Spazio Libero

Lettera a un amico


Caro amico, direi che alla fine abbiamo trovato il format, la strada giusta per non morire troppo; questo è ciò che vuole il pubblico e questo è ciò che al pubblico daremo. Abbiamo studiato le tendenze, analizzato i grafici e i sondaggi dei nostri compromessi e abbiamo “capito” cosa serve per sopravviere agli stenti, salvo poi accorgerci che lo abbiamo capito a modo nostro. Alcuni dicono che non ci sarà più bisogno di incantarsi di fronte alle albe, che non ci sarà più bisogno di chiedersi perché, che non serviranno più sogni.. né idee, e in fondo devo ammettere che in parte questi alcuni avevano ragione e che  tutto quello contro cui feroce mi scagliai negli anni della gioventù inquieta, armato di slogan e marciando dentro ai cortei, adesso è qui sulle orbite dei miei occhi, dorme con me sul mio letto.Dunque me ne vado a zonzo nella terra di tutti e di nessuno, nella mia bella Sicilia, terra di mafia (no?), facendo fronte a scadenze da impiegato sventurato e a divieti di varia natura, adempiendo con abnegazione al compitino assegnatomi  e inseguendo ambizioni da medio arrivista. Lascio per strada la fantasia degli anni migliori e tutte le sere fisso i miei libri che se ne stanno tristi, ordinatamente in attesa sui miei scaffali in legno di medio/bassa qualità. Ma prima o poi torno sempre qui, sul luogo di misfatti e trasgressioni ormai lontane nel tempo, torno  su queste  pagine pulite, come si torna da amanti calde che si era giurato di non toccare più.Noi siamo quelli che si fermano, amico mio, che vogliono ascoltare i venti che cambiano, di caldo in freddo… e di bonaccia in tramontana, noi siamo quelli che restano sempre sui muri della coscienza genuina… a difendere il forte dei sogni lasciati andare, mentre chi si scanna per un pezzo di marciapiede si chiede come si possa essere poveri e nello stesso tempo uomini liberi.