,
partendo da piazza Venceslao, da una guida, una simpatica donna laureata in
lingue e specializzata in Italiano, che ama l’Italia e di cui conosce,
purtroppo, solo Roma per questioni finanziarie.



Ella ci dice che ,pur tuttavia, a Praga il
reddito medio pro capite è di gran lungo più alto rispetto al resto del paese.



Ci dirigiamo verso il quartiere ebraico, il ghetto.
Attaccato ad una sinagoga vi è il cimitero con le tombe sovrapposte per
questione di spazio.



Nelle steli di pietra attraverso simboli e brevi
iscrizioni, sono date informazioni relative alla vita e allo stato del defunto.



Più grandi sono le steli, maggiore era l’importanza in
vita del defunto.



Gli ebrei di Praga,costretti a vivere segregati
rispetto agli altri abitanti, pur tuttavia al loro interno erano molto
classisti e chiusi.



La classe più importante era quella dei rabbini. In
una sinagoga è descritta la vita del ghetto e le usanze in occasione dei
funerali.



Vicino al cimitero il museo dei deportati nei
campi di concentramento in cui si trovano il lunghissimo elenco dei 77297
deportati praghesi, lettere e disegni di bambini, testimoni dei loro stati
d’animo e della loro percezione degli orrori: disegni di guardie con cani
rabbiosi, case dai cui fumaioli fumanti, separazioni violente dai
genitori, e descrizioni dell’aldilà dove, finalmente, la famiglia si riunisce.
Una donna, con fatica, in uno dei campi, si era procurata carta e penna e
con questi semplici strumenti aveva fatto scrivere e disegnare dei bambini al
fine di distrarli. Nelle sale del museo una sopravvissuta raccontava la
sua storia, quei fatti si erano fissati nella mente in maniera indelebile ed
avevano angosciato la sua esistenza. La creazione del ghetto era stata voluta
dai cattolici, che a Praga hanno fatto sentire tutto il loro peso,
con le espropriazioni di terreni in favori dei conventi e la persecuzioni
degli eretici ( gli ussiti)ed le esecuzioni esemplari dei lori capi in piazza.
Gli ussiti ,otre che eretici , erano dei rivoluzionari che si ribellavano
allo strapotere della chiesa, chiedendo l’applicazione di norme più
democratiche, andando incontro alle esigenze del popolo.



Nel 1420 furono stilati i Quattro
articoli di Praga
, una sorta di manifesto del credo hussita:



1. Libertà per i preti e per i laici di
predicare le Sacre Scritture in lingua locale.



2. Comunione eucaristica sotto ambedue le
forme, il calice contenente il vino e il pane, data sia agli adulti che ai
bambini, (in particolare il calice divenne il simbolo degli ussiti).



3. Espropriazione dei beni ecclesiastici,
povertà del clero e rinuncia ai beni materiali.



  1. Pene severe per i peccati mortali commessi da membri del clero.


Per tutta risposta i
gesuiti ed altri ordini religiosi si impossessarono di tanti terreni,
togliendoli ai legittimi proprietari. I conventi di Praga, come pure le chiese,
ostentano ricchezza, basta pensare alla casa di Loreto e alla Santa Casa:
al suo interno, tra l’altro un altare d’argento di ben cinquecento chili,
degli ostensori con diamanti e pietre preziose.



Ma bisogna
riconoscere che la Chiesa cattolica, durante il nazismo, ha salvato tante
vite. In Europa degli ecclesiastici hanno rischiato la loro vita per gli
ebrei ed alcuni l’hanno persa.



Ed ancora, oggi molti
cattolici, laici ed ecclesiastici sono impegnati nel sociale
e spendono la loro vita per il bene di quella parte di umanità che
soffre la fame e la sete,anche se, a volte, il fine ultimo è l’evangelizzazione
e non il bene in sé stesso.



Di contro vi è tanta
indifferenza dell’umanità, disorientata ed impaurita da fatti violenti, la
mente è continuamente bombardata da onde elettromagnetiche e da tanto altro
ancora.



