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Fletcher LXXXI

Post n°80 pubblicato il 03 Agosto 2015 da marlow17







"Oh no, perché dovrei" Fece il dottore passandosi una mano sul viso. "è solo che queste parti della tenuta non sono mai considerate nel mio passeggiare mattutino. Li trovo, semplicemente, insignificanti. Anzi Le dirò di più: leggermente inquietanti e inutili." "Mi sembra che Lei sia troppo severo con questo boschetto di larici.....Che cosa vi sarebbe di tanto pericoloso?" Van Huijten era assorto e non pareva nemmeno parlare con la sua voce. Agitava le braccia davanti al volto, quasi ripetendo una pappardella imparata a memoria. "Adesso non è il momento per impelagarci in questo genere di discorsi. Abbiamo ottenuto il solo risultato di allontanarci dalla Base e di confonderci le idee, Fletcher. Torniamo sui nostri passi, al più presto possibile." L'Uomo squadrò il vecchio con interesse e gli mise una mano dolcemente sul braccio. "Si tratta di qualche ettaro di terreno. Perché non esplorarlo, Dottore? Non avrà mica paura dei boschetti, adesso?" L'altro sputò a sorpresa per terra e si incamminò deciso nella direzione opposta alla quale Fletcher insisteva a indirizzarsi. Poi, ad un tratto, si arrestò come colto da un subitaneo pensiero e si fece sotto con repentina diplomazia. "E Lei che vuole fare? Non intenderà addentrarsi da quelle parti? La avverto che il terreno armonioso, anche se gibboso, che Lei sta scrutando si arresta bruscamente ai piedi di un orrido a pieno picco sull'oceano. tutta la tenuta termina su quello sperone." "Ragione maggiore per vedere un simile spettacolo! Qui, tra paesaggi idilliaci mi sono un po' stufato. E vedere un po' di infuriare degli elementi non può che farmi piacere." Van Huijten si morse le labbra ma subito si ricompose e con un'aria della serie "Bene, l'ha voluta Lei" si accinse ad accompagnare il solerte ficcanaso. Camminarono per alcune centinaia di metri, su e giù per gli avvallamenti, aprendosi la strada fra i larici che, progressivamente, si erano fatti più fitti. Anche il sottobosco era diventato più selvatico e impraticabile, Tanto da indurre Fletcher a riflettere sul fatto se non fosse il caso di tornare indietro
lungo il sentiero appena tracciato. "Forse" pensava "Mi sto montando la testa, o la sto piegando alle mie fantasie malate. Probabilmente sto cominciando a soffrire di febbre cerebrale." E si asciugò il sudore, insieme a minuscoli legnetti e foglie, dalla fronte. "Ebbene" Fece il Dottore " si sta finalmente rendendo conto di dove si sta addentrando? questa, malgrado la bellezza innegabile, è zona aspra ed impervia. Un cammino per escursionisti e non dilettanti in scarpe da tennis." L'Uomo notò una vena sardonica e compiaciuta nel tono del vecchio e abbassò la testa in guisa di colpevolezza. Stava già per convenire con il suo interlocutore quando intravide, da lontano, una sorta di casa in legno alla sommità di un picco sgombro di vegetazione.
Spalancò gli occhi e accennò con il dito. Poi osservò Van Huijten. Questi era sbiancato improvvisamente e aveva preso, copiosamente, a sudare. "Di cosa si tratta?" "E lo chiede a me?
Vada da solo a visitare quella baracca. Io non l'ho mai notata. Le ripeto che il nostro Centro si estende su ettari ed ettari di terreno anche selvatico. Penso che solo pochi si siano presi la briga di esplorarli tutti. Questa zona, alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX° era meta di sciroccati di ogni sorta che cercavano un contatto diretto con la Natura, e che nella Natura vedevano un potente Motore di cambiamento e armonia. Non mi sorprenderebbe se quell'edificio fosse la vestigia di uno dei tanti avamposti che quei Fissati avevano stabilito sulla loro personale Ultima Thule." "La curiosità sta avendo il sopravvento: voglio visitare quello strano posto." Chiosò Fletcher con lo sguardo rapito. "Faccia come vuole. Io mi fermo qui e torno indietro. Se non avremo più notizie di Lei, significherà che ha messo un piede in fallo ed è precipitato nell'abisso. La curiosità selvaggia è una brutta bestia, amico mio. Bisogna imparare a dominarla." Ma l'Uomo non lo stava già più ascoltando e si era mosso, ad ampie falcate, verso la casa in cima alla collina, lottando contro l'erba alta. Van Huijten, dal canto suo, dopo avergli lanciato un' ultima, significativa occhiata aveva preso il cammino opposto imprecando fra sé, a bassa voce. Ci volle almeno mezzora a Fletcher per raggiungere il suo obbiettivo, ma quando vi arrivò trovò immediatamente che ne era valsa la pena. La costruzione, in legno di ciliegio scrostato e sbullonato dal sole e dalle intemperie si ergeva come la torretta perimetrale di un castello inesistente. Possedeva un'architettura slanciata ed alta alquanto ristretta e spinta in verticale. Un piccolo torrione centrale la sormontava ornato da merli decorativi e da un bizzarro gallo segnavento. La superficie che ricopriva era ridicolmente bassa e dava l'impressione di non essere diventata qualcosa in più di un casino per gli attrezzi, ma di avere anche alle spalle una dignitosa storia, non lontana, forse, dalle chiacchiere riferite dal Dottore. Sovrappensiero l'Uomo provò a forzare alcune delle serrature presenti sul corpus dell'edificio ma, con sua somma sorpresa, scoprì che tutte le inchiavardature erano sbarrate dall'interno e che a Lui si presentava solo la liscia superficie del legno e del metallo arrugginito. Faceva eccezione un piccolo bugigattolo sul lato meridionale, il quale,con la porticina accostata e fradicia lasciava penetrare lo sguardo fin dentro. E quello che Fletcher poteva sogguardare era null'altro una sorta di ripostiglio ricolmo di cartacce. Senza indugiare oltre e mostrare segno di delusione, spalancò l'apertura e vi sgusciò all'interno.






 
 
 
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