La logica del dono

Suggestioni francescane dall'ottica della gratuità

 

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dono di sé

Dio non ama il dolore, la sofferenza, la morte. Dio non è un padre-padrone che per vivere richiede il sangue dei suoi figli. Dio non ama i chiodi perché non è un boia assettato di vendetta. La croce è - e chi ama intensamente lo sa - il luogo definitivo in cui si autentifica l’amore che l’A/amante ha per l’altro.


Dire che Dio assunse la croce non deve significare una magnificazione del dolore, della croce, né la sua eternizzazione. Significa solamente "quanto Dio amò i sofferenti". Egli soffre e muore insieme. Dunque non è dolorismo, né magnificazione del negativo. Significa che amare è dare la vita, non risparmiarsi nulla, offrire tutto se stesso. Ecco la croce. Vivere così significa essere più forte della morte.



E davanti al mistero del dolore e della sofferenza di millioni di uomini e di donne e della difficoltà nella lotta, ciò che conta non è chiedere a Dio di salvarci dalle onde pericolose, ma liberarci dalla paura che ci paralizza e, incorporando la logica del dono, evitare altre croci.

 

 

ULISSE, DA ITACA A ITACA.

METAFORA DEL NARCISISMO: DALL'IO ALL'IO

Ulisse, da Itaca ad Itaca

 

 

 

Confucio (V sec. aC)

 

"E molto più importante accendere una piccola candela che maledire l'oscurità". L'aforisma è di Confucio, maestro cinese. Ebbene, in un tempo come il nostro, in cui sembra che siamo sempre più immersi nel buio (sociale, politico, economico, e anche geologico) vale di più una candelina invece di mille fiammeggianti proteste contro le tenebre


 

ABRAMO, DAL NOTO ALL'IGNOTO. ESODO SENZA RITORNO

 

DAL NOTO ALL'IGNOTO, DALLA SICUREZZA DEL SISTEMA ALLA LIBERTA' ARTEFICE DEL VOLTO UMANO, CREATRICE UNICA DEL NOSTRO DESTINO. CAMMINARE A PIEDI NUDI, COME FRANCESCO, IL POVERELLO, ALIMENTANDOSI DEL PANE DI COLUI CHE E' ORIGINE E META, ALFA E OMEGA, TORMENTO E GOIA, ALTRIMENTI.......

 

 

NIETZSCHE, PROFETA DEL NICHILISMO

 

Nichilismo vuol dire che i supremi valori si svalutano, che manca la risposta al perché, che non esiste nulla di assoluto e incontrovertibile. Nichilismo vuol dire che il mondo dei valori metafisici, morali e religiosi si sono frantumati in mille pezzi. Vuol dire che dell'esere non ne rimane più nulla.

La proposta scandalizza la Chiesa, i moralisti e tutti coloro che credono ancora in una Ragione forte, fondazionistica. Ma forse, dopo i genocidi e gli olocausti del Novecento, dopo le grandi ideologie (destra e sinistra) che con i suoi "valori supremi e sacri" ci hanno fatto a pezzi e condannato alla morte una schiera infinita di donne e di uomini innocenti, il nichilismo, pur senza misconoscere i rischi, sia uno stile, un "modus vivendi" che protegge la differenza, cioè la diversità e impedisce l'omologazione.

 

E questo e già un motivo di nobiltà rispetto a tutte le logiche massificanti, siano di destra o di sinistra, cioè alla pretesa del pensiero unico, il quale considera la diversità pericolosa, ingombrante e dunque da cancellare al più presto. La singolarità del singolare è non solo un diritto inalienabile ma anche un obbligo improrrogabile.

 

Finalmente possiamo navigare in un mare infinito, aperto, senza confini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'uomo, un ponte tra due infiniti.

 

 

 

Sul volto

Il volto non ha forma, propriamente parlando, cioè va sempre oltre, sfugge. Nessun contorno lo definisce adeguatamente. Il volto non è la configurazione facciale. L’esperienza di ogni giorno ci dice che il volto non è semplicemente l’accostamento di due occhi, un naso, una bocca. Sappiamo che i tratti che lo rinchiudono in contorni non sono mai soddisfacenti, non rendono mai pienamente la presenza, il mistero.

 Perché il volto non ha forma? Perché è essenzialmente aperto, è una finestra imprevedibile che suggerisce paesaggi ignoti. Il volto, detto altrimenti, è strappo nella continuità dell’essere, mentre invece, la forma rende rigido, fermo, chiuso...

Ed ecco che l’incontro di un volto viene ad aprire il mondo, poiché è esso stesso incontro di un mondo.

