Fletcher

Fletcher V


Fletcher, con sua sorpresa, venne lasciato uscire dalla clinica dopo alcuni giorni dopo una cura del sonno. Aveva il volto pallido e una risipola sotto al labbro inferiore. Anche le mani tremavano leggermente. Percace lo aveva convocato un'ultima volta parlandogli di amenità, il suo sguardo vagava tutt'intorno e non sembrava particolarmente interessato a fargli predicozzi. Meglio così, pensava Fletcher. "Non si dimentichi di questo soggiorno!". Lo salutò alla fine con entusiasmo, stringendogli il braccio. Nessun rimprovero, nessun avvertimento? cosa poteva significare? Dopo ciò che aveva fatto era libero di camminare le strade? Raccolse le sue poche cose e uscì fuori. Era una giornata neutra, così come il giardino della clinica era senza particolari spunti: solo la fontana al centro e i suoi finti tritoni lasciavano ricadere un pò di goccioline d'imprevisto oltre la soglia di pietra, spinte dalla brezza leggera. Fletcher si sentiva avvolto da da una pellicola di sporco, era madido di sudore, malgrado la temperatura bassa, e sentiva che nessuna doccia lo avrebbe rinfrescato e nessun rifugio lo avrebbe veramente protetto da quelle giornate balorde. Camminò qualche metro un pò oscillando e sentì che nuove immagini libidinose gli si affacciavano alla mente senza che Lui potesse fare nulla per arrestarle. girò lo sguardo verso la clinica, quasi a cercare una protezione, ma l'ampio edificio bianco era sparito in una nebbiolina argentea e ogni voce si era assopita. Si strinse il cazzo, turgido come una caparra, fino a farsi male e si arrestò stupito. Doveva essere arrivato lì a bordo di un ambulanza e in stato di incoscienza, magari con una camicia di forza. Dov'era la sua macchina? Dove esisteva una fermata del bus o della metro? Con un gesto di rabbia scagliò lontano ogni pudore e si aprì i pantaloni riparandosi in un boschetto che era apparso alla sua destra. Non poteva certo presentarsi in mezzo alla gente in quelle condizioni. Estrasse la coda e cominciò a menarla: gli ci vollero pochi minuti per venire con una ampio getto di schiuma bianca, non aveva avuto nemmeno bisogno di raffinare il suo godimento con l'evocazione di immagini particolari. Era stato una sequela di gesti brutale e meccanica. Poi si era ripulito con dei fazzolettini che aveva trovato, chissàcome, nella sua tasca posteriore. Non ricordava di averne avuti al momento del suo collasso e si chiese, immediatamente chi glieli avesse ficcati addosso. Forse qualche infermiera, anima buona, ben conscia che il suo problema non si sarebbe risolto nel giro di alcune settimane?Si toccò la parte inferiore del labbro. La risipola era in fiamme e gli procurava un dolore fortissimo. Scrollò il pene dalle ultime gocce di sperma e si mise a pisciare per liberare il condotto uretrale. Poi dopo essersi ripulito ancora, ficcò l'uccello nei pantaloni e si avviò fingendo di fischiettare. Ma si rendeva conto che era solo un modo per ingannare sè stesso. Le mani gli tremavano ancora e l'infezione sulla bocca accentuava la sua incapacità di direzione, squilibrandolo verso un lato della strada. Peggio ancora la sega non sembrava averlo placato e fitte familiari gli attraversavano i corpi cavernosi, presagio di una nuova futura reazione. Si chiedeva se propria questa non era l'intenzione dei medici: farlo attraversare da spasmi incontrollati ogni volta che qualche pensiero scabroso gli si affacciava alla mente.