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« Lacrime -Carlo Valerio Sara - »

(2) Carlo Valerio Sara -

Post n°54 pubblicato il 18 Maggio 2011 da giulia.2001

Sara non gli era mai piaciuta e vestita come era vestita in quella occasione gli faceva ancora più schifo del solito. Gli pareva di accompagnare un gigantesco Ferrero Rocher incartato male ed evitava accuratamente di guardarla per non ferirsi gli occhi con il barluccichìo che la mise color oro sbarbagliava in ogni dove. Si distraeva pensando al pompino che di lì a poco si sarebbe gustato dalle labbra del Ferrero Rocher sedutogli accanto e che Carlo gli aveva decantato con tanta enfasi. La cioccolatina era chiaramente in calore e sparava battutine con doppi e tripli sensi epocali, roba che un camionista sarebbe arrossito violentemente, ma non Valerio, e non che fosse più o meno rozzo di un trasportatore di merci, il problema era che non l’ascoltava minimamente.

Ogni tanto, socchiudendo gli occhi le volgeva lo sguardo (fulminandola) e controllava fino a che punto fosse arrivato il suo grado di cottura; sbiascicava un «Sì, certo», «Epperbacco», «Hihihihi» e poi se ne ritornava nel suo mondo a parte a farsi beatamente gli stracazzi suoi. Era ormai passato un quarto d’ora e secondo i miei calcoli dovevano ormai essere nei paraggi del posto concordato, uno spiazzo nascosto affianco alla statale, scoperto in giovane età, quando si andava tutti ad acculturarci con i giornalini porno acquistati (fregati) di nascosto all’edicola di Piazza Po. Ed in effetti i due erano proprio lì, con la scusa di un bisogno impellente Valerio aveva deviato il Porsche entrando nello spiazzo di cui sopra, sicuro che la reazione di Sara non si sarebbe fatta attendere.

Non si fece attendere.

Era preparato ad una avance della cioccolatina sbarluccicante, non era cieco e si era accorto da tempo immemorabile che la tipina gli sbavava ad ettolitri dietro, ma certo non pensava di avere a che fare con una simile furia. Stava ancora sgrullandosi l’attrezzo che la pantera assassina gli fu addosso, rotolarono come maiali sotto gli alberi che circondavano il loco e mentre con una mano Sara gli abbrancava il pisello ben decisa a non mollarlo, più o meno mai, con l’altra carezzava, graffiava, grattava con foga spasmodica e orgiastica, coprendo di baci linguate, succhi e risucchi il povero Valerio che ormai era in preda ad impercettibili ma ben distinguibili conati di vomito.

«Bello bello bello, amore amore amore, che figo, che figo, quanto sei bbono, lascia che t’assaggio tutto» decantava lei con gli occhi brillanti di una luce spaventosa.

 «Ehm, stellina, perché non andiamo in macchina, saremo più comodi non trovi ?» provò a proporre lui.

«Sì sì sì, tutto quello che vuoi, sarò la tua schiava!»

«Bene! Fammi una pompa, allora.»

Una pompa.

La pompa della benzina.

Si era rotta la pompa della benzina, per qualche misterioso motivo il congegno che avevo montato per non far partire la macchina aveva scassato la pompa della benzina, una inequivocabile macchia puzzolente sotto il cofano ne era il segno più evidente.

Solo, in mezzo alla statale, con la macchina in panne (e senza benzina) stavo per arrivare in ritardo all’appuntamento con le mie corna, e tutto il piano stava andando a puttane.

Le stesse che mi osservavano tra il curioso e divertito sul ciglio della strada mentre imprecavo in aramaico antico contro il destino cinico e baro.

«Abbello? Se stai in ritardo perché nun te piji l’autobbbus.»

Una zoccola di Centocelle in trasferta (cosa ci facesse a Caronno Pertusella, non si sa) mi stava dando il consiglio giusto. L’autobus, potevo prendere l’autobus, ricordavo di avere visto una fermata qualche chilometro prima, una corsetta e se avevo culo potevo prenderlo al volo e arrivare ancora in tempo.