L’umanità si sta
danneggiando.



Dovremmo tutti, potenti e
non, riflettere e chiederci dove stiamo andando e conducendo i nostri figli.



La scienza , la ricerca, la
conoscenza in genere, in sé e per sé, possono essere solo positive, sono
strumenti,che, però, devono essere usati per il bene dell’umanità e,quindi, di
tutti.



Tutti siamo
corresponsabili, in quanto dobbiamo svolgere la nostra parte, anche se essa è
difficile per noi esseri imperfetti: i potenti con le loro norme e con
l’impiego dei loro mezzi, i comuni mortali con la possibilità di opporsi
o meno e di esprimere il proprio dissenso o il proprio plauso.



Il pensiero di
ognuno può portare a riflessioni e considerazioni nuove, dovute
alle varie esperienze. E poi anche la non azione è azione.



 

 
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Gretel Weil Il prezzo della sposa

Post n°12 pubblicato il 07 Giugno 2007 da virginiagiuliano

Per non dimenticare e nella speranza che tutto questo non sia successo invano.

Grete Weil, scrittrice tedesca d’origine ebraica che non si sentiva ebrea:

Il prezzo della sposa

 

 Grete Weil è una scrittrice tedesca, d'origine ebraica, del secolo scorso appartenente all’alta borghesia. I suoi nonni erano ebrei, greci di origine.

Ha vissuto un’infanzia felice in Baviera e, poi, il dramma inaspettato della persecuzione e della deportazione, insieme al marito, ad Auschwtiz, durante il periodo nazista.

Gli ebrei sono diffidenti e pessimisti, ma non potevano mai immaginare il proprio sterminio.

Si è salvata ed è rimasta viva, ma segnata per sempre.

 Quei ricordi si ripresenteranno alla mente come un terribile incubo per tutta la vita.

 Si sente tedesca, non ebrea, come la sua cultura,  non professa la religione ebraica per convinzione, recita da piccola solo delle preghiere in una lingua sconosciuta meccanicamente ed anche se a scuola partecipava all’ora di religione ebraica, sogna di Egmont e di Don Carlos.

Dell’ebraismo non sapeva pressoché niente.

Chi vive attraverso gli occhi, come lei, non sa che farsene di una religione che rifiuta l’immagine.

Riportata bruscamente a queste sue lontane origini deve ricercarle, conoscerle: lo fa partendo dalla storia di Davide di cui aveva potuto ammirare due quadri, da giovinetta e da cui era rimasta affascinata.

Da questo spunto fa delle sue considerazioni personali sugli antichi eroi e sulle personalità dei re ebraici.

Li vede come dei prepotenti, dei sanguinari, degli sregolati che nessuna considerazione hanno della vita altrui e, in particolare, delle donne.

Esprime il suo pensiero attraverso Micol, figlia di Saul, una ribelle che non condivide affatto l’idea di uno Jahvè che possa volere guerre, uccisioni, sventure per altri esseri umani, come hanno fatto Saul e David,impostori, che hanno giustificato i loro misfatti col divino volere.

Pertanto è lontana da queste sue radici e vicina, invece, a Davide solo come musicista, poeta e cantore.

Non condivide l’idea di un Dio terribile che giustifica i più atroci delitti per la conquista della terra promessa, lo sterminio d' interi popoli, donne e bambini trucidati troppo vivo è il ricordo di Auschwtiz.

 Chi ha vissuto nei campi di concentramento non può giustificare tali atrocità.

Grete narra di una madre a cui i suoi aguzzini nel campo hanno fasciato i seni per non permetterle di allattare la figlia e verificare la capacità di sopravvivenza della neonats.

Non può condividere la mancanza di rispetto e di considerazione della donna, come persona dei tempi biblici..

Una donna, presso quell' antica società, acquista valore solo con la maternità, nulla vale se sterile. E’ considerata merce di scambio, lo sposo deve pagare un prezzo. E’ ammessa la poligamia. Un re può avere diverse mogli e concubine.

