I soldati dimenticati della Valle ImagnaIl piccolo comune di Sant’Omobono Terme, in provincia di Bergamo, ha recentemente dedicato un'accurata pubblicazione in memoria dei suoi caduti e reduci delle guerre del Novecento. Un esempio da imitareNella Valle Imagna, poco più a Nord di Bergamo, sorge Sant’Omobono Terme, un piccolo comune che oggi conta circa 3200 abitanti. Un posto relativamente tranquillo, lontano dal caos delle metropoli moderne. Circa 90 anni fa, quando la Grande Guerra svolgeva le sue sanguinose trame sui fronti di mezza Europa, l’attuale Sant’Omobono era frazionato nei tre comuni di Selino, Cepino e Mazzoleni, che sarebbero stati unificati in una singola entità amministrativa solo nel 1927, in epoca fascista. I tre villaggi dovevano essere centri agricoli collinari come tanti altri in quell’ameno angolo di Lombardia Orientale, dove al tempo degli antenati avevano prosperato i Galli Cenomani. Pochissimi, probabilmente nessuno, i veicoli a motore, ancora rari e preziosi come gemme misteriose e inquietanti. Sentieri e strade sterrate percorsi da carretti trainati da cavalli o buoi, e guidati da contadini carichi di fatica. Nell’Anno Domini 1915, i paesi bergamaschi in seguito uniti sotto il nome Sant’Omobono dovevano formare uno dei quei luoghi in cui ancora si viveva un tempo quotidiano senza catene, scandito dal susseguirsi dei cicli naturali, dal rincorrersi del sole e della luna, come dal carosello delle stagioni. Uno di quei paesi, insomma, in cui mai e poi mai uno si immaginerebbe che la guerra possa arrivare. Gli abitanti della zona proseguivano la loro placida vita anche se da diversi mesi giungevano notizie sul conflitto che dall’agosto 1914 vedeva già impegnate le maggiori potenze europee. Mentre si campava ripetendo gesti antichi, come intagliare il legno o cavar pietre dal sottosuolo, si sentivano le lontane eco di una catastrofe incredibile. Dai pochi giornali circolanti in quei tempi si apprendeva che da qualche parte, molto lontano dalla propria casa, la tal nave era stata affondata da uno strano battello che navigava sotto la superficie del mare. Altrove, nella mitica Parigi, gli abitanti si erano spaventati a morte perchè un tedesco dal nome difficile era arrivato fin sopra alle loro teste a bordo di uno di quei nuovi affari che volavano come aquile...aeroplani li chiamavano, o qualcosa del genere. In un altro posto, dove correva un fossato lungo molto più che da qui a Bergamo, tanti soldati erano morti soffocati da un diabolico fumo che bruciava gli occhi. “Dove si sarebbe andati a finire?”, pensavano quei contadini, quegli artigiani, quei minatori...I segnali si fecero sempre più preoccupanti, finchè da una capitale lontana si decise che anche quei tranquilli villaggi sarebbero stati scagliati nel disastro. UN BRUTTO GIORNO DI PRIMAVERA...Arrivò così quel brutto giorno di primavera, il 24 maggio 1915, in cui il Regno d’Italia non volle essere da meno delle altre potenze e si buttò a capofitto nella gigantesca rissa fra nazioni. Nei seguenti tre anni e mezzo anche i giovanotti di Sant’Omobono parteciparono loro malgrado a quel macello e alla fine della guerra si contarono i morti. Dagli elenchi ufficiali, per la Prima Guerra Mondiale i caduti dei villaggi riuniti successivamente in Sant’Omobono Terme assommano a 66. Uomini e ragazzi strappati ai loro cari, con gravi conseguenze anche sui bilanci famigliari, data la sottrazione all’economia locale di decine di giovani lavoratori, molti dei quali erano già padri. Il più “anziano” tra coloro che non tornarono più era un certo Angelo Manini, nato il 2 agosto 1879, che morì sulla soglia della quarantina. Il più giovane era invece poco più che un ragazzino. Si chiamava Fioravante Frosio ed era venuto al mondo il 4 dicembre 1900, all’alba di quel secolo XX che doveva suscitare speranze di progresso, ma che invece si rivelò una foresta di lupi. Questi due caduti rappresentano in piccolo, per il comune della Valle Imagna, gli estremi anagrafici del generale assottigliamento numerico che subì in quei tempi la popolazione maschile europea. Con la Grande Guerra, infatti, l’Europa vide praticamente decimata un’intera generazione di giovani uomini in età militare, quelli nati più o meno fra il 1870 e il 1900, e che quindi durante il conflitto 1914-1918 avevano grossomodo fra i 18 e i 48 anni.
