Fletcher

Fletcher XCIV


 
"Cos'è stato a scatenare questo macello, dottore?" "Il gruppetto di seguaci di mio padre è sfuggito irrimediabilmente all'induzione ipnotica sotto cui li trattenevamo e ne è scaturito il pandemonio. Avevano armi, certo rudimentali, ma pericolose e si sono asserragliati nella chiesa minacciando di uccidere Benjamin Van Huijten. Quando abbiamo visto che ogni mediazione era inutile sono intervenuti i corpi speciali." "Che ne è adesso di loro?" Percace si incupì un attimo, poi riprese a cantilenare con voce lamentosa: "C'è un morto, un certo Tobias Vandenabbe. Pare non sia stato nemmeno colpito dalle truppe di pronto intervento. Credo fosse cardiopatico e che gli abbiano nuociuto i gas sparati all'interno." Fletcher ebbe un moto di dolore che non sfuggì a chi gli stava intorno e gli sfuggì un singhiozzo carico di dolore. Quindi Tobias Vandenabbe, lo scrittore fallito e il bibliotecario a San Jacinto era stato ammazzato e non l'avrebbe più sentito dilungarsi su libri sconosciuti e sfortunati, non l'avrebbe più visto sollevare le braccia e agitarle nel suo gesto caratteristico per sottolineare alcuni passaggi che gli erano particolarmente preziosi. "Non era gente pericolosa." Osservò Fletcher, quasi sovrappensiero. Percace si lisciò un baffetto con fare beffardo: "Abbiamo una banca dati su quei personaggi capace di fare invidia ai peggiori serial-killer della storia. I sintomi e gli indizi c'erano tutti, restava solo da aspettare quando sarebbero esplosi. E l'hanno fatto proprio quando me l'attendevo." "Erano solo persone che le stavano scomode, dottore. Avversari e scettici di cui voleva liberarsi. Sotto un certo punto di vista lei è peggiore di un nazista." "Quando mio padre si sarà ripreso le farò sentire la sua opinione riguardo quei bravi ragazzi che lei stima tanto come personaggi inoffensivi. Si ricrederà, Fletcher, ne sono sicuro." Nel frattempo che procedeva la conversazione Beatrice dava sempre maggiori segni di nervosismo e tirava per la manica il fratello cercando di convincerlo a troncare il dialogo con quell'uomo che, evidentemente, la indisponeva. "Lasciami perdere, Beatrice, Io e il signor Fletcher siamo conoscenti di vecchia data." "E ci piace giocare a nascondino." Aggiunse, torvo, Fletcher. "A questo proposito...Voi dovreste già esservi eclissati. Non si dimentichi che le sto dando la caccia, mio caro." "è un gioco che le piace ancora tanto, vero? è come se ci tenesse sotto la lente d'ingrandimento e noi disegnassimo per lei la mappa degli interventi che lei si trova a portare a termine. Non siamo fuggiaschi, dottor Percace, siamo complici. O, se preferisce, collaboratori." Il dottore rise apertamente, di una risata candida e sincera. Brillava come una pietra preziosa in quella giornata che si inoltrava attraverso la fine dell'estate insieme agli ormai fiochi riflessi dell'incendio. "Se ne vada, Fletcher. E le auguro buona fortuna." "Prima voglio parlare con il vecchio. Secondo me il segreto sta tutto lì." Il dottore smise di ridere: "Adesso è all'ospedale di contea, intossicato. Stanno cercando di praticargli le cure adeguate ma non so se ce la farà." A queste parole Beatrice affondò le unghie nella carne del braccio di suo fratello e ululò disperatamente. Poi si svincolò dalla presa e prese a rotolarsi per terra, preda di quella che sembrava una specie di crisi epilettica. Gli uomini della security la raccolsero con attenzione mentre il viso le si era distorto in una maschera di tragedia e disperazione. "Strano" Butto lì Fletcher "Suo padre aveva accettato di rinchiuderla in una baracca a picco sull'oceano e lei si comporta come una prefica al solo pensiero di perderlo. Curioso davvero." "Mio padre ha accettato la scelta di Ganopulos, e ancora adesso credo abbia preso la giusta decisione. Beatrice aveva bisogno di ripensare la sua vita e adesso è pronta a riprendersi in mano il suo destino. E se mi permette adesso la accompagnerò all'interno e le darò un sedativo. Mi stia bene, Fletcher." (Continua)