 Il re Saul dà Micol in sposa a Davide e come terribile ricompensa chiede ed ottiene cento prepuzi di nemici filistei uccisi.

Micol lo sposa, ma non riesce a dimenticare il terribile prezzo pagato, i duecento prepuzi, e a darsi allo sposo la prima notte di nozze.

Gli promette che un giorno riuscirà a dargli un figlio, che sarà cantore e principe portatore di pace; ma il suo desiderio non è condiviso dal marito che spera di avere un figlio cantore e guerriero come lui.

Sono passati tremila anni ed il dramma si ripete, ancora persecuzioni d’uomini per mano di altri, Grete deve scappare dalla Germania assieme al marito perché perseguitata dai nazisti, il tempo è passato invano, nulla ha insegnato la storia,

Lei ha imparato, ora sa di essere ebrea, soltanto ebrea, una da eliminare, l’unica preoccupazione è sopravvivere.

 Ma al momento della liberazione da parte degli americani il suo desiderio è di tornare nell’amata Germania; lo fa non senza ostacoli, vuole rivedere un giovane amico tedesco, che, forse, è scampato alla guerra, pur essendo una giovane recluta.

Non odia i tedeschi, si sente nonostante tutto tedesca, è stata anche disprezzata per questo, dagli ebrei americani che non hanno condiviso il suo rientro in Germania, e da altri sol che hanno sentito il suo idioma e che, perciò, senza sapere chi fosse, l’hanno bollata come un’assassina.

Ella non sente di avere nulla in comune con gli ebrei orientali e con quelli occidentali se non la sofferenza, la paura della persecuzione.

 Purtroppo, conclude, nulla ha insegnato il muro del pianto, neanche agli ebrei  che ancora oggi sono guerrieri, gente in lotta.

 
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Turchia II Parte

Post n°11 pubblicato il 12 Aprile 2007 da virginiagiuliano

Viaggio in Turchia II Parte


Lasciata la bella Cappadocia  ci rechiamo a Smirne, sull’Egeo una ridente cittadina,il cui nome greco antico era Izmir, in italiano Mirra, pare che nella zona fosse presente l’albero di Mirra. Nelle campagne di questa grande nazione si incontrano  grandi campi  di  fiori spontanei, i papaveri viola, più grandi dei nostri e meno belli: sono quelli da cui si estrae l’ oppio, il cui uso in Turchia è stato vietato negli anni 70.
Quel che ricordo di Smirne sono gli anziani  con la barba, che fumano il narghilè,  da soli o in gruppo attorno ad un tavolo, seduti  nei bar  lungo i marciapiedi delle strade del porto, ed uno strombettare improvviso e il vocio festante, provenienti da una fila di macchine scoperte che marciano l’una dietro l’altra con in testa un’auto dove sta in piedi un bambino, vestito di bianco, dall’apparente età di dieci anni, che saluta felice i passanti.
Seguiamo il corteo che si ferma al parcheggio di un ristorante, dove le persone,vestite a festa, entrano, li seguiamo. Il bambino viene portato in una stanza dove vi è un letto grande,  viene fatto coricare, gli invitati gli porgono dei doni, egli li riceve felice, poi giunge un medico che lo anestetizza per procedere alla circoncisione e gli astanti vanno a festeggiare al ristorante.
A pochi chilometri da Smirne vi è Efeso,la cui antica città era prima sul mare, visitiamo i resti e camminando per le strade, visitando,l’antico teatro , vedendo la facciata della biblioteca e dell’archivio,il ginnasio, le due porte della città mi sembra di vivere in quel tempo e di sentire le voci degli antichi abitanti . Efeso fu in origine greca, ma la maggior parte dei resti esistenti risalgono all’epoca romana, fu la città di San Paolo e di San Giovanni, che ebbe affidata la Madonna, che sembra essere morta nelle vicinanze dell’antico sito, il luogo è custodito da un monaco al tempo milanese, un uomo alto con una bella barba.Il mio scetticismo mi porta a non credere, ma un senso di pace e di benessere mi pervade, mai ero stata così bene, ma tutto ciò è indescrivibile.

 
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