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I soldati dimenticati della Valle ImagnaIl piccolo comune di Sant’Omobono Terme, in provincia di Bergamo, ha recentemente dedicato un'accurata pubblicazione in memoria dei suoi caduti e reduci delle guerre del Novecento. Un esempio da imitareNella Valle Imagna, poco più a Nord di Bergamo, sorge Sant’Omobono Terme, un piccolo comune che oggi conta circa 3200 abitanti. Un posto relativamente tranquillo, lontano dal caos delle metropoli moderne. Circa 90 anni fa, quando la Grande Guerra svolgeva le sue sanguinose trame sui fronti di mezza Europa, l’attuale Sant’Omobono era frazionato nei tre comuni di Selino, Cepino e Mazzoleni, che sarebbero stati unificati in una singola entità amministrativa solo nel 1927, in epoca fascista. I tre villaggi dovevano essere centri agricoli collinari come tanti altri in quell’ameno angolo di Lombardia Orientale, dove al tempo degli antenati avevano prosperato i Galli Cenomani. Pochissimi, probabilmente nessuno, i veicoli a motore, ancora rari e preziosi come gemme misteriose e inquietanti. Sentieri e strade sterrate percorsi da carretti trainati da cavalli o buoi, e guidati da contadini carichi di fatica. Nell’Anno Domini 1915, i paesi bergamaschi in seguito uniti sotto il nome Sant’Omobono dovevano formare uno dei quei luoghi in cui ancora si viveva un tempo quotidiano senza catene, scandito dal susseguirsi dei cicli naturali, dal rincorrersi del sole e della luna, come dal carosello delle stagioni. Uno di quei paesi, insomma, in cui mai e poi mai uno si immaginerebbe che la guerra possa arrivare. Gli abitanti della zona proseguivano la loro placida vita anche se da diversi mesi giungevano notizie sul conflitto che dall’agosto 1914 vedeva già impegnate le maggiori potenze europee. Mentre si campava ripetendo gesti antichi, come intagliare il legno o cavar pietre dal sottosuolo, si sentivano le lontane eco di una catastrofe incredibile. Dai pochi giornali circolanti in quei tempi si apprendeva che da qualche parte, molto lontano dalla propria casa, la tal nave era stata affondata da uno strano battello che navigava sotto la superficie del mare. Altrove, nella mitica Parigi, gli abitanti si erano spaventati a morte perchè un tedesco dal nome difficile era arrivato fin sopra alle loro teste a bordo di uno di quei nuovi affari che volavano come aquile...aeroplani li chiamavano, o qualcosa del genere. In un altro posto, dove correva un fossato lungo molto più che da qui a Bergamo, tanti soldati erano morti soffocati da un diabolico fumo che bruciava gli occhi. “Dove si sarebbe andati a finire?”, pensavano quei contadini, quegli artigiani, quei minatori...I segnali si fecero sempre più preoccupanti, finchè da una capitale lontana si decise che anche quei tranquilli villaggi sarebbero stati scagliati nel disastro. UN BRUTTO GIORNO DI PRIMAVERA...Arrivò così quel brutto giorno di primavera, il 24 maggio 1915, in cui il Regno d’Italia non volle essere da meno delle altre potenze e si buttò a capofitto nella gigantesca rissa fra nazioni. Nei seguenti tre anni e mezzo anche i giovanotti di Sant’Omobono parteciparono loro malgrado a quel macello e alla fine della guerra si contarono i morti. Dagli elenchi ufficiali, per la Prima Guerra Mondiale i caduti dei villaggi riuniti successivamente in Sant’Omobono Terme assommano a 66. Uomini e ragazzi strappati ai loro cari, con gravi conseguenze anche sui bilanci famigliari, data la sottrazione all’economia locale di decine di giovani lavoratori, molti dei quali erano già padri. Il più “anziano” tra coloro che non tornarono più era un certo Angelo Manini, nato il 2 agosto 1879, che morì sulla soglia della quarantina. Il più giovane era invece poco più che un ragazzino. Si chiamava Fioravante Frosio ed era venuto al mondo il 4 dicembre 1900, all’alba di quel secolo XX che doveva suscitare speranze di progresso, ma che invece si rivelò una foresta di lupi. Questi due caduti rappresentano in piccolo, per il comune della Valle Imagna, gli estremi anagrafici del generale assottigliamento numerico che subì in quei tempi la popolazione maschile europea. Con la Grande Guerra, infatti, l’Europa vide praticamente decimata un’intera generazione di giovani uomini in età militare, quelli nati più o meno fra il 1870 e il 1900, e che quindi durante il conflitto 1914-1918 avevano grossomodo fra i 18 e i 48 anni.