Spazio Libero

Contro il suicidio della ragione


Quanto mi circonda pezzo dopo pezzo si perde, si disfà, si sgretola; e ciò che mi è utile capire non è certo il perché, quanto in che modo posso affrontare questo paesaggio fatto di genuino dolore. Mi sento accerchiato da ciò a cui con superficiale maestria conferiamo il nome di “sofferenza”; e nulla posso, nulla possono queste braccia e questo cuore se non accettare ancora una volta di camminare sulla cornice priva di senso di questo amabile baratro. Mi arrendo alla brutalità indomabile di questa vita, mi arrendo alla violenza, mi arrendo alla vita e al suo impeccabile tratto d'assurdo. Non posso che percorrere per intero questa strada maestra, questa via che ha il pregio di non avere alcun senso... se non la negazione del senso stesso. Per la ricerca del senso non mi occorrono dottrine, né religiose né filosofiche, poiché il senso non mi riguarda, non è più una priorità del mio pensiero, anzi è totalmente estraneo al processo del mio pensiero; ciò che cerco e che mi occorre è altra violenza da opporre alla violenza, altra resistenza da offrire alla violenza, altro dolore con cui infliggere dolore al mio dolore. La mia resa è solo formale. Nella sostanza continua il conflitto, il tentativo di rinviare la morte un po' per volta. Seguo la strada, maestra ed infallibile; la strada è il mio unico orizzonte di senso, il mio percorso è l'origine possibile del senso, l'origine di un senso che non deve spiegarmi nulla... semplicemente offrirmi rifugio e refrigerio. Non cerco alcuna volontà, non c'è alcuna volontà sopra questo cielo, la volontà è un fenomeno umano; ciò che invece chiamo volontà divina non ha alcun valore logico, poiché non è fatta di logica, bensì è fondata dalla rinuncia del pensiero a se stesso, dal pensiero che negando se stesso si sucida, approdando a una fede che d'improvviso rivela ogni cosa, spiega ogni dolore oppure ogni disperata meraviglia, consegna all'uomo codardo le chiavi della propria e presunta salvezza... libera da ogni paura, libera da ogni torpore, libera da ogni assurdo. Ma non riesco ad abbandonarmi a questo tepore irrazionale, non riesco a prescindere dal qui e dall' adesso delle mie dolorose contingenze. Se il mio passaggio in questo fiume è costellato di male, allora vivrò nell'assurdo male, ma senza abbandonare mai ciò che mi fonda come uomo, ciò che mi autorizza a chiamarmi uomo... ossia la libertà del mio pensiero, la libertà di essere il mio pensiero. Un regno dei cieli esiste? Esiste un' Entità superiore che determina lo stato del mio essere e dei miei drammi quotidiani? Esiste un Ente supremo che agisce? E se si.. secondo quali criteri agisce? Criteri umani (non credo).. o criteri sovrumani (più probabile)? E se quest'Entità sovrumana agisce secondo criteri sovrumani, quale utilità morale può rappresentare il discorso o il ragionamento su di essi? Ogni parola spesa per rispondere a quanto sopra è una parola spesa e subito perduta; ogni parola rivolta a chiarire quanto sopra è una parola rivolta a una sfera dell' Essere impossibile da cogliere con ragione, e ad oggi non conosco altro strumento di conoscenza che non sia quello della ragione.