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Fletcher XXI
Post n°20 pubblicato il 25 Febbraio 2015 da marlow17
Si riebbe dopo un'ora con le gambe che tremavano e gli occhi instabili. I suoi tre nuovi inquilini lo stavano fissando da sopra senza particolari palpitazioni e Lui ebbe tutto il tempo di riprendersi e di guardarsi attorno, nella familiarità della casetta. "Sì, adesso sto meglio". Disse a sè stesso mettendo a fuoco tutti gli oggetti che lo circondavano e ripensando alle strane visioni che lo avevano tormentato fino a poco prima. Dev'essere il valium, pensò, e allungò una mano per toccare Christine sul mento. Sì, l'aveva definita. "é strano" biascicò "Mi sento ondivago, come se le tentazioni si mescolassero a una grande pace interiore." I suoi interlocutori si guardarono perplessi e annuirono rapidamente, poi Fletcher si mise a sedere sul divano senza mostrare segni di stanchezza e cominciò a fare una cronaca dettagliata della sua permanenza al cesso. Christine lo interruppe bruscamente dicendo che era tardi e che era indispensabile andare a letto. "Andare a letto?". Fece Lui. "Lo sai che ogni ora rubata al sonno significa una pietra maggiore per la costruzione dell'Arte." "Stai sbandando di brutto, Fletcher. Qui tutti sono esausti e vogliono posare la testa almeno per qualche ora." E dove si dorme? I Ragazzi non possono dormire insieme." "E chi lo dice?" Ammiccò Christine "Loro hanno superato le tue fasi, sono sotto la giurisdizione di Percace." "Non voglio che vadano a letto insieme, non voglio che succeda qualcosa." Si incaponiva Fletcher. Christine lo schiaffeggiò platealmente. "Con i tuoi discorsi non fai altro che mettere angosce e dubbi a Peter e Rihanna. Ti ripeto che sono molto più maturi e responsabili sia di Te che di Me. Hanno fatto un percorso specifico." Lui parve calmarsi e pensò alla tranquillità che lo stava prendendo dopo la pippa terapeutica e la calata del valium. Un profondo senso di disgusto per sè stesso lo aggredì ma fece finta di ignorarlo passandosi la mano sulla faccia. "Ci sono tre stanze da da letto in questa casa. In una posso piazzarmi Io, in un'altra tu e nell'ultima, verso il giardino, Peter e Rihanna. "Finalmente cominci a ragionare." Appariva così ma dentro di sè Fletcher era roso dall'invidia e dal dubbio. Non stava forse allestendo il talamo per ragazzi che avrebbero potuto essere suoi figli? La rabbia lo stava facendo impazzire: il pensiero che quei due di notte potessero sfiorarsi, toccarsi, salire l'uno sopra l'altro e confondersi gli dava i conati di vomito ma anche dei forti brividi di lussuria. Cominciava a temere per sè stesso e la propria incolumità psicologica. "Dì, sei sicura che mi posso fidare?". Fece a Christine, ignorando a bella posta i due ragazzi che stavano in piedi in un angolo dell'appartamento. "Continui a ripetertelo. Perchè non parli con loro?". "Va bene, va bene. Io resterò qui fuori a bermi succo d'arancia almeno fino alle tre. Malgrado il valium sono troppo pompato per dormire. Voi andate pure." Forse tutti avrebbero voluto aggiungere qualcosa ma di fronte allo sguardo cavernoso di Fletcher e alla sua mano intorno al succo d'arancia, si ritirarono in buon ordine. Entrarono nelle loro stanze e Lui prese un altro sorso della bevanda per poi appoggiare la testa sul tavolino. Gli sembrava di sentire amplificati tutti i rumori di un orgasmo in corso e la cosa lo faceva strippare. Tentava di abbandonarsi al piacevole effetto della pasticca ma qualcosa lo disturbava profondamente. Finchè decise di alzarsi e appoggiò l'orecchio alla porta della stanza dove stavano i due ragazzi. Nulla di particolare lo turbò e non sentì nulla che assomigliasse ai grugniti di un accoppiamento in corso. Si diede meccanicamente dello stupido e ritornò alla sua sedia. Finì il succo d'arancia e guardò l'ora: erano le due, provò ad accendere lo stereo e lo tenne a volume bassissimo mentre una serie di effetti usciva dagli speakers. Erano le due e mezza quando Rihanna venne fuori dalla sua stanza vestita solo di una maglietta e un paio di mutande. Aveva il viso segnato da lacrime e un broncio profondo le ringhiava le labbra mentre camminava scalza sui tappeti. "Posso sedermi un attimo?" Fece, contrita. "Sì, certo." Lei si adagiò sulla sedia di fronte a Fletcher, le lunghe gambe ben in vista; i piedini nudi che gli fecero l'effetto di un fulmine nella foresta. "Non c'è niente da fare". Singhiozzò Rihanna "La notte è il momento più difficile, e non conta essere stanchi, certe situazioni non si allontanano". Lui annuì gravemente :"Allora la riabilitazione...Percace? Serve a poco...non si reprime del tutto la libidine?". "Questa è una speranza, e finora ce la siamo cavata bene. Ma poi sei arrivato Tu, con il tuo carico da 100, le tue storie, la tua masturbazione, la tua continua tensione interiore....hai spappolato il quadro." Fletcher non riuscì a reprimere un moto d'orgoglio: era ancora un uomo libero e pericoloso, e poteva sporcare qualsiasi tela, arruginire qualsiasi grande piano. Rihanna allungò una mano sul tavolo e intrecciò le dita con quelle di Fletcher :"Sono due anni che facciamo riabilitazione. come ti ho detto inizialmente assumevamo farmaci, poi ci siamo spostati sulla sana attività fisica, docce fredde, yoga, meditazione. E ha funzionato. La nostra attività sessuale è scesa a zero ed eravamo felici anche se la nostra fama passata ci accompagnava ovunque andavamo. Per questo abbiamo fatto fatica a trovare una sistemazione e abbiamo dovuto rivolgerci a Christine. Le nostre credenziali erano comunque pessime, malgrado l'impegno del dottor Percace." "E adesso?". Rihanna asciugò una lacrima improvvisa "Adesso si sono risvegliati i vecchi demoni e Tu hai contribuito a reimpiantare il vecchio fuoco nelle nostre vene. sino adesso non abbiamo fatto altro che rigirarci nel letto." Lui, mosso più da compassione che da lussuria la fece accomodare sulle sue ginocchia: una dolce ninfetta turbata da pensieri notturni e pruriti improcrastinabili. Appoggiò la fronte alla guancia di Lei e quando risollevò gli occhi notò Christine che Li stava osservando dalla soglia della sua camera. |
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