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Un blog creato da neottolemo06 il 12/03/2007

In memoriam

1914-18: dedicato al ricordo degli eventi della Prima Guerra Mondiale e alle sue vittime

 
 

IN EVIDENZA

La Guerra Cantata
Tradizione orale e canto popolare nella grande guerra

Pagina a cura della Regione Trentino Alto Adige, con numerose foto e file audio
Contiene le relazioni del convegno svoltosi a Vermiglio (Tn) il 18-19 agosto 2001

http://www.regione.taa.it/giunta/conv/vermiglio/guerra_pag_it.htm

 

LA FOTO

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Interno della chiesa di Livinallongo distrutta dopo i bombardamenti che colpirono la zona dolomitica dal maggio 1915.

L'immagine era esposta nella mostra fotografica sulla Grande Guerra sulle Dolomiti allestita nell'estate del 1995 da Luciana Palla e Raffaele Irsara nel Comune di Livinallongo,  proprio alle pendici di quel Col di Lana che significativamente fu ribattezzato "Col di sangue".

VISITA LA MOSTRA:
http://www.webdolomiti.net/Luciana_Palla/vicende_di_guerra.htm

 

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APPUNTAMENTI

La Grande Guerra in Friuli
Storie e memorie
dal 10 marzo al10 aprile 2007

Cave del Predil, Chiusaforte - Sella Nevea, Timau, Malborghetto, Osoppo, Ragogna, San Daniele del Friuli, Grimacco, Cividale del Friuli, Udine, Campoformido, Palmanova, Tapogliano, Aquileia

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Mostre, convegni e iniziative varie per ricordare la Grande Guerra in Friuli

Per informazioni e programma, visita il sito:
http://www.militaryhistoricalcenter.org/

 

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NOTIZIE

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LA LEGGENDA DEL PIAVE

Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!

Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava andare avanti.

S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò: Non passa lo straniero!

 Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poichè il nemico irruppe a Caporetto.

Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.

S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: Ritorna lo straniero!

E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!

No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!

Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: Indietro va, o straniero!

Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!

 Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!

Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri.

E. A. Mario

 

GLI EDITORI

NORDPRESS EDIZIONI:
http://www.nordpress.com/
Di Montichiari (Bs), edita una collana di libri dedicati alla Prima Guerra Mondiale e una pregevole collana "Sui campi di battaglia"

GASPARI EDITORE
http://www.gasparieditore.com/
Di Udine, pubblica saggi e interessantissime testimonianze sulla Grande Guerra

EDIZIONI GINO ROSSATO
http://www.edizionirossato.it/
Specializzato in opere di Storia Militare presenta un ricco catalogo di opere e raccolte fotografiche sulla Prima e Seconda Guerra Mondiale

 
LIBRERIA EDITRICE GORIZIANA (LEG)
http://www.leg.it/
Libreria antiquaria ed editrice, pubblica saggi e testimonianze sulla Grande Guerra

MURSIA
http://www.mursia.com/
Ha in catalogo numerose testimonianze e saggi sul periodo 1914-1918



 

 

Messaggio #2 »

Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 13 Marzo 2007 da neottolemo06
 

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EMILIO LUSSU
da “Un anno sull’altipiano”

 

L’8 giugno, gli austriaci, prevedendo l’offensiva, fecero brillare la mina sotto Casara Zebio, quella per cui noi avevamo passato la notte di Natale in linea. La mina distrusse le trincee, seppellì i reparti che le presidiavano, insieme con gli ufficiali di un reggimento che vi si erano fermati durante una ricognizione. La posizione fu occupata dal nemico. L’avvenimento fu considerato come un cattivo presagio. Il 10, la nostra artiglieria aprì il fuoco alle 5 del mattino. La grande azione che andava, per cinquanta chilometri, da Val d’Assa a Cima Caldiera, era iniziata. Sull’Altipiano, comprese le bombarde pesanti da trincea, non v’erano meno di mille bocche da fuoco. Un tambureggiamento immenso, fra boati che sembravano uscire dal ventre della terra, sconvolgeva il suolo. La stessa terra tremava sotto i nostri piedi. Quello non era tiro d’artiglieria. Era l’inferno che si era scatenato. Ci eravamo sempre lamentati della mancanza d’artiglieria: ora l’avevamo, l’artiglieria. I reparti erano stati ritirati dalle trincee e solo poche vedette le presidiavano. Il 1° e il 2° battaglione del reggimento erano ricoverati nelle grandi caverne scavate durante l’inverno. Il 3° battaglione era con tutte e quattro le compagnie allo scoperto, sulla linea dei due ridottini retrostanti. Le piccole caverne ivi esistenti erano occupate dagli artiglieri da montagna, che vi avevano la batteria, e dai nostri mitraglieri. L’artiglieria nemica controbatté, con i grossi calibri, le nostre batterie, ma non tirò sulla prima linea. Sulla nostra prima linea tirò solo la nostra artiglieria. Quello che avvenne non fu sufficientemente chiarito. Alcune batterie da 149 e da 152 da marina tirarono su di noi. I battaglioni che erano nelle caverne non ne soffrirono, ma il mio ebbe, fin dall’inizio, gravi perdite. Il maggiore Frangipane, ch’era rientrato da pochi giorni, fu colpito fra i primi ed io assunsi il comando del battaglione. La linea dei due ridottini, nei quali il mio battaglione aveva l’ordine di rimanere, fu rasa al suolo. Essi erano stati costruiti contro i tiri di fronte, non contro quelli alle spalle. La 9a e la 10a compagnia furono dimezzate. Il tenente Ottolenghi fece uscire i mitraglieri dalle caverne e, riordinatili all’aperto, gridava:

- Bisogna marciare sulle batterie che tirano su di noi e mitragliarle! - Io lo vidi a tempo, accorsi e l’obbligai a riprendere il suo posto. Feci spostare di qualche centinaio di metri indietro le compagnie e ne informai il comando di reggimento. Il battaglione aveva già molti morti. Le barelle erano insufficienti a trasportare i feriti ai posti di medicazione. Mentre io facevo la spoletta fra i reparti, passò un colonnello d’artiglieria, seguito da due tenenti. A capo scoperto, la pistola in mano, fra gli scoppi delle granate, urlava:

- Uccideteci! Uccideteci! -

Io gli andai incontro e gli proposi di servirsi dei miei ufficiali per comunicare alle batterie l’ordine di spostare i tiri. Egli non riconobbe neppure che io ero un ufficiale. Non mi rispose e continuò a gridare frasi sconnesse. I due tenenti lo seguivano, muti, lo sguardo sperduto. Io cominciavo a perdere la calma. Il comando di brigata, per l’azione, s’era stabilito vicino, dietro il mio battaglione. Vi andai di corsa. Trovai il generale comandante della brigata, in fondo a una piccola caverna, seduto, con il microfono in mano. Gli raccontai affrettatamente quanto avveniva. Egli m’ascoltava, calmo fino all’abbattimento. Io parlavo agitato, ma egli restava indifferente. Nell’eccitazione, io mi lasciai sfuggire:

- Signor generale, quante corbellerie, oggi, stiamo commettendo!-

Il generale s’alzò di scatto. Io credetti volesse mettermi alla porta. Mi venne incontro e m’abbracciò, piangendo.

- Figliolo, è la nostra professione,- mi rispose.

Seppi che egli inviava portaordini e fonogrammi, vanamente, da oltre un’ora. Io rientrai al battaglione, disperato.

Nel settore del 2° battaglione avvenivano cose peggiori. Il maggiore Melchiorri s’era installato in una piccola caverna, accanto alla grande caverna in cui era ricoverata la 5a compagnia. Il tiro dell’artiglieria lo aveva molto impressionato. Coloniale, egli non aveva mai assistito, in Africa, ad una simile forma di guerra. I suoi nervi non poterono resistere. Si era già bevuto, da solo, una bottiglia di cognac e aveva mandato in giro tutto il comando del battaglione per trovarne una seconda. Egli attendeva la bottiglia, quando, dalla caverna della 5a compagnia, arrivò il rumore d’un tumulto. La caverna della 5a era, fra tutte le altre del reggimento, la peggio scavata. Era stata una delle prime ad essere costruita e i minatori non erano ancora sufficientemente pratici. Era lunga orizzontalmente, ma non abbastanza scavata in profondità. Poteva contenere un’intera compagnia, ma era quasi a fior di terra. In grado di resistere a un bombardamento di piccoli calibri, non lo era per gli altri calibri. Forse, lo era anche per gli altri, ma quelli che vi stavano dentro avevano l’impressione che non lo fosse. Quella mattina, i nostri 149 e 152 l’avevano particolarmente presa di mira. Alcune granate scoppiate all’imboccatura avevano ucciso dei soldati e il capitano comandante della compagnia. Intere batterie avevano continuato a tempestarla di colpi. La compagnia infine, stordita da un martellamento ininterrotto, soffocata dal fumo degli scoppi, priva del suo comandante, non seppe resistere. Ai soldati sembrava che la volta dovesse crollare da un momento all’altro e schiacciarli tutti. Essi volevano uscire all’aperto. I soldati gridavano

- Fuori! Fuori! -

Il maggiore Melchiorri sentì le grida e mandò ad informarsi. Quando seppe che i soldati volevano uscire dalla galleria, egli fu assalito da un impeto d’ira. Gli ordini dati esigevano che i reparti non si muovessero dai posti loro assegnati prima dell’ora fissata per l’assalto.

