La logica del dono

Se tutto è effimero, tutto è permesso?


 Se tutto è effimero, tutto è permesso?E' il tempo di una "Nuova pietas"
  Pochi giorni fa ho lasciato un commento a un post (fabpat72). L'autore, in modo molto intelligente e parlando della quotidianità, metteva al centro della riflessione la drammatica e direi angosciante esperienza che la vita ci impone: "Nulla è per sempre". Tale esperienza, di cui l'uomo del secolo scorso è stato testimone privilegiato e che oggi si impone quotidianamente, sconvolge le nostre chiavi relazionali, terremota atteggiamenti e comportamenti che sembravano definitivamente consolidati. Ebbene, riprendo il tema e, rielaborando il commento, lo presento ai lettori. "Panta rei", dunque nulla è immutabile, duraturo; nulla è "per sempre, ogni cosa, noi stessi non siamo che un soffio, fior d'un giorno. Ecco l'affermazione dell'uomo postmoderno. Viene in mente Eraclito, l'esistenzialismo di stampo tragico, sartreano, pure il nostro Leopardi...Oggi tale tesi ha acquisito una rilevanza di portata universale. Si può dire che, con la caduta del "pensiero forte" cioè il crollo del pensiero metafisico il quale, sottolineando il discurso dell'essenza (natura immutabile delle cose), pretendeva, in certo modo, "surgelare" il reale, oggi la "leggerezza dell'essere", l'"effimerità" del tutto non è più discutibile. Uno degli agenti principali di questo nuovo e stravolgente orizzonte è, indiscutibilmente, la tecnica.Ormai da tempo, la ragione "fondazionista", la ragione Occidentale che, da Platone in poi andava alla caccia di "fondamenti ultimi", incontrovertibili, ha mostrato i suoi limiti e dunque non può vantare l'autorità dei secoli precedenti.Tutti i totalitarismi, tanto di destra quando di sinistra, si sono sostanziati dalla "ragione forte". Tale Ragione aveva la pretesa di conoscere il fondamento ultimo del reale e dunque di venire a capo delle leggi dell'essere e, ovviamente, dello sbocco definitivo della Storia. Ebbene, questa ragione monologica, monolitica e onnisciente oggi si è frantumata in mille pezzi e deve accettare umilmente la sua sconfitta. Non per questo però deve smettere di pensare. L'uomo postmoderno, cioè tutti noi, sa e costata sempre di più che "tutto è effimero", mutabile. E' questo un discorso irrefutabile. Solo i tradizionalisti, i conservatori (buona parte della Chiesa) incapaci di riconoscere la forza genesiaca che alimenta il reale, e noi in esso, si aggrappano disperatamente alla metafisica richiamando i rassicuranti "immutabili". Per fortuna, ma non per questo senza rischio, l'uomo d'oggi non crede più al pensiero dell'essenze, delle "nature immutabili", e sebbene il nichilismo, l'ospite con cui dobbiamo fare i conti, mette a rischio tante cose, la tesi del "pensiero debole", cioè che "tutto è effimero", ci ha dato la consapevolezza che siamo senza centro, che, come diceva il vecchio Nietzsche, l'uomo è rotolato dal centro verso una X sconosciuta. Il che significa che non c'è più centro indiscusso per noi. Ci siamo "slegati" da tutti "gli assoluti terrestri" costruiti dalla DEA RAGIONE. Le autostrade di acciaio (filosofie, ideologie e politiche inumane) che la modernità arrogantemente aveva costruito, si sono rivelate di plastica biodegradabile, insomma "fumo".
LA "NUOVA PIETAS". Nel grande disincanto - nulla dura per sempre - non v'è più bussola che orienti. Tuttavia, - ed ecco una lettura positiva del nuovo momento storico - si deve sostenere che, se tutto è effimero, non per questo è banale, superficiale o di poco conto. La tesi è questa: il reale, perché effimero e dunque manifestazione di ciò che è ma poteva non essere, è appunto prezioso, non è da sottovalutare o disprezzare. Potendo no essere, invece è. Da questa prospettiva - direi francescana - l'effimero è un invito a stupirsi, meravigliarsi e a pensare e comportarsi altrimenti.E' un dono, un evento. Espressione di una gratuità di cui non possiamo rendere conto, l'effimero  è sì da "fruire", ma non da usufruire; realtà passaggera di cui dobbiamo godere ma senza possedere. Caro lettore, se tutto è effimero, forse è arrivato il tempo di una "nuova pietas", il che significa, prendersi cura del finito senza considerarlo mai un assoluto. Forse è tutto qua il segreto di una vera libertà, della capacità di "cogliere l'attimo fuggente" e del vivere serenamente il "carpe diem". Una nuova pietas: accogliere ciò che muore e rispettarlo proprio perché effimero, non-eterno, fior di un giorno.Se tutto è effimero ma non di poco conto, allora la sfida è farsi carico della fragilità del relativo, senza confonderlo mai con l'assoluto; prendersi cura della contingenza senza identificarla con il necesssario.  Una sfida che i tradizionalisti di tutti i colori, Chiesa inclusa, non accetteranno facilmente, poiché implica un esercizio della libertà che non ha altro fondamento che la gratuità e la responsabilità. Si tratta dunque di una "Nuova pietas" all'insegna del dono e dello stupore.In un mondo in cui tutto è effimero, non tutto è permesso poiché l'asse portante è la libertà creativa, che, all'insegna della gratuità che l'avvolge - perché nulla è necessario, ma tutto è potendo non essere, incluso noi stessi - bonifica il reale accogliendo e promuovendo il finito, il quale, non perché effimero è di poco conto. Voluto da Colui che poteva non volerlo o volerlo diversamente, l'effimero cella in sé un segreto che la libertà è chiamata a custodire, non a cancellare o a sbiadire.