Giulia Interrotta

Disperazione


Io sono disperata. Io non so cosa fare. Io mi sento inghiottire dall’incapacità di trovare una soluzione a questo dolore. A questo casino immane. C’è troppa sofferenza, troppa confusione, troppe incomprensioni. E mi manca da morire il mio papà. Il mio dolcissimo, meraviglioso papà. A Natale mi regalava sempre una nuova storia da ascoltare, spesso appuntata su fogli stropicciati, raccattati a lavoro e legati insieme da un nastrino rosa. Me le raccontava con la sua voce calda e poi le lasciava sopra il comò, per ricordarmi che non sarei mai stata sola. Per ricordarmi che LUI mi sarebbe stato sempre accanto. Se ora potesse essere qui, sono sicura sarebbe tutto diverso. Più semplice magari. Meno soffocante. Forse non avrei neanche fatto una cosa incosciente come quella di portare avanti due relazioni, con il rischio di infliggere male a chi proprio non se lo merita. È di questa settimana il tormento della coscienza, il senso di rimorso, la nausea di essere così schifosamente debole da sentirmi morire ogni volta che incrocio gli occhi blu di Fede. Io lo amo. Lo amo infinitamente. Non so quando è successo o che so, come cavolo me ne sia resa conto. È successo all’improvviso. A forza di stargli lontana per costrizione, privata dei suoi baci, delle sue carezze, delle sue promesse, ho afferrato la verità, finalmente. A me Mel non manca più come amante. A me Mel manca come amica e sorella. Non sono sue le labbra che desidero toccare. Non sono  sue le dita che voglio sentire scivolare sulla mia pelle. Abbiamo condiviso tanto io e lei. Riso. Pianto. Sesso. Tutto. Un universo unicamente condivisibile da entrambe. Se un anno fa qualcuno fosse venuto a dirmi “tu la lascerai” gli avrei riso in faccia dandogli del pazzo. E invece è successo. Sono andata a Tivoli da sola, anche se Roberto e mamma non volevano, ho strappato il permesso sfruttando, forse illecitamente, il senso di colpa ancora presente in loro per avermi negato mio padre. Non è stato facile trovare le parole giuste per congedarmi da Melissa. D’altronde non penso possa esistere una formula per addolcire una realtà che comunque deve far soffrire chi si vede sbattere in faccia la porta dopo anni di storia intrecciata. Ricordo l’espressione spiazzata del suo bel volto. La mia voce tremante. “Mi dispiace Mel, mi dispiace da impazzire”, ecco ho iniziato a ripeterle questa frase odiosamente inutile senza riuscire a formulare il pensiero intero. “Mi dispiace Mel, mi dispiace, mi dispiace”. Si può arrivare ad essere più ignobili di me? Non credo. Non credo perché quando mi ha risposto “vuoi lasciarmi?” mi sono limitata ad annuire piangendo come l’ultima delle cretine del mondo. Avrei voluto dirle di Federico, del nostro rapporto, di quello che si era creato, ma ogni maledetta sillaba mi è morta dentro quando l’ho vista scoppiare in lacrime. Totalmente indifesa. Come il giorno in cui Ele l’abbandonò. Come quello schifoso giorno di sangue. Allora ci siamo abbracciate e siamo rimaste così, in silenzio, per non so neanche quanto tempo. Lei non riusciva a calmarsi, ma in mezzo a quei singhiozzi ho sentito un “perché mi fai questo” che mi ha lacerata. Anche ad Eleonora gliel’ha chiesto. Gliel’ha chiesto mentre la terra cadeva sopra la sua bara. Mentre i fiori già sembravano appassire su quella superficie bianca perfetta. Arraffare i motivi degli altri non è mai possibile. Si finisce fregati da spiegazioni finte, trovate da noi stessi o peggio, si arriva a scoprirli per quello che sono prima di parlare col diretto interessato. Vivo nel terrore di infliggerle l’ennesimo colpo basso. Vivo nel terrore di perderla. Vivo nel terrore di saperla ammazzata da una follia compiuta nel tentativo di trattenermi. Quando beveva più di quanto mangiasse, ha giocato la sua partita con la morte. E l’ha vinta. Ma se ora si sentisse lasciata anche da me, non so quale potrebbe essere la sua reazione. Se mi sa senza nessuno accanto, la può reggere questa rottura. Quindi, io per ora, mi tengo tutto dentro.Foto di  $chix0rwww.deviantart.comhttp://chix0r.deviantart.com