- Noi siamo di fronte al nemico,- gridò il maggiore, - ed io ordino che nessuno si muova. Guai a chi si muove! -

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La seconda bottiglia era arrivata e il maggiore dimenticò la 5a compagnia. Il bombardamento continuava. Non passò molto tempo. La compagnia si gettò fuori dalla galleria e si riordinò, all’aperto, in un avvallamento laterale non battuto dall’artiglieria. Il maggiore credette trovarsi di fronte ad un ammutinamento. Ne era convinto. Una compagnia, poco prima dell’assalto, con le armi alla mano, a pochi metri dal nemico, rifiutava d’obbedire. Per lui, non v’erano dubbi. Bisognava quindi reagire immediatamente con i mezzi più energici e punire la sedizione. Furibondo, uscì dalla sua caverna. Mise la compagnia in riga e ordinò la decimazione. La 5a compagnia ubbidiva agli ordini, senza reagire. Mentre l’aiutante maggiore conteggiava i soldati e ne designava uno ogni dieci per la fucilazione immediata, la notizia si sparse per gli altri reparti del battaglione e accorsero vari ufficiali. Il maggiore spiegò loro che egli intendeva valersi della circolare del comando supremo sulla pena capitale con procedimento eccezionale. Il comandante della 6a compagnia era fra i presenti. Era il vecchio comandante della 6a all’azione dell’agosto, il tenente Fiorelli, che, guarito dalle ferite e promosso capitano, aveva ripreso il comando della sua compagnia. Egli fece osservare che il reato di ammutinamento di fronte al nemico non esisteva e che, anche se il reato fosse stato compiuto, il maggiore non avrebbe avuto il diritto di ordinare la decimazione senza il parere del comandante del reggimento. Le considerazioni del capitano irritarono il maggiore. Egli impugnò la pistola e gliela puntò al petto.

- Lei taccia - gli rispose il maggiore - taccia, altrimenti si rende complice dell’ammutinamento e responsabile dello stesso reato. Io solo, qui, sono il comandante responsabile. Io sono, di fronte al nemico, arbitro della vita e della morte dei soldati posti sotto il mio comando, se infrangono la disciplina di guerra. -

Il capitano rimase impassibile. Calmo, chiese più volte il permesso di parlare. Il maggiore gl’impose il silenzio. La selezione era stata ultimata, in mezzo alla 5a, e venti soldati, distaccati dagli altri, attendevano. Il maggiore ordinò l’attenti ed egli stesso si mise nella posizione d’attenti. Il fragore dell’artiglieria era assordante e dovette urlare per farsi sentire da tutti. Egli parlava solenne:

- In nome di Sua Maestà il Re, comandante supremo dell’esercito, io maggiore Melchiorri cavalier Ruggero, comandante titolare del 2° battaglione 399° fanteria, mi valgo delle disposizioni eccezionali di Sua Eccellenza il generale Cadorna, suo capo di stato maggiore, e ordino la fucilazione dei militari della 5a compagnia, colpevoli di ammutinamento con le armi di fronte al nemico. -

Il maggiore era ormai esaltato e non ascoltava che se stesso. Ma lo stato d’animo in cui egli si trovava non era quello degli ufficiali presenti, né della 5a compagnia, né dei venti designati alla morte. Mai, nella nostra brigata, era stata eseguita una fucilazione. Questa decimazione appariva un avvenimento così precipitato e straordinario da non essere neppure considerato possibile. Ma non è necessario che tutti credano al dramma perché questo si svolga. Il maggiore Melchiorri si trovava al centro del dramma, protagonista già travolto. Il maggiore ordinò che il capitano Fiorelli, con un plotone della sua compagnia, prendesse il comando del plotone d’esecuzione.

- Io sono - rispose il capitano - comandante titolare di compagnia, e non posso comandare un plotone. -

- Lei dunque si rifiuta di eseguire il mio ordine? - Chiese il maggiore.

- Io non mi rifiuto di eseguire un ordine. Faccio solo presente che io sono capitano e non tenente, comandante di compagnia, non di plotone. -

- Insomma - gridò il maggiore puntando nuovamente la pistola sul capitano - lei eseguisce o non eseguisce l’ordine che io le ho dato? -

Il capitano rispose:

- Signor No. -

- Non lo eseguisce?-

- Signor No. - Il maggiore ebbe un attimo d’esitazione e non sparò sul capitano. - Ebbene- riprese il maggiore - ordini che un plotone della sua compagnia passi in riga.-

Il capitano ripeté l’ordine al sottotenente comandante il 1° plotone della 6a. In pochi minuti, il plotone uscì dalla caverna e passò in riga. Il sottotenente ricevette dal maggiore, e lo ripeté ai suoi soldati, l’ordine di caricare le armi. Il plotone aveva già i fucili carichi. Di fronte, immobili, stupiti, i venti guardavano. Il maggiore ordinò di puntare.

