Creato da gli_internauti il 13/01/2010

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UN GIORNO DI GALERA

Post n°6 pubblicato il 16 Aprile 2010 da gli_internauti
 

Quello che segue è un racconto di Settimio Roberto, ospite della Comunità Dedalo. Questo brano fa parte della raccolta di racconti “Des tranches de vie”. Di esso è stata realizzata anche una drammaturgia teatrale ed una messa in scena.

Un giorno di galera

Andai in un supermarket ad Amsterdam, comprai due paia di calzerotti ed alla cassa incontrai due falsi mendicanti, giovani e ben vestiti, che aprivano i loro portafogli nuovi e chiedevano qualche spicciolo. Io rifiutai l’obolo e passai alla cassa ma, ecologista come sono, non chiesi la busta.

Uscii con i calzini in mano e passeggiai per un bel tratto, incontrai una mendicante araba e le diedi qualche spicciolo, poi gettai via lo scontrino ed infine mi infilai nella giacca il paio di calzini con un gesto che esprimeva molta contentezza e che quindi poteva risultare un po’ equivoco. Uscii dalla strada pedonale e stavo per entrare in una banca quando mi piombarono addosso due energumeni, giovani poliziotti borghese. Mi bloccarono una mano dietro alla schiena, mi chiesero i documenti e se avevo una pistola.

Riuscii a fatica, con una mano sola, a tirar fuori i documenti dal marsupio. Poi mi chiesero dov’era lo scontrino dei calzini. Io dissi che era nel bidone dell’immondizia, ma non mi credettero e mi trascinarono in galera. Mi misero in attesa in un angolo, ammanettato con le mani dietro la schiena, ed io stavo per svenire. Feci degli esercizi fisici per tirarmi su e dopo un po’ mi spogliarono e mi perquisirono anche nei capelli, mi fecero entrare in un ascensore che era diviso in due scompartimenti: in uno venivo chiuso io, nell’altro c’era la guardia.

Mi chiusero in una cella di isolamento controllata da una telecamera, dove continuai a fare esercizi fisici per non cadere in depressione. Alla fine mi accovacciai su una panca ed attesi a lungo. C’erano varie scritte sui muri, tra cui una che diceva “I was here" e mi ricordai del tempo in cui ero già stato in galera.

 

Proprietà letteraria riservata.
Questo racconto è stato realizzato interamente da Settimio Roberto, il quale si riserva ogni conseguente diritto ai sensi della normativa vigente e ogni possibile utilizzazione commerciale dei suoi contenuti autentici.
La riproduzione anche di sole parti del racconto è vietata con qualsiasi mezzo, digitale o analogico, senza il consenso espresso dell'autore.
E' espressamente consentita la citazione, ove sia accompagnata dal nome dell'autore e dall'indicazione del sito
http://blog.libero.it/gliinternauti. Sono consentiti i link da altri siti senza necessità di previo consenso da parte dell'autore.

 
 
 

DIARIO DI UN CANNABISTA

Post n°5 pubblicato il 14 Aprile 2010 da gli_internauti
 

Quello che segue è un "urlo nel deserto", il diario delle idee di Settimio Roberto, ospite della Comunità Dedalo. Le considerazioni partono dalle esperienze vissute in Olanda e in Italia, per lo più sotto l'effetto della canapa indiana, e vengono rielaborate a mente lucida e inserite nel contesto sociale naturale dell’inizio del secolo con una costante vena polemica nei confronti di famiglia e istituzione psichiatrica.

SETTIMIO ROBERTO

Diario di un cannabista

Intervista a me stesso

Abbreviazioni

A =anarchico

B =burattino

C.E. = capro espiatorio

 

B:che ora è?

A: è l’ora di avere fede, sono rimasto qui giusto il tempo di capire, poi si riparte per la Palestina

B: cosa ti dice il tuo Dio?

A: ho mandato un figlio a morire in croce, ne ho mandato un altro a patire la stalla, ma quest’altro è insofferente, vuole solo drogarsi

B: come ti procuri la canapa indiana adesso che sei a Napoli?

A: per il momento non ne ho: ho rotto con il vecchio spacciatore: era un tipo che rischiava troppo: parlava troppo al cellulare, e se fosse finito in galera per procurare la droga a me, certamente me l’avrebbe fatta pagare, e se non lui, gli amici suoi mafiosi. Ora non mi resta che tentare di procurarmi il fumo in piazza del Gesù: speriamo che non mi scambino per uno sbirro.

B: tu che odi tanto la civiltà, come mai vai a cercarla laddove è più avanzata?

