Fletcher

Fletcher XCVII


Parcheggiarono in una zona distante dal centro e si avviarono verso un hotel fatiscente che possedeva l'onore di definirsi tale dall'essere l'unico rimasuglio di un periodo architettonico glorioso per la metropoli un secolo prima. Si fregiava del titolo di hotel palace ed esibiva con orgoglio le ferite e le cicatrici di tanti anni di storia e di abusi. Parecchi individui si erano suicidati lì dentro sia durante la lunga crisi economica che per puro sfizio. Fletcher ricordava bene una coppia che si era tolta la vita, gettandosi abbracciati dal quinto piano in seguito a una comune crisi depressiva. "Che pensi?" Gli chiese Christine, sempre preoccupata dai suoi silenzi. "Nulla. Un bel posto per fantasmi e per fuggiaschi all'ultimo stadio, vero?" Peter e la donna si arrestarono dando un bello sguardo d'insieme al paesaggio e non poterono trattenere un'esclamazione contemporanea di stupore. Pochissime automobili erano piazzate nell'ampio spazio antistante l'albergo e la desolazione rivestiva un po' tutto: dagli alberi ai segnali stradali.  "Così saremo già sepolti prima ancora di ricevere Percace." Notò il giovane raccogliendo nella mano destra tesa tutto lo squallore della visuale che gli stava innanzi." No" Replicò asciutto Fletcher "Saremo semplicemente un'appendice della bruttura, un inconsistente dettaglio dentro un quadro atroce. Saremo talmente finiti che potremo sperare che si scordino di noi." E rise allegramente. I suoi due compagni lo fissarono meravigliati "Sai bene che è impossibile. E poi non eri tu che volevi creare delle cellule armate di resistenza al progetto del dottore?" "Non fateci caso. Penso di essere solo un po' confuso. Ho bisogno di recuperare energie e di trovare il modo di introdurmi in quell'ospedale per parlare con Van Huijten. Lui è l'unico che possa aiutarci. è il padre biologico di Percace: ne conosce tutte le debolezze e i punti deboli, e solo lui sa veramente cosa gli passi per la testa." Detto questo si avviarono verso l'hotel ed entrarono dai portoni un tempo imponenti ed eleganti. Alla reception non v'era nessuno e Fletcher suonò il campanello appoggiato al bancone. Trascorsero due minuti e un ometto giovanissimo dai capelli rossi e dalle lunghissime basette fece capolino da una porticina sotto lo scalone principale. "Posso esservi utile?" "Se può essere così gentile. Cerchiamo una tripla con servizi interni ovviamente." Il ragazzo osservò vacuamente Fletcher poi prese una chiave enorme alle sue spalle e la posò davanti a sé. "Numero 17" Borbottò con un sorriso stirato. "è un posto tranquillo?" "Assolutamente. Nessuno ha mai fatto in tempo a lamentarsi." E scoppiò questa volta in una risata energica e contagiosa che lo fece sobbalzare tutto dentro il completo stazzonato. I tre compagni fecero finta di seguire il buonumore del giovanotto che chiese loro i documenti. Loro estrassero con naturalezza i loro estremi contraffatti da Mary Dozen e soci, poi si scostarono di qualche passo indietro quasi ad attendere il peggio. Il receptionist si limitò a registrare le false identità, poi pose le carte nel ripiano lasciato libero dalla chiave. Tirato un sospiro di sollievo Fletcher, Peter e Christine si avviarono, dopo avere chiesto indicazioni, alla loro meta. Presero l'ascensore che odorava di candeggina e si fermarono al terzo piano. Scesero lungo il corridoio e aprirono con la pesante chiave la porta della stanza. Sapeva di chiuso e spalancarono le finestre mentre il pomeriggio inoltrava selvatico. "Adesso cosa farai, Liberty?" Chiese Christine. "Molto semplice. Mi lascerò catturare da Percace mentre voi resterete irreperibili in attesa di mie nuove. State pure certi che saprò come farmi vivo." Gli altri due lo squadrarono come fosse pazzo.(Continua)