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Una vita a spina di pesce
 

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Fletcher XXII

Post n°21 pubblicato il 25 Febbraio 2015 da marlow17

 





Beh, che succede? Aria di ritirata?". "Le tue tirate non valevano un cazzo, Christine." Fece Lui sollevando la testa come se gettasse un guanto di sfida. "La ragazza ha avuto un turbamento". Christine assunse una maschera di ghigno profondo e la sua faccia parve sparire dietro lo scherno :"Non capisci un accidente, Fletcher, finchè continuerai a oscillare come un pendolo, ogni tentativo di portarti a essere costruttivo sarà tempo sprecato. Sei Tu a causare le incertezze, i dubbi, i rimpianti e le stronzate. I Ragazzi stanno benissimo e hanno la testa circondata regolarmente da ottimi propositi. Chiaro che vedendoti rimangano interdetti. Sei talmente marcio." Fletcher sollevò Rihanna dalle ginocchia e la scostò di lato. Poi si alzò in piedi, cercando di trovare conferme nel suo metro e ottantacinque :"Mi verrebbe voglia di chiamare il tuo astio nella maniera in cui lo si definiva ai vecchi tempi...". "Gelosia? che cazzate. Io ho investito su di Te, uomo, ho sempre pensato che avessi un'energia che potesse portare solo a qualcosa di buono. mi accorgo invece che restringi su Te stesso. Che piangi miseria e non dimentichi i vecchi vizi." Christine era in piedi in vestaglia e stava investendo Fletcher in pieno. Lui, dal canto suo, aveva una presa molle e aborracciata. Subiva, senza particolare voglia di mantenersi eretto sotto quella tempesta. La pronuncia leggermente blesa di Christine gli dava le vertigini e forse per la prima volta la trovava donna oltre ogni dire. Rihanna aveva girato le chiappe ed era tornata a rifugiarsi nella sua camera da letto. "Farei meglio a denunciarti alle divise". Buttò lì Christine. "Per sega abusiva e molesta?". "Anche. E per molestie a carico di una ragazza." "Lo sai bene che la ragazza ha avuto un cedimento strutturale. è capitato anche a Te". Lei diventò paonazza e prese a sbraitare "La devi smettere, Fletcher, di addossare agli altri responsabilità che sono unicamente Tue." Lui le si avvicinò, era stanco e confuso, tentava di metterla a fuoco e nel frattempo alzava le mani, come un cieco. I polpastrelli le si serrarono intorno alla gola senza l'occhio vitreo dell'aggressore o la bava alla bocca del maniaco. Era così: forse uno scatto di nervi improvviso o un necessario svolgimento della situazione. Naturalmente, stringeva sempre di più la presa. Adesso riusciva a notare il volto contratto e cianotico di Christine, la lingua che lievemente le affiorava dalle labbra viola. Successe in un attimo: Peter era uscito correndo e ora stava staccando Fletcher dalla sua preda, bestemmiando ad alta voce. Fletcher cadde indietro pesantemente battendo la schiena sull'impiantito. Ancora teneva le braccia tese e aveva le mani livide e contratte per lo sforzo. "Ma dico, siamo impazziti?". La voce di Peter cercava di trattenersi dal raggiungere il diapason e rompere le palle ai vicini probabilmente scontrosi. dopo qualche minuto e rapidi colpi di tosse nervosa Christine stava seduta sul bordo di una sedia e si teneva la gola :"é tutto un dolore". Fletcher rilasciò le braccia ottuse e scosse le dita per farvi affluire sangue. Pareva un bandito a cui avessero soffiato il sacco con dentro tutto il contante. Gli artigli ancora rattrappiti. Poi riprese colore e lasciò scendere le mani lungo i fianchi e restò immobile sul terreno con lo sguardo fisso al soffitto. Christine piangeva sommessamente alla sua sinistra, da qualche parte. Tutta una serie di pensieri contraddittori sbattevano addosso alle pareti del suo cranio e mugolavano come un vento lamentoso attraverso degli scantinati vuoti. Dopo ciò che parve un'infinità di tempo si rialzò su un gomito e diede un'occhiata profonda tutt'intorno. La casa non era cambiata mentre tornava alla coscienza, Peter lo teneva d'occhio squadrandolo con attenzione :"Ehi amico, la stavi ammazzando." "Ma no, sono cose che mi vengono da mio padre, lui era isterico, prendeva mia madre per il collo così, come si mangiano noccioline, poi toccava a me separarli, esattamente come hai fatto Tu." Bussarono alla porta con energia. "Vado Io" fece Fletcher "Sono il padrone di Casa." Su una sedia Christine tremava ancora e tratteneva a stento i singhiozzi. Lui spalancò la porta mentre Rihanna e Peter si rifugiavano in camera. Un uomo tarchiato con degli occhi spettacolari e un'altezza risibile, una canottiera e shorts con dei fulmini disegnati sui fianchi lo stava fissando e insultando. "Fletcher, che cazzo. Adesso che ti hanno mollato cominciano i problemi? Cos'è tutto questo casino? hai portato un'intera squadra di football fra le tue quattro mura? Io e Betsy dobbiamo riposare. Ci alziamo alle cinque e lo sai."
"Mister Tozzi, mi spiace. Può capire la mia situazione. Sono abbastanza inguaiato e ho portato qualche amico a tenermi compagnia." "Niente alcol, vero, o droghe?". Mister Tozzi lo squadrava integralmente, sembrava intuire tutto da un cenno delle sopracciglia. "Andiamo, per chi mi ha preso? Vabbè che sono un pò stroncato. Ma ridurmi a quel punto." E cercò di sorridere con grande sforzo. Mister Tozzi si lisciò i baffi cortissimi e lasciò trapelare una scheggia di luce complice dagli occhi. "Se ne sentono di tutti colori. Gente che collassa totalmente e prende ad avere strani comportamenti. Come capo condominiale lo sai che ho il dovere di preoccuparmi." Fletcher pensò che l'ometto gli stava dando di gomito per sapere qualcosa sulle sue orge ma non era il momento di assecondarlo, magari voleva pure entrare in casa. Lo notava mentre allungava il collo cercando di superare la sua massiccia impostazione. "No, Mister Tozzi. Conduco una vita pressochè monacale, mi stavo confidando con una amica, quella che Lei sta sentendo piangere, sa com'è, siamo due anime in pena ma non siamo dei ragazzini." Mister Tozzi gli strizzò l'occhio e gli battè sulla spalla alzandosi sulle punte dei piedi. "Coraggio Fletcher, stai su. Vedi che nella vita non tutto il male viene per nuocere. Basta casino, comunque." E si allontanò, felpatissimo, quasi fosse su una tavola di surf, a prendere l'abbrivio sul corridoio. Lui lo guardò allontanarsi meccanicamente e poi chiuse la porta con un piccolo tonfo. Ritornò in salotto e si fermò a pochi passi da Christine, ancora seduta con le lacrime che le scorrevano sulle guance. "Mi spiace. Intendo il mio atteggiamento....L'ho detto prima, è una cosa ereditaria, viene tutto da mio padre, Lui alzava le mani volentieri." Christine lo prese per un ginocchio e lo avvicinò a sè. Lo fece scendere e lo baciò su una guancia. "I problemi sono già tanti. Non peggioriamo la nostra situazione." Fletcher guardò verso la stanza dove stavano rintanati Peter & Rihanna. Se qualcosa di peggio doveva arrivare, di certo sarebbe piombato attraverso quelle quattro gambette.
 
 
 
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