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Post n°191 pubblicato il 01 Maggio 2007 da giuliA_PD
Eh sì, non mi resta che dire... “buon primo maggio a me”. Non mi va di fare la cronaca di quella giornata di due anni fa, è inutile, me la ricordo io… e forse nessun altro. Mi piace pensare che anche per voi sia stata così emotivamente forte da esservi rimasta impressa, quasi a fuoco, com’è stato per me…. e come sarà per sempre, vista la cicatrice che ho addosso. Ma è solo un desiderio, espresso con due righe di parole che si susseguono, che mai verranno pronunciate. Rimarranno dentro di me. E con esse, l’eco che di tanto in tanto si fa sentire… ridondante. Non so cosa farò oggi. Non ho progettato nulla, non con la speranza che qualcuno lo faccia per me, com’è stato due anni fa. Semplicemente non ho voglia di cercare di eguagliare una simile casualità di eventi. L’euforia rimane lì, imprigionata dall’affetto che provo per quella sensazione. Non ne abuserò più, ho smesso… da tanto. Quello era uno dei miei vizi preferiti. Nessun contenitore di cartoncino, e non serviva nemmeno del fuoco per dar vita al tutto. Nessun vetro infranto alla fine dell’uso. Beh, qualche controindicazione c’era, com’è giusto che sia. Mi ha sopraffatta la tristezza, già un mese dopo. Ne ero sicura. Avevo tutto in pugno… eppure ho aperto la mano e non ho trovato più nulla. Ricordo il cuore che andava a ritmo con i sentimenti. L’indivisibilità di quell’intreccio di tre fili… le nostre vite… la nostra amicizia. Incatenata ad altre, un po’ meno importanti ma che ci portavano il sorriso, ogni volta che ce ne poteva essere l’occasione. Ogni minuto, ora, giorno passato… visto che, eravamo in classe assieme. Con la particolarità di esserci volontariamente isolati dal resto. Ci siamo trovati e chiusi. E quanto è stato bello. C’eravamo solo noi, il nostro piccolo mondo. Una classe in una classe, come ci definiva più di qualcuno. Qualcuno che mi voleva già portare via da voi. Qualcuno che temeva che voi mi sviaste. E io non temevo niente, fino a quando i consigli di classe, hanno vinto la battaglia. Hanno messo al tappeto me prima di tutto, voi non ve ne rendevate ancora conto. Eppure siamo andate assieme quel giorno a vedere i risultati. Le parole “non ammessa alla classe successiva” mi hanno ipnotizzata. Più pesavo le lettere, più mi rendevo conto che per voi non avevano alcun peso. Con questa leggerezza vi è stato strappato via un anno. Con la stessa leggerezza in corpo, ho fatto un salto. Un salto davvero alto. Tutto questo esattamente due anni fa. Quando ho conosciuto te. Parte integrante delle mie emozioni, di quelle che ho condiviso anche con voi. Scrivendo, mi accorgo che le lettere centrali componenti la tastiera sono bagnate. Di lacrime che mi scendono silenziose e lente. Calde. Non è tristezza, non è malinconia, non è voglia di arrampicarsi sulle vette (al contrario) del passato, non so esattamente cosa sia. Forse il traguardo raggiunto. La consapevolezza di quello che ho provato, che mi ha divorato dentro per tanto. Ed ora? Cosa resta? Qualche parola scritta due anni fa. Quando ancora detestavo questo metodo di trasmissione di emozioni. Tutto il male che cercava di sopravvivere dentro, finche c’erano provviste. Ora non c’è. Solo un sorriso. La smorfia di tristezza ha passato la data di scadenza. |
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