PAROLE DI GIULIA ...

Bambina cattiva -


Lo so, la doccia è un posto banale; ma questa è una cabina per la sauna, credo, ed è grande quanto il mio bagno. E poi l’acqua che scorre bollente sulla pelle e tutto questo vapore che rende difficile respirare mi stordiscono, come dire, ed è un bene. Mi sono ficcata in questo angolo, la faccia contro lo spigolo a giocare a nascondino, ma stavolta non apro gli occhi neanche se mi pagano.Uno, due, tre, quattro, cinque...Apro le gambe e l’acqua si insinua caldissima facendomi contrarre in uno spasmo involontario. Ho voglia di farmi sbollentare la pelle. E poi c’è questo frastuono del getto che mi arriva in testa: è come se mi isolasse dal mondo, dalla camera fuori di qui, in particolare; resto qui e aspetto.Dove si saranno nascosti... ottantadue, ottantatre, ottantaquat…I loro corpi caldi mi arrivano dietro all’improvviso. Si appoggiano a me; con delicatezza, direi, ma ora sì che mi sento messa all’angolo. Chissà da quanto erano nella cabina, se mi stavano osservando, se stavano decidendo cosa fare; un complotto alle mie spalle. Non vale, due contro una! ma non ho tempo di stizzirmi perché partono a leccarmi il collo: due lingue che scorrono dall’orecchio alla spalla, e ritorno; ognuna ordinatamente dalla sua parte, quasi in sincrono, tanto che sento che potrei innervosirmi per un momentaneo sfasamento. Professionalità ci vuole, che diamine.Mi riempio di brividi, sì, bene così.Sono andata oltre ormai, non posso tornare indietro. Sono due, due durezze che mi premono addosso, a due altezze diverse. Due bei fisici dagli addominali segnati, due volti neanche troppo anonimi. Quando si decide una cosa del genere meglio farla bene, pensavo. Due cazzi che mi toccano, a volte premendo, a volte solo sfiorando ma senza intenzione, solo per farmi sapere che ci sono, sono lì dietro. E sono due.Ogni tanto smettono di leccarmi, ma dove se ne vanno? cosa fanno? ne sento la mancanza. Con gli occhi a fessura giro appena la testa, intravedo le loro bocche unite nello scrosciare dell’acqua e l’emozione mi fa quasi piegare le gambe. Menomale che sono poggiata al muro, puntellata, quasi.Dio che voglia ho di lingua, di lingua in bocca. Torco la testa all’indietro, ne chiamo e accolgo una, la succhio, mi faccio succhiare, lascio che mi entri morbida fra i denti ingoiando acqua che continua a venir giù imperterrita, sopra di noi.Sarebbe già bello così, mi dico, a baciare un corpo maschio sentendone un altro che ti si struscia addosso; ma posso concedermi di più, stanotte.Ruoto la testa e dall’altra parte mi aspetta un’altra bocca, un’altra lingua, altra acqua da sputare o da ingoiare. Il cuore va a mille. Forse questa è la cosa più erotica che faremo, per lo meno è quella in cui mi sto perdendo. Questo sentirmi schiacciata in un angolo e ruotare la testa a destra e sinistra, lentamente, e farmi riempire la bocca dai loro aliti caldi e dalle lingue grandi e bagnate d’acqua.  Come una bambina con due lecca-lecca, uno per mano, che succhia prima uno poi l’altro, poi di nuovo uno e poi l’altro, senza sapersi decidere.Sono una bambina golosa.Non riesco a smettere; la testa mi gira, quasi, per questo continuo ruotare. Per fortuna loro hanno più fantasia di me; le mani cominciano a vagare sulla pelle scivolosa, ad insinuarsi fra le cosce e a toccare, a violare. Per un attimo ho l’istinto di chiudere le gambe, di cacciarli via a pedate, come osano, come si permettono, ma il culo mi si sposta indietro – a tradimento – e sento un paio di dita risalire verso l’alto, da dentro.Avrei bisogno di più aria, di poter respirare con più forza, a pieni