Nel frattime, Sara si stava voracemente esibendo nel suo pezzo forte. Valerio, per quanto disgustato dall’aspetto fisico e dall’abbigliamento (ormai stazzonato) della ex cioccolatina, non poteva non notare che io in fondo non gli avevo mai raccontato balle. A pompe ci sapeva veramente fare e trattenersi era veramente impresa titanica, d’altro canto sarei apparso di lì a momenti e dovevo beccarli in atteggiamenti inequivocabili, ergo doveva resistere... ma era dura, anzi duro!

Il sudore cominciava ad imperlare la fronte del bel Valerio, sentiva l’orgasmo montare dentro di sé e le slinguatine appena sotto il glande date con perizia da Sara certo non lo aiutavano. Quando poi iniziò ad usare anche i dentini la situazione si fece immediatamente disperata. Provò a pensare ed immaginare nella sua mente sata sei i ammoscianti tipo:

«Scudetto all’Inter!»

«Un’intera puntata di Buona Domenica.»

«L’ultimo successo di Andrea Bocelli.»

«Le domeniche estive all’oratorio.»

«Linda Blair nell’esorcista, che sputa pappetta verde.»

«Zia Carmela (ottantaduenne pelosa) in tanga.»

Ma fu tutto inutile, la tecnica sopraffina di Sara ebbe la meglio e Valerio alfine capitolò.

Lo zampillo fu abbondante e sguaiato nella bocca magica della cioccolatina scartocciata che non si tirò assolutamente indietro, chiamata coscienziosamente ad ingollare tutto fino all’ultima molecola. «Ma dove cazzo è finito Carlo?» pensò tra sé e sé, tra uno spasmo e l’altro, Valerio.

Carlo, cioè io, stavo correndo come un pirla sul ciglio della statale facendo lo slalom tra troie di ogni colore e razza, ricordavo la fermata dell’autobus a poco meno di cinque minuti di strada, peccato però che cinque minuti in macchina siano più o meno cinque chilometri a piedi e il mio allenamento (nullo) non mi permetteva prestazioni atletiche degne di nota.

Ai 500 metri il respiro si fece mozzo e le gambe due pezzi di legno che nemmanco Pinocchio, strinsi i denti e arrancai per altri 500, ma a quel punto mi cedettero di schianto le caviglie. Stramazzai al suolo di fronte ad una Nigeriana con due tette tipo palloni aerostatici in preda ad una crisi ipoglicemica e di pianto.

«E adesso scopiamo?» chiese con faccina finto ingenua la troia dorata con ancora la bocca sporca di sborra. «Ehm, stellina, ma sai che sei bravissima a fare i pompini? Una come te non l’avevo mai trovata sei veramente unica e fantastica, non è che me ne faresti un altro?»

Il povero Valerio non aveva infatti alcuna intenzione di scoparsi quell’orribile trionfo del kitsch che aveva davanti, il suo utensile non ce l’avrebbe fatta mai. La sola alternativa era sfruttare l’unica attrattiva sessuale di Sara, sperando che io apparissi da lì a brevissimo. Sara, dal suo canto, inorgoglita da un simile complimento si mise di buona lena a mulinare nuovamente la lingua sulla cappella momentaneamente addormentata, sicura che avrebbe vinto anche questa sfida, e avrebbe ridonato turgore e vita a quell’asta molliccia che pareva come morta.

«Sta con te quello?» chiese un bergamasco in Golf che si era accostato alla nigeriana con le tette balloons.

«Mai visto prima, stava correndo e poi pof, svenuto qui, comunque sono 50 euro di bocca e 100 l’amore.»

«Stasera non mi interessi tu, pota!» fece il Bergamasco.

 «Tu! Svenuto! Quanto vuoi per il culo?»

«Un passaggio ho bisogno di un passaggio, sono in ritardo.»

Puntualissimo invece stava arrivando il secondo orgasmo per Valerio, anche stavolta le aveva immaginate e provate tutte, aveva pure riesumato un vecchio corso di Training Autogeno seguito decenni prima, ma inutilmente. Era assolutamente incredibile come una ragazza così anonima e bruttarella riuscisse a portarlo alle soglie del nirvana con pochi sapienti tocchi di lingua.