- Punt! - ordinò il tenente. Il plotone si mise in posizione di punt.

- Ordini il fuoco- gridò il maggiore.

- Fuoco!- ordinò il tenente.

Il plotone eseguì l’ordine. Ma sparò alto. La scarica dei fucili era passata tanto alta, al disopra della testa dei condannati, che questi rimasero al loro posto, impassibili. Se vi fosse stato un concerto fra il plotone e i venti, questi si sarebbero potuti gettare a terra e fingere di essere morti. Ma, fra di loro, non v’era stato che uno scambio di sguardi. Dopo la scarica, uno dei venti sorrise. L’ira del maggiore esplose irreparabile. Con la pistola in pugno, fece qualche passo verso i condannati, il viso stravolto. Si fermò al centro e gridò:

- Ebbene, io stesso punisco i ribelli!-

Egli ebbe il tempo di sparare tre colpi. Al primo, un soldato colpito alla testa stramazzò al suolo; al secondo e al terzo, caddero altri due soldati, colpiti al petto. Il capitano Fiorelli aveva estratto la pistola:

- Signor maggiore, lei è pazzo.-

Il plotone d’esecuzione, senza un ordine, puntò sul maggiore e fece fuoco. Il maggiore si rovesciò, crivellato di colpi.

 

 

 
 
 
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DA LEGGERE

Alessandro Magnifici
Vita di trincea - «Ti faccio sapere quello che ho sofferto questi due mesi non ho visti in tempo della mia vita...»
Nordpress Edizioni
pagg. 128 ill.
Prima edizione: maggio 2007
Formato: 16,5x24
ISBN 9788888657660
euro 18,50

 

Soldati disperati, preda di paure, attese angoscianti, visioni terrificanti; giovani militari miracolosamente scampati eppure annientati. Vivevano tra pidocchi e cascami, dormivano tra i topi e sopravvivevano di ranci improbabili, talvolta sognavano a occhi aperti fissando un cielo stellato, pensando al giorno in cui le risposte sarebbero arrivate.

Assieme al sonno, la scrittura era il dialogo con la salvezza: ecco perché tutti, compresi gli analfabeti, si aggrapparono disperatamente alle parole. Scrivere a casa, dunque, ma anche scrivere per il solo piacere di farlo, per ordinare e calmare il pensiero, perennemente attratto dalla paura di non tornare più indietro una volta iniziata la corsa nella terra di nessuno.

 

Dall’opera

«La voce, il fiato, l’intelligenza non servono più a nulla in trincea. A cosa poteva servire il coraggio? Magari si era riusciti a “sfuggire” alla morte durante i tanti assalti fatti contro la trincea nemica, si era tornati illesi dalla posa dei tubi di gelatina sotto i reticolati e giustamente ci si sentiva degli eroi; ma all’improvviso arrivava la morte, magari mentre non si “faceva la guerra”, magari mentre si fumava o si scriveva a casa».

 

DA VEDERE

MOSTRA PERMANENTE DELLA GRANDE GUERRA IN VALSUGANA E LAGORAI

 L'esposizione, inaugurata nell’ottobre 2002, è stata ampliata e radicalmente rinnovata nella forma attuale a fine 2005. E' allestita a Borgo Valsugana (TN), presso l'Ex Mulino Spagolla in Vicolo Sottochiesa 11 ed è curata dall'ASSOCIAZIONE STORICO CULTURALE DELLA VALSUGANA ORIENTALE E DEL TESINO (tel. 0461 - 754052).

VISITA IL SITO:
http://www.mostradiborgo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5&Itemid=6

 

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I MUSEI

MUSEO DELLA GUERRA BIANCA IN ADAMELLO - TEMU' (BS)
http://www.museoguerrabianca.it/

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA IN MARMOLADA
http://www.museo.marmolada.com/

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA TIMAU
www.carniamusei.org/guerra.html

IL PICCOLO MUSEO DELLA GRANDE GUERRA- SAPPADA (BL)
http://www.ilpiccolomuseodellagrandeguerra.it/

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA DI CORTINA
http://www.cortinamuseoguerra.it/

MUSEO STORICO ITALIANO DELLA GUERRA - ROVERETO (TN)
http://www.museodellaguerra.it/

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA - CAORIA (TN)
http://www.alpinicaoria.it/museogu/museo.htm

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA DI ROANA (VI)
http://www.comune.roana.vi.it/rete_civica/turismo/musei/guerra.html

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA DI CRESPANO (TV)
http://www.comune.crespano.tv.it/museo_resistenza/Pagine/museo.htm

MUSEO DELLA GRANDE GUERRA DI GORIZIA
http://www.immaginidistoria.it/luoghi1.php?id=23

FORTE BELVEDERE - LAVARONE (TN)
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