polmoni, ma ci ho già provato e sono mezzo soffocata, prima. Poca aria e troppa acqua, qui dentro. Mi stupisco solo che nessuna delle tre mani che vagano su di me abbia ancora tentato l’entrata nel buco piccolo, ma forse ho parlato troppo presto: eccolo il dito che entra, già lubrificato dal sapone. Sento l’odore fruttato – dio come stona – spandersi nell’aria mentre il fiato mi esce in un singhiozzo.Professionisti, non c’è che dire.Che poi com’è che ora mi sembrano venti, le mani? Le sento dappertutto, dentro, fuori, sopra, sotto. Che stanno facendo? Ma poi che importa, purché non smettano.La pelle mi va a fuoco.Sono delicati, gentili, li ringrazio mentalmente per questo, perché mi stanno allargando con delicatezza, con gentilezza, e probabilmente quando entreranno non li sentirò nemmeno, sarò così larga che dirò «già fatto?» Comunque non posso star qui tutto il tempo a farmi manipolare come uno straccetto, devo prendere un minimo di iniziativa, diamine, ho una reputazione da difendere. A fatica mi giro verso di loro, svuotandomi delle loro dita: sono bellissimi. Li prendo per la nuca e li spingo uno verso l’altro e loro, docili come agnellini, uniscono le bocche, avvicinano i corpi e io quasi svengo – a guardarli che si scambiano effusioni come due scolarette – le gocce d’acqua che imperlano le ciglia, che scorrono sulla pelle. La dolcezza con cui si baciano fa a cazzotti con i loro corpi modellati dalla palestra, coi membri che svettano duri; ma è questo che volevo, è questo fottuto contrasto, che mi piace.Si toccano masturbandosi piano, baciandosi con le lingue fuori per farmi vedere.C’è questo effetto specchio che mi stupisce, mi affascina; se non fossero leggermente diversi di altezza sarebbe quasi sconvolgente. Invece è solo un massacro. Mi tocco, non posso farne a meno, indecisa fra sperare che vadano avanti fra di loro o che tornino da me, o tutte e due le cose in una combinazione impossibile di bocche, di mani e altro. Mi schiaccio contro di loro, improvvisamente ho bisogno di contatto.Mi accolgono nel loro abbraccio, generosi. Sono generosi.Baciano anche me – a turno – e io li bacio; è un carosello ancora più assurdo di quello di prima perché ora non solo la bocca ma anche la mano vaga da un membro all’altro, spostando una delle loro, facendosi spostare, a volte rimanendo ostinata dov’è a scorrere su e giù fino a non aver più dubbi, fino a saperli distinguerli dalla consistenza, dalla forma, da quel piccolo particolare.All’improvviso ho solo una domanda in testa, un dubbio, un punto interrogativo immenso che sovrasta qualsiasi altro bisogno: quale dei due vorrei vedere con in bocca il cazzo dell’altro? Forse quello più basso, anche se è lui che ce l’ha più bello; però se facessi chinare il più basso sarebbe quasi una brutta copia di una donna che lo fa ad un uomo, no: meglio far abbassare quello più alto con una lieve pressione sulle spalle, ché le parole sembrano abolite, qui dentro. Forse sarà più goffo, più strano.Voglio saturarmi con questa stranezza, con questi contrasti.Lo carezzo quindi, un po’ spingendolo giù, un po’ fissandolo con uno sguardo che non vuol dire niente. Lui non si precipita a prenderlo in bocca come una puttana qualsiasi, no. Lui si abbassa con una lentezza esasperante, baciando con devozione tutto quello che incontra, mio o dell’altro non importa – senza alcuna fretta – carezzandoci la schiena, poi il culo, poi le gambe.Una mano per uno non fa male a nessuno.L’altro ha una mia tetta in mano, la carezza leggero ma si vede che è sovrappensiero, che al momento ci sono cose più importanti nella sua vita, nella sua testa e non solo lì. E infatti una lingua gli sta scorrendo lungo l’asta, su e giù, coprendo tutta la superficie come se dovesse dargli una mano di bianco. Accurato, preciso, l’altro si china ancora di più e gli si infila quasi sotto a prendergli le palle in bocca mentre continua a toccarlo. Gentile, lo dicevo io.Mi guardo le mani, ho le dita lesse. Forse dovremmo andarcene da qui, forse dovremmo buttarci sul letto come fanno tutti, ma nessuno sembra aver voglia di abbandonare questa sorta di bozzolo erotico isolato dal resto del mondo. Mi infilo due delle cinque dita lesse dentro ma non sento niente, c’è tanto di quello spazio. Mi tocco fuori allora, mentre guardo questi due che si sollazzano e girandomi ogni tanto verso le espressioni di piacere di quello in piedi appoggiato al mio corpo, leccandogli la bocca aperta.Lo sto baciando quando l’altro glielo prende finalmente in bocca e lui mi urla sulle labbra; un ruggito di piacere che da solo potrebbe farmi venire. Stacco le dita – appena in tempo a dire il vero – guardo verso il basso e ho paura di venire lo stesso. Dio, che meraviglia. Ho un uomo con un cazzo in bocca tanto vicino da sentire, nonostante il frastuono dell’acqua, il rumore del risucchio e i lievi gemiti che emette quando affonda.È bello. Non ha niente delle pose e della leziosità di certe femmine quando fanno un pompino, gratificate dal piacere che danno come da un premio alla carriera; è serio, concentrato, non guarda in su, non cerca l’angolatura migliore, non si sposta i capelli. Succhia e basta. È devastante, annaspo in cerca di aria appoggiando una mano alla parete. Dio, se non ci uccide la tensione erotica lo farà la pressione bassa, qua dentro.Non so come ma riprendo il controllo e metto le mani un po’ dappertutto sfiorando, stringendo e graffiando; quello in piedi – placido – gode e dirige con una mano la testa che lo sta succhiando, gli carezza le guance quando si gonfiano del suo cazzo. Mi incanto per un po’ a guardarla, questa bocca che si apre e si chiude, che si fa scomparire dentro un cazzo molto ben messo – anzi, diciamolo, decisamente grosso – senza fare una piega.Colta da improvviso coraggio mi sposto dietro quello in piedi e gli spingo un dito fra i glutei, nel culo. Entra che è una bellezza, il che mi fa pensare che non si stessero solo baciando prima, mentre io stavo faccia alla parete a fare un due tre stella. E bravi.Non ho mai dovuto far così poca fatica per infilare un dito in un uomo, è una sensazione inebriante, posso passare subito a due; oh sì che posso. E mi sembra che apprezzi, anche, dai versi che fa. Ora è appoggiato con entrambe le mani alla parete di legno, la testa abbassata mentre quello lo succhia e io sperimento un terzo dito. Nel frattempo ammiro la schiena ampia, i fianchi stretti e la mia mano incuneata là in mezzo, meravigliosamente estranea. Ripensandoci un attimo, però, mi pare che qui si stia prendendo una piega sbagliata.Non erano qui per me, questi due?Sfilo le dita con uno strattone, mi intrometto fra di loro a forza, facendoli staccare, strusciandomi polemica contro il cazzo bagnato di saliva, scivoloso. Come è ovvio lui mi prende per un braccio – poco gentilmente, devo dire – mi gira, me lo infila dentro senza fatica e prende a scoparmi.Te la stavi godendo un po’ troppo, tesoro, torna a lavoro.Sono sempre stata una bambina prepotente, soprattutto quando le attenzioni non erano tutte per me. Soprattutto quando pago. Certo, alla fin fine sono di nuovo con la faccia alla parete, ma almeno adesso fra me e la parete c’è qualcosa, c’è una bocca su cui poggiarmi e dentro la quale respirare, c’è un torace caldo e delle spalle a cui reggermi, c’è un cazzo duro che mi preme contro la pancia. Un uomo, insomma, che al momento insinua una mano fra le nostre gambe – di chi esattamente non lo so più – e spinge e ruota per infilarmi un dito dentro dove già c’è il cazzo che sfriziona avanti e indietro. E ci riesce, perdio.Mi attacco al suo membro duro strattonandolo senza gentilezza, tanto per vendicarmi di questa iniziativa così poco scontata, di questo lago che mi ha tirato fuori da chissà dove con un solo dito ben piazzato. Mi gira la testa, li incito a penetrarmi di più, più forte, più dentro, che quando mi prendono i cinque minuti non bado a spese e chiedo più dita a far compagnia al cazzo, e lui ce le mette – non so come – facendomi vedere le stelle e sbavare, mentre la vista mi si sfuoca.È bello, bellissimo, mai provato qualcosa di così bello... ma non verrò mai. Ho bisogno che mi tocchino fuori – mi conosco, mascherina – e devo trovare il modo di farglielo capire, se qualcuno – uno a caso cazzo – non lo farà spontaneamente entro i prossimi quattro secondi. Qualcuno invece, all’improvviso, spegne l’acqua.Il silenzio cala nel nostro piccolo spazio.Il silenzio è terribile, crudele, impietoso. Svela tutti i volgari rumori che stiamo emettendo, li rende crudi, li spoetizza: i respiri animali che escono dalle bocche aperte, lo sbattere ritmico delle carni e i gemiti di fatica; i rumori del sesso insomma, senza scuse. Non c’è più niente di magico, di ovattato: ora siamo solo tre corpi separati che cercano a fatica di compenetrarsi, di godere. All’improvviso tutto mi sembra orribile. Io mi sembro orribile. La bocca alla quale mi sono aggrappata mi abbandona e io rischio seriamente di scoppiare in lacrime mentre quell’altro va avanti a scoparmi come una macchina da guerra. Il ragazzo gentile invece, non lo so se l’ha capito da solo, se gliel’ho detto io, se il mio corpo ha comunicato a livello subliminale – non lo so – però scende, di nuovo, nei bassifondi di questa sauna, nel girone dei lussuriosi, dei sodomiti e dei generosi per trovare il mio sesso – stavolta – per lambirlo con delicatezza prima e con forza poi fino a regalarmi piacere, piacere, piacere...È finita, dio. Grazie. Tana libera tutti.Mi accascio in un angolo, le gambe scomposte e la testa di lato, inerme come una bambola di pezza, a godermi questa spossatezza e il dolore sordo fra le gambe. Una voce mi giunge da lontano, da molto lontano, e dice cose senza senso. O forse è il mio cervello che è intorpidito e non riesce a connettere. Poi finalmente tutto mi è chiaro, e per fortuna sono già per terra e non posso svenire e cadere più in basso d così.«Vuoi vederci scopare?»No che non è finita, maledizione, cioè, fantastico.Certo che voglio, certo che voglio!Non mi esce alcun suono.La terza volta che lo dicoriesco finalmente a biascicare: «Sì...»Mi abbraccio le ginocchia mentre loro – tanto vicini da urtarmi – si leccano, si aprono con dita esperte, si scopano: in piedi, in ginocchio, con volti contratti che non scorderò mai, con forza trattenuta, a tratti con violenza, con dolcezza, con dolore. E il gioco continua, anche se per ora non mi eccita – non mi eccita niente, dopo essere venuta – ma mi godo ogni istante, me lo bevo, me lo stampo nella memoria cercando di non perdermi niente, neanche il più piccolo particolare.Ogni tanto allungo una mano; per ora carezzo le schiene, le cosce tese, mi insinuo a sfiorare durezze, a soppesare ciondoli morbidi e  dondolanti. Finirò col divaricare e infilare dita dovunque ci sia posto, già lo so.Ma qual è il problema.Mica sono in penitenza.