Fletcher

Fletcher XXXVII


Percace mi avvicinò. Sentì il suo alito nelle orecchie e mi ritrassi istintivamente. Ero autosufficiente, ormai, e non volevo che qualcuno penetrasse nella mia sfera di influenza; avevo alle spalle tutta la mia storia di dipendenza e debolezza e un nuovo maestro mi stava sul cazzo: avrei gradito che nessuno mi parlasse. Ma mormorò e smozzicò le parole in modo tale che non potevo sfuggirgli e quello che sentì non mi piacque per nulla. Era una lingua nuova e certamente perversa, e mi versava nei timpani miele misto a fiele, inviti mescolati con minacce e vaghe reminiscenze. Parlava di Rihanna, di come fosse sbocciata attraverso le difficoltà e di quanto meritasse, ora, un paradiso di stabilità e quiete con soddisfacimento e piacere, mi parlava di quanto Io avrei potuto dimorare in Lei senza sensi di colpa nè angustie. Lo respinsi e Lui abbozzò un sorriso, qualcosa che sembrava essergli proprio senza difficoltà, quasi un abbellimento su un frontone in decadenza. "Tu hai bisogno ancora di capire, di andare fino in fondo" mi disse "hai bisogno di educazione". Così fui portato di nuovo lontano, alle periferie di tutta la situazione geografica. Per mesi imparai a lavorare come non avevo mai fatto, faticai e mi ruppi la schiena, ma ogni volta tornavo dall'attività con la mente sgombra da cattive influenze, il cervello limpido e il corpo depurato. E le parole che ricordavo di Percace non mi sfuggivano a un'ombra di perversione e vuoto interesse personale. Sembrava che il periodo di reinquadramento mi portasse solo nuova forza e un pervicace attaccamento a Rihanna, che volevo fare la mia donna e mia moglie. Passarono le stagioni e fui portato nuovamente di fronte al Dottore che mi apostrofò in modo mellifluo e chiese come mi sentissi adesso. "Magnificamente" Risposi. E in effetti il mio corpo si era sviluppato armoniosamente e la mia mente era libera da ogni suggestione maligna e da strane perversioni intrinseche, attribuibili alla sete di relazioni sessuali e alla fame di contatti. Percace masticava amaro, lo sentivo, e alla fine mi si buttò addosso con isteria e rabbia :"Non hai voglia di rivedere la tua compagna? Non hai voglia di possederla?". Io ero lì, immobile e simile alla sfinge e non provavo nulla verso Rihanna che non fosse Amore e Disinteresse interiore. "Te la posso far avere ma mi devi dimostrare di avere degli interessi." Io gli risposi marcando l'accento sulle note inferiori e sui toni bassissimi :"Certo che gradirei riaverla ma non pagherò più di quanto sia necessario per poterla abbracciare." Il Dottore, ricordo bene, si accese un sigaro ed emise del fumo azzurro dalla bocca. Poi, quasi rassegnato mi apostrofò :"Capisco la tua inclinazione, Peter, e non farò nulla per combatterla. Per una delle mie prime volte mi trovo di fronte a una volontà irremovibile e agirò di conseguenza, ma terrò presente la tua personalità e la tua determinazione. Non posso negare che sia qualcosa che mi suggestiona profondamente." In quel momento capiì che avevo attorcigliato Percace e che i suoi pensieri reconditi erano andati a farsi fottere. Per un attimo intuiì che il suo metodo (contro la sua volontà reale) aveva avuto successo ancora una volta e che poteva vantarsi presso il pubblico maggiore della bontà delle sue azioni e dei suoi programmi. Ma, al tempo stesso, restava un grande buco nero sulle sue vere intenzioni, e la personalità del grande Dottore restava in ombra, nascosta in un ginepraio di repressione e frustrazioni mentre il Sistema Medico che aveva installato controvoglia andava via come il pane, celebrato e vivificato ovunque da milioni di Instabili e migliaia di capoccia, ansiosi di riporre le ansie di libertà dell'uomo e della donna all'interno di una parentesi quadra fatta di regole e ordine.