Onestàmentale

Quel che resta.


Fuori piove, ed io immagino come deve essere non sentire nè freddo, nè caldo, essere metallo come il telaio della mia bici legata la sotto, a portata di vista, che non si sa mai.Ma di ferro non possiamo essere, solo possiamo provare a migliorare, per durare più a lungo contro le intemperie. Di mille giorni di sole ne basta poi qualcuno di cattivo tempo per ritrovarsi a resistere, per ragionare nuovamente sulla tempra di cui siamo fatti, tornare indietro col pensiero e fare nuove previsioni per il futuro. Ogni volta a negoziare di nuovo il mutuo della propria vita, rivalutarlo sulle proprie forze, appoggiarlo alle speranze rimaste.Ma sempre andiamo avanti, ogni attività dell'uomo è obbligata a non fermarsi, i chilometri percorsi non diminuiscono mai, non li si cancella percorrendoli all'indietro. Ogni passo quindi indelebile, come un tatuaggio, a ricordare come siamo stati quando saremo già diversi, tra un momento soltanto. Tornare a casa, lasciando la spazzatura sul pianerottolo, a preoccuparsene da domani solamente. Questo oggi per me non è poco, è la fortezza che ho costruito un mattone per volta.La mia vita non è un romanzo, ma la leggo in diretta mentre la scrivo, la immagino e la tengo per il suo timone, raddrizzandone la sbandata quando inizia a prendere una rotta sbagliata. E ci vuole tutta, a questa età, a tenere la barra, una volta che si è scelta la direzione.E devi scegliere.Devi scegliere, i gusti, gli studi, i colori, i vestiti.Le parole, sempre.Cresci scegliendo, scegliendo cresci.Ognuno ha il proprio filo del rasoio sul quale muoversi, in bilico perenne tra sogni e realtà.Ciascuno è il filtro dei propri sogni, è egli stesso il primo responsabile della loro trasposizione in verità. E la verità è sempre una a testa.Dentro la verità di chi sei ci stanno tutti e nessuno.Sei tu che decidi.Così uno scopre ogni cosa passeggiando intorno fuori dal portone per le vie, a giri sempre più larghi ogni volta.Io l'ho fatto, il mio giro, fin dove non mi tornavano più i conti, fin quando mi son domandato che ci facevo lì, così lontano da casa.Ho deciso di tornare e far pace con tutti, con me per primo.Non dovevo scuse a nessuno, solo dovevo perdonare a me stesso una parte dei miei sogni, mentre un'altra fetta era evaporata via con gli anni strappati dal calendario.Quel che restava aveva presentato il conto ed io in fila, in banca, ho pagato.Rimango con un filo, da seguire, per non perdere il timone di un gozzo che oramai mi sogno pure la notte.Come se non fossi più grande di un gozzo, io, come se il sogno di solcare il mare della mia vita si sia rimpicciolito alle dimensioni di un gozzo, proprio come quello che mi aspetta tutta l'estate sul pontile, per portarmi in giro. L'analogia con Pippo (si chiama così il mio gozzetto) è quasi perfetta: sicurezza limitata, quattro posti scomodi, velocità di crociera cinque nodi, maneggevolezza da dimensioni ridotte, poche occasioni per uscire in mare.Esattamente la quel che resta di rock nella mia vita. Ma intanto resta qualcosa.E resto io. Vivo.Così capita di sentirsi, un giorno strano di inizio inverno, con il ticchettare della grandine che assomiglia a quello di un motore, che si raffredda di ingranaggi, attriti, e pensieri fino e che si può aprire il cofano e dare un'occhiata. Adesso, posso tornare a casa.Da te.