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SULLE SPONDE DEL MAR CASPIO

Post n°59 pubblicato il 19 Marzo 2007 da Stra2005

La grande distesa d’acqua del Mar Caspio, grande più della nostra penisola intera, sembra proprio un Italia rovesciata. A Sud l’Iran e sul lato opposto all’Azerbaijan, il Kazakistan e il Turkmenistan. Scendendo dalla scaletta respiri il vento gelido del Caucaso, e sapere che avrò a che fare con quelle temperature, a me che ho lasciato il mare di Toscana, non rende felicissimo. Mi spinge la volontà, il sapere che porteremo dei sorrisi, che risolveremo il problema dell’acqua a tanta gente. La massa d’acqua, che il Mar Caspio racchiude in se sembra quasi una contraddizione. La gente di qui è vecchia seppur giovane; facce scavate dalla sofferenza, dal clima, da un futuro incerto. Per loro l’acqua è tutto. Siamo ospiti di una confraternita che ha dislocato qui il suo avamposto, la propria missione di sfida. Siamo vicini alla Città di Baky, eremo, lontano appiglio legato e fasciato dal tempo. Il primo giorno scorre via senza sussulti, non mi accorgo neppure della scorta armata, incontro tanta gente; diffida un po’ troppo, ma è normale; c’è chi cerca di vendere le poche cose sul carretto, ma lo sguardo è fiero per ciò che si espone, il frutto della vendita sarà cibo per la famiglia e con grande orgoglio mi pone davanti agli occhi un cappello di tela, sorrido, mi inchino, metto mano ai soldi, ma con un gesto mi indica il suo cuore ed un bicchiere di plastica vuoto e sporco… Ha capito chi sono e quello che poteva trasformarsi nel suo pranzo ed in cibo per la sua famiglia ora è sulla mia testa… Chi ci accompagna sorride e annuisce con la testa; il più bel regalo che potessi ricevere come benvenuto. Gli regalo il mio, in modo che possa rimediare qualcosa e gli lascio cadere in mano qualche spicciolo… Il suo sorriso, la sua faccia arida, le sue mani… Raddoppio le forze, su dai che qui c’è parecchio da fare. I giorni trascorrono lenti, non abbiamo pause, solo la sera raccogliamo le idee e realizziamo quanto fatto, ci sentiamo felici, e quanto ancora da fare, e questo c’impensierisce un poco. L’odore di pesce è forte e la cucina non sempre leggera, sopportiamo, sopportiamo tutto. Il lavoro è finito, abbiamo compiuto un’altra grande missione, stanchissimi, sporchi… L’ultimo giorno è sempre quello più triste, gli addii, le lacrime, gli abbracci con le persone che per un paio di settimane della tua vita sono state l’unico riferimento, con le quali hai sofferto, sudato, gioito. E’ sempre così, i vecchi della Città che si radunano ed il più anziano che si dirige verso noi, come in un rito remoto, come vecchie abitudini di questi popoli, ci stringe la mano, non può far altro, è una mano fiera e ferma ed il suo sguardo e dritto verso il mio. Scavalca persino le poche autorità in giacca e cravatta presenti. Mi dice qualcosa nella sua lingua, l’interprete si commuove e non riesce a tradurmelo, piange. Sull’aereo, verso casa, riesce a tradurre: con il vostro lavoro salverete la mia gente, il mio popolo; in questo posto così lontano dalla vostra vita, chi dirigerà la sguardo verso il mare vedrà i vostri occhi rispecchiarsi… Mi porto questo pensiero, con me, nella mia anima, nel mio cuore…

 
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ULTIMA CHIAMATA, SI PARTE...

Post n°58 pubblicato il 01 Marzo 2007 da Stra2005

Sto preparando le ultime cose. Stavolta la valigia è grossa. Il viaggio è di quelli lunghi e noiosi, con scali e ripartenze, fusi orari e lingue incomprensibili. Ci risentiremo verso la metà di Marzo. Ripiego con cura i vestiti, un'ultima spazzolata alle scarpe, il corredo da bagno, ah le lamette, accidenti, non posso dimenticar quelle. Quando compio questo rito della valigia, mi ritornano in mente le parole di un uomo, piccolo ed insignificante, che, dall'alto della sua posizione, mi volle spaventare, tanti anni fa ormai, dicendomi che se volevo il posto dovevo anche andar sino a Roma per lavoro... Figuratevi, andare a Roma, per me oggi, è come bere un bicchier d'acqua, ma chissà perchè quella faccia non la dimenticherò mai più. Ho tenuto duro ed adesso son qui, con i progetti da realizzare, le opere da porre in essere... Mi piace quando la gente del posto ci vede arrivare, sembriamo dei salvatori della Patria, invece siamo soltanto "tecnici" che portano beni preziosi che ogni uomo, ogni essere vivente dovrebbe avere in modo naturale... Laggiù non è così, purtroppo.

A presto e la prossima volta descriverò le sensazioni di questo viaggio... Un bacio a chi passerà a salutarmi...

 
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AVVICINARSI...

