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Una vita a spina di pesce
 

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Fletcher VI

Post n°6 pubblicato il 24 Febbraio 2015 da marlow17

 





Fletcher si piazzò di fianco alla pensilina, avendo ben cura di tenersi alla larga dalla signora quarantenne che aspettava con Lui l'arrivo del bus. Con suo orrore il pene gli si era di nuovo indurito e nasconderlo diventava un'impresa difficile essendo, comunque, il clima mite e gli abiti leggeri. Si guardò nello specchietto di una macchina parcheggiata e si trovò presentabile. A parte la barba un pò lunga e gli abiti stazzonati faceva la sua bella figura, anzi quell'aria vissuta e viziata gli donava parecchio e riusciva persino a esserne orgoglioso. "Dopo quello che ho passato..." Pensava. Spostò il portafogli nella tasca anteriore per sovrapporlo al membro e nascondere il più possibile la flagranza ma non capiva se questo avrebbe peggiorato la sua situazione dando l'immagine di un enorme bozzo celato dietro la stoffa. Del resto cos'altro poteva fare? Non aveva nè soprabito nè giacca. si era fatto un punto d'onore di abbandonare gli abiti pesanti una volta che marzo fosse scivolato dentro aprile. Si ritrovò, contro la sua volontà, a sogguardare la signora ben curata qualche metro più in là e a immaginarla piegata mentre Lui la penetrava. Subito una pesante fitta gli aveva attraversato la scissura parietoccipitale facendolo barcollare e costringendolo ad appoggiarsi al sostegno in metallo della pensilina. "Si sente bene?". La donna lo aveva avvicinato mettendogli una mano sulla spalla. Poteva sentirne il profumo, pesante, abbastanza volgare e adatto a una diciottenne in via di sperimentazioni. Fletcher si grattò l'epidermide con le unghie per resistere poi alzò scalfito lo sguardo verso la signora :"Sì, va tutto bene. è da un pò di tempo che ho dei mal di testa micidiali e improvvisi."
Si chiedeva come la polizia morale potesse permettere a una persona di andare in giro con un tale carico di lascivia. Poi realizzò: quella era la fermata della clinica dove era stato ricoverato, nessuna meraviglia che una simile femmina potesse aspettare con Lui il nuovo passaggio del mezzo pubblico. "Anche Lei è stata dimessa?". Le parole gli fluirono senza che facesse in tempo a metterci in mezzo il lobo limbico. Era bella e splendente anche alla sua età. Un girocollo di perle la ingentiliva e la gonna fino al ginocchio la impreziosiva, ovale e occhi di un grigio opalescente parevano tratti da qualche dipinto molto sincero di fine settecento. Giusto quel profumo, che assomigliava a un lezzo, dava l'impressione di qualcosa di vizioso e perverso che mal s'accordava con l'eleganza della complessione. "Sì, anch'Io vengo dalla clinica. è la settima volta che ci passo, ma i risultati cominciano a vedersi." "é il profumo..." Fletcher si morse la lingua: la sua testa andava a ruota libera. Lei storse la bocca in un minuscolo movimento involontario :"Ci sono cose di cui non riesco ancora a fare a meno, ma il mio caso è in via di soluzione." Dopo qualche istante di silenzio Lui accennò con il mento :"Io mi chiamo Fletcher". "Io sono Christine, piacere". Si strinsero le mani sudate. "Ha qualche problema?". Lui non osò accennare ai suoi genitali ma biascicò, con voce rotta :" Difficoltà nel controllarmi". Lei rise con uno squillo argentino "Si nota. E gli appoggiò la mano dalle unghie curatissime sulla patta. "Ma cosa c'è qui?". "Ah, è il portafoglio". E lo cavò fuori. Lo stupiva la naturalezza del gesto con cui gli aveva strizzato i coglioni, forse era davvero sulla via della guarigione. "Ti capisco, Io stavo anche peggio. A che ricovero sei?". "Al primo, al momento." In quel momento arrivò l'autobus ed entrambi, come due vicini tossici salirono fianco a fianco le corte scalette.
 
 
 
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