Nella botte piccola

ONORE A TE...!


Si lo so, è tanto che non scrivo più sul blog...ultimamente l'ho un po' abbandonato, ma sinceramente non avevo granchè da raccontare, e così invece di scrivere minchiate così tanto per scrivere, ho optato per il silenzio... Oggi però devo gioco forza tornare a scrivere e, a dirla tutta, vorrei tanto non trovarmi qui oggi a battere le dita sui tasti. Scrivo per rendere omaggio ad un uomo che ho conoscevo da poco, circa sei mesi. Questa persona è entrata da subito come un fulmine nella mia vita e come un fulmine ci è uscita, lasciando però una traccia. Correvano i primi di Luglio quando un gruppo di appassionati calciofili si riuniva in una stanza sgangherata della chiesa di Capannori per provare a metter su una squadra. Ma non una squadra qualsiasi, la squadra di Capannori che mancava dal terreno di gioco da tanti, troppi anni... Io ero lì come interessato perchè facente parte dell'organo tecnico che avrebbe gestito la squadra e in questa stanzetta si rincorrevano le idee su come-quando-dove-e-perchè realizzare questo progetto. Come un gruppo di bambini che raccontano i loro sogni che vorrebbero realizzare da grandi. Un signore coi capelli bianchi e l'aria scura in viso che urla e sbraita cercando di far valere le sue proposte anche con tono severo. Il primo impatto è stato quindi sgradevole per una persona solitamente pacata come me, tant'è che il fatto che fosse stato nominato vice-presidente e non "presidente" mi tranquillizzava un po'... Era il padre di due ragazzi che sarebbero venuti a giocare nel nuovo Capannori (tra l'altro etichettati subito come due fenomeni) e anche questo a dire la verità non mi faceva dormire proprio sonni tranquilli. Una volta creata la società tutto è cambiato. R. era costantemente al campo di allenamento, sia durante la preparazione estiva, sia durante il campionato regolare. Si metteva su una panchina e cominciava a guardare i suoi figli giocare. Per la prima volta il suo Alessandro ed il suo Alberto giocavano in squadra assieme, e lo facevano, cosa forse ancora più importante, nella squadra del paese che aveva dato loro i Natali. R. era innamorato dei suoi figli, viveva in loro funzione e quando venivano nominati i suoi occhi azzurri si accendevano come fanali abbaglianti. Aveva fiducia nel gruppo che noi avevamo creato ed aveva fiducia in me, un'allenatore in seconda alle prime armi, tanto da essere tranquillissimo prima della gara di Montecarlo quando ero da solo ad allenare in panchina con 6 titolari indisponibili. Se ne è andato ieri mattina a soli 57 anni tradito da un'aorta, così, senza avvisare nessuno, così come faceva quando veniva al campo di allenamento a vedere i suoi figli giocare. Come ho detto l'ho conosciuto poco ed avrei voluto avere un po' di tempo in più per conoscerlo meglio. Nonostante questo mi ha lasciato qualcosa, mi ha fatto capire cosa vuol dire innamorarsi dei propri figli, e questa è una lezione che molto difficilmente dimenticherò. Onore a te R. Da oggi il Capannori proverà a vincere anche per te..