 

IL NOSTRO PRECARIO EQUILIBRIO

 

 

L'uomo non è una mera parte misurabile del mondo, ma è un mondo mirabile a parte. Tutto, sempre, da riconstruire. Nella storia come cantiere, esercitando la prossimità oltre ogni confine e frontiera e nella speranza ogni giorno rinascente. Se l'uomo non mira ad essere di più, si sentirà un di-più sartreano, cioè "una passione inutile", è rischierà di non essere mai più.

 

 

 

CHE O CHI VOGLIAMO RAGGIUNGERE?

dove vogliamo arrivare?

La natura ci parla

 

Dice H. Hess: "Gli alberi sono sempre stati per me i più persuasivi predicatori. Io gli adoro quando stanno in popolazioni e famiglie, nei boschi e nei boschetti. E ancora di più li adoro quando stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come eremiti che se la sono svignata per qualche debolezza, ma come grandi uomini soli, come Beethoven e Nietzsche. Mirano con tutte le loro forze vitali, a un'unica cosa: realizzare la legge che in loro stessi è insita, costruire la propria forma, rappresentare se stessi. Nulla è più sacro, nulla è più esemplare di un albero bello e robusto.

 

FACEBOOK

 
 

 

 

 

Quando Rembrandt dipinge nudo il corpo della sua amata Betsabea, questa è come rivestita di gloria dalla qualità dello sguardo che il suo amante porta su di lei e che, senza cancellare il Desiderio, si traduce con la qualità della luce che gronda sulla sua pelle, sulla sua carne celebrata.

Quando è percepito a partire dal Volto, il corpo dell'altro, nella sua nudità, può essere guardato senza inverecondia, senza la pretessa di possedere. Il corpo denudato può essere onorato dallo sguardo che lo percepisce a lo accoglie come espressivo, tutto intero espressione di una presenza personale, di un mistero che si svela ma non si esaurisce nel corpo.

Esso è allora come rivestito dalla qualità di quello sguardo, rivestito di Bellezza, se si intende con questa "la forma che l'amore dà alle cose". Il Desiderio non sarà assente da un tale sguardo, poiché c'è sempre una parte di desiderio nell'esperienza della Bellezza; ma il Desiderio, da tale prospettiva e atteggiamento, non è solo "pulsione libidinale", concupiscenza, cioè appettito: è anche celebrazione, riconoscenza, omaggio, fervore.

Sguardo e atteggiamento dunque più disposti ad accogliere il corpo dell'altro che non ad appropriarselo.

 

Tu farai del mio corpo il tuo giardino più caro (E.Jabès)


Lo so, vi toccate beati così, perché la carezza trattiene, perché non svanisce quel punto che, teneri, coprite; perché in quel tocco avvertite, il permanere puro. E l'abbraccio, per voi, è una promessa quasi d'eternità, (R. M. Rilke)

Il pensiero di Rilke ci aiuta a pensare la Carezza non solamente come contatto o tentativo di appropriazione ("mettere le mani sull'altro"), ma, più profondamente, come celebrazione del corpo dell'altro, gesto che lo plasma. E' tentativo di addomesticamento e al tempo stesso esperienza che né l'altro né il suo corpo sono in mio potere o in mio possesso.

Esperienza di spossesso nella più grande delle prossimità. Il che significa che il corpo dell'altro nella sua carne, è là, sotto la mia Mano; e pur tuttavia, è sempre altro, portatore di una vita che sento vibrare in esso ma che rimane per sempre al di fuori del mio potere, inafferrabile, vale a dire alterità in-catturabile.

 

Il Bacio

 

 

Il mio respiro affiorava già l'amizia della tua ferita. E dalle labbra di nebbia discese il nostro piacere alla soglia di duna (R. Char).

 

Posare le labbra sulla pelle o sulle labbra dell'altro/a... Quello che potrebbe essere un atto di divorare (la bocca non serve in primo luogo a ingerire?) diventa invece l'espressione di una vittoria sull'appetito. Non si tratta dunque di divorare, ma piuttosto, paradosalmente, di bere, come si beve una coppa.

Non si tratta più di distruggere ma di venerare. Nel bacio la prossimità è ancora più grande che nella carezza o nell'abbraccio. Rosse e umide, le labbra sono una mucosa: la vita interna del corpo vi affiora.

Abbandonarsi al bacio vuol dire vincere la chiusura dei corpi, non accontentarsi di essere prigionieri del proprio "sacco di pelle", voler passare all'altro/a, conoscerne il gusto, avvicinarne la sostanza.

Scambi di respiri in cui il crescere del Desiderio porta al superamento dell'ordinario disgusto legato a tali contatti. Il bacio sulle labbra è un cominciamento. Sovente annuncia e avvia altri scambi.

Il bacio, spia dell'intimità che, agonicamente e ludicamente, cerca di plasmare, respirando insieme, il cuore e il corpo dell'altro/a.

 

 

La carezza e il femminile

 

 

La carezza - parlo sempre del rapporto eterosessuale - è il reciproco addomesticarsi dei due