A: vado a cercarla, sì, ma per distruggerla: l’involuzione comincerà laddove la civiltà è più avanzata

B: non pensi che la sessualità sia un’ altra forma (magari anche più sana) del contatto cosmico?

A: il sesso fine a se stesso è uno squallore, e la sessualità in un rapporto serio tende inevitabilmente alla riproduzione, laddove, invece, la civiltà umana deve finire per sterilità

B: tu, che fumi solo canapa indiana, che cosa ne pensi delle altre droghe?

A: penso che la canapa sia più che sufficiente per distruggere la civiltà umana; e poi non è mai il caso di spingere troppo sull’acceleratore della liberazione: si rischia di impazzire davvero

In piazza del Gesù

A: mi fai fare un tiro?

B: no!

A: dai te lo pago cinque euro: ti pago tutta la canna per un tiro solo

B: io non ti conosco

A: dai, sono nuovo di questa città: prima abitavo in Palestina, e lì potevo trovare tutta l’erba che volevo

B: e perché non ci sei rimasto in Palestina?

A: perché ero troppo sputtanato: andavo in giro con barba e capelli lunghi. La gente del quartiere mi ha individuato come cannabista e me l’ha fatta pagare: mi hanno fatto urlare e poi rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Di lì poi mi hanno trasferito in una struttura napoletana, ed adesso sono qui

B: e va bene, fatti un tiro

A: humm! Buona! Dove me la posso procurare?

B: devi andare a Montesanto

A: mi accompagni dai: a me non mi conoscono, non me la danno! Dai, se mi accompagni ti regalo cento euro di fumo

B: e va bene! Ti accompagno

 

 

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FUNZIONE DESCRITTIVA

Post n°4 pubblicato il 12 Aprile 2010 da gli_internauti
 
Foto di gli_internauti

Quello che segue è un mini racconto dal titolo "Funzione descrittiva" realizzato da Sergio Romeo di Tuosto, ospite della Comunità Dedalo. Questo racconto potrebbe contribuire ad ampliare la sua opera letteraria "Ragazza di carta e di penna".

Funzione descrittiva

Pochi ombrelloni, qualcuno a far ombra al ricordo dell'estate, cabine senza bagnanti.
La rena lambiva la strada con i primi venti d’autunno; i piedi nudi di Paolo e Francesca solcavano la sabbia. L’atmosfera era malinconica: i due si guardavano negli occhi sorridendo del loro ultimo bisticcio; i loro capelli castani e  biondi si confondevano nella bruma.

Il sole passava a tratti tra le nuvole. Gli ultimi bus diretti nei dintorni passavano tra nugoli di polvere e sabbia. L’oggetto del bisticcio era un ricordo anch'esso, e i due salirono sull' autobus diretto al centro della cittadina.
Nelle loro menti indugiavano le immagini del prossimo inverno: le lunghe file presso le segreterie dell’Università, sempre indecisa, lei, se cedere il turno a quello che spingeva, lui al contrario sempre a difesa del suo diritto.
Le estenuanti passeggiate per le librerie, a cercare l’ultimo testo. I marciapiedi grigi di città e le marmitte maleodoranti degli autobus. La goliardica presunzione degli studenti che non si conoscevano gli uni con gli altri. Mentre il pullman li conduceva in centro, guardavano gli africani seduti, e ne ammiravano la disinvoltura.
Francesca attaccò bottone con uno di essi, “io studente di scienze politiche… devo molto studiare” disse; sembrava indeciso su quello che volesse fare da grande, Francesca lo incoraggiò e gli occhi neri di lui brillarono.
Francesca girò il viso per sorridere a Paolo ma una piega della sua bocca le suggerì che lui disapprovasse, in realtà era solo la paura di perderla sia pure per un momento per un altro uomo, in un altro mondo. Lei perseverò allora, con un pizzico di civetteria, a parlare con quel ragazzo nero come la pece. C
ominciò un altro litigio: “Non capisci niente del villaggio globale, cosa credi che esistiamo solo noi”?
“No!” Ribatteva Paolo a voce alta, “ a me i neri sono simpatici, solo che certe volte mi sembra che tu ti dimentichi di me”.
Come sarebbe, "i neri"?
“i neri! Sono neri Francesca" rispose lui.
I due tacquero interrogativi.
“Cosa credi?” aggiunse Paolo. “I neri piacciono anche a me, solo che quando sono tanti in un posto mi danno i nervi”.
“Dai non parlare così forte, potrebbero sentirti”.

 

 

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POST DI PRESENTAZIONE

Post n°1 pubblicato il 13 Gennaio 2010 da gli_internauti

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