Questa volta Sara aveva usato una tecnica diversa ma dannatamente efficace; invece di leccare aspirava come da una gigantesca cannuccia, saettando ogni tanto colpetti linguistici in punti strategici. Valerio sentiva come se gli stessero estraendo l’anima dal cazzo, ed era nel contempo piacevolissimo e devastante. Eiaculò con sua somma sorpresa anche più di prima mentre allucinazioni, che John Lennon con l’LSD se le sognava, esplodevano nella sua mente.

Di Carlo nemmeno l’ombra e partì così con il terzo pompino consecutivo.

Nel contempo partiva anche, rombando, la Golf del Bergamasco delle valli, con me seduto sul sedile affianco. Avevo valutato bene tutti i pro e i contro, il tipetto era mingherlino e gracile, lo avrei sopraffatto facilmente. Dopo avere mercanteggiato a lungo il mio vergine buchetto, avevo alfine accettato la sua offerta di passaggio più 45 Euro di mancia. Contavo di farmi portare nelle vicinanze dello spiazzo di cui sopra e a quel punto liberarmi del valligiano con un bel cazzottone ben assestato, correre verso la Porsche di Valerio e sperare di beccarli ancora in inequivocabili atteggiamenti. Se si sbrigava forse ce la facevo.

«Piano piano, ti prego, vai piano stellina» implorava nel frattime Valerio, ormai in preda a spasmi incontrollati, flash psichedelici, apparizioni celestiali e musiche new age che esplodevano nel cervello a 240 watt di potenza per canale. «Lascia fare a me, amore amore amore, bello bello bello, figo figo figo, che bel cazzone che hai e come risponde bene.» E intanto si era a quota cinque.

«Cinque euro di resto ce li hai?» fece il bergamasco.

«Certo» risposi io pronto a sferrare il mio colpo segreto.

Non ne ebbi il tempo.

Il valligiano mingherlino e gracile era campione provinciale di lotta greco romana, fresco vincitore del trofeo “Tipi Taragni” nella festosa cornice del palasport di Clusone. Parò il colpo bloccandomi il braccio (spezzandomelo scompostamente) e con una mossa dal nome greco (o romano, non so), mi appiccicò definitivamente contro la portiera. Non potevo più muovere un dito e fu con orrore che seguii dallo specchietto del lato sinistro della Golf la lenta svestizione del “Tipo Taragno”. Il suo aspetto mingherlino e gracile celava muscoli guizzanti e gonfi, mai quanto, però, il suo enorme cazzone, che svettava gigantesco sotto i boxer.

Incredibile come tanta roba potesse essere attaccata ad un omino simile, pensai tra me e me mentre un dolore come di trivella incandescente infilata per il retto mi colpiva.

Che male!

«Sta male, sta male! Presto presto, il mio ragazzo sta male ha gli occhi rivoltati all’indietro è svenuto e ha la bava alla bocca.»

«Pure lei, signorina, ha la bava alla bocca» fece il Taragno stappando momentaneamente il suo megacavatappi dal mio (ex) buchetto.

«Sara!»

«Carlo!»

Conclusione.

Valerio, è stato ricoverato d’urgenza all’Ospedale Maggiore, ha un forte esaurimento e ha perso molti (troppi) liquidi, sta chiuso in casa e ha bisogno di molto molto riposo. Ha composto e pubblicato un LP di canzoni in stile anni 60, i critici le hanno definite un po’ datate, la psichedelia è finita da un pezzo, ma il singolo va forte nelle radio. Sara, ha lasciato Carlo, si è iscritta al Conservatorio e vuole prendere il diploma per Oboe, flauto, tromba e trombone. Fiato e labbra non le mancano, sentiremo ancora parlare di lei. Carlo, ha dovuto vendere il suo premio Brasileiro per pagarsi l’operazione di rettoplastica, è stato licenziato e con la liquidazione si è pagato la tessera FIDAL. Si sta allenando per la maratona, ha scoperto l’importanza della corsa.

Ah, dimenticavo: Carlo non mangia più merendine.

 

 

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