Post n°57 pubblicato il 23 Febbraio 2007 da Stra2005

Scosto le tendine, ancora intrise di fresco bucato steso al sole di montagna, apro un pò la finestra ed i raggi del sole si fan spazio tra i rami e le sagome degli alberi. E' presto, ma devo recuperare un pò di srada... Vengo qui a dormire, quando per lavoro devo arrivare da queste parti; mancano ancora un centinaio di chilometri, li farò con calma tra un pò. Arriverò puntuale lo stesso. Mi godo il posto, il momento e la regina di questo gioiello: un'arzilla signora dallo sguardo vispo, che mi accudisce tutte le volte che vengo. Mi chiama, lei mi chiama "ingegnè", la colazione è pronta. Anche se non lo avesse detto, sarei arrivato a quel tavolo come avrebbe fatto speedy gonzales nel tentativo di gatto silvestro, maldestro, di catturarlo con il buon profumo di formaggio. E qui di buoni profumi c'è veramente da perder la testa. Non soltanto quelli delle buone cose che ha messo in bella mostra. Mi preparo, un bacio sulla fronte alla signora dell'hotel, un saluto al figlio, ormai anche lui in pensione, un respiro profondo per ricordare l'aria di questo posto e via verso l'autostrada. Si riparte. Ho con me il suo sguardo, la sua voce. Anzichè ripetere, tra me e me, le cose che devo dire più tardi, mi canto una canzone e chissà perchè, tutte le volte, mi viene un nodo in gola... Quel posto è nel mio cuore. Ho letto: non sono tanto importanti i respiri, ma tutto ciò che te li fa togliere...

 
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SULLA CANDIDA NEVE...

Post n°56 pubblicato il 09 Febbraio 2007 da Stra2005

IL FREDDO PUNGENTE LE AVEVA ARROSSATO LE GUANCE, IMBOTTITA COSI' RISULTAVA GOFFA ED IMPACCIATA NEI MOVIMENTI. RACCHIUDEVO I PUGNI DENTRO I GUANTI PER CERCARE UN PO' DI TEPORE.

LE COSE CHE ALLIETAVANO UN PO', QUEL CAMMINO, ERANO I DISEGNI VORTICOSI DELLE NUVOLE SOPRA LE NOSTRE TESTE, QUALCHE CASA ABBANDONATA CON ANCORA LE TENDINE DI PIZZO BIANCO AI VETRI, QUELLE ORDINATE FILE DI LEGNA PRONTA DA ARDERE E SOPRATTUTTO IL SILENZIO. 

A QUELLE QUOTE UN BATTITO D'ALI E' UN COLPO DI FUCILE, UNA VOCE E' UN GRIDO. TUTTO SCORRE NELLA PIU' ASSOLUTA E CANDIDA TRANQUILLITA'.

L'IDEA E' STATA BUONA, STAMANI, MA ORA, CHE LE FORZE SI STANNO SPEGNENDO, SENTO IL BISOGNO DI RAGGIUNGERE LA BAITA E SEDERMI DAVANTI AD UNA GROLLA E MANGIARE UN BOCCONE.

SOPRATTUTTO STARE CON TE, COCCOLARTI UN PO' DAVANTI AL FUOCO; MI PERDO NEI SUOI OCCHI E COME UN BIMBO DAVANTI AD UNA SORPRESA INCARTATA ED INFIOCCHETTATA HO OCCHI SOLO PER LEI. ED IL NAUFRAGAR M'E' DOLCE... 

 
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OGGI VI PORTO' QUASSU'

Post n°55 pubblicato il 02 Febbraio 2007 da Stra2005

Il vialetto è trasandato, l'erba ormai l'ha fatto suo e ne ha intrappolato i sassi che di rosso toscano erano vestiti. E' un pò scosceso e guarda dove metti i piedi - sento ancora la voce di mamma quando mi portava qui che avevo ancora i calzoni corti - qualche ruzzolone l'ho anche fatto, che risate, e che ginocchia sbucciate... Un tempo, andando verso il piccolo rigagnolo, che poi s'incunea nella vegetazione, scorgevi dopo pochi passi che il paradiso esiste per davvero. Erbetta fitta fitta tagliata come dalle abili mani di un barbiere, alberi con chiome da folte capigliature rockettare, ed un recinto in legno, che impreca un pò di colore, tanto basso quanto carino, che è più una linea di confine che altro. E poi la perla di questo posto: una vista che solo a metterci il naso ti mette i brividi; il Tirreno laggiù come un mantello a sagomare le isole della Toscana, la macchia, i marmi e il litorale che da qui è una lingua stretta stretta di terra, lontana ma che emana ancora il suo inconfondibile profumo. Spezzo il pane con le mani, ho portato un pò di formaggio e un pò di frutta. Il bello è gustarlo proprio qui. Rivedo così un vecchio appoggiato all'uscio di casa, vicino al rigagnolo che si nasconde tra gli alberi, ho i calzoni lunghi, adesso, i suoi rimproveri mi han plasmato; ora che lui non c'è più lascio un tozzo di pane e un pò di formaggio sulla panchina aggrovigliata dalla ruggine pensando che verrà a prenderselo stasera... Lo ringrazio così, ogni volta che salgo sin quassù. Torno indietro, e ringrazio per tutto il tragitto, mi volto ogni tanto a guardare in sù, chissà se l'ha già presi, il pane ed il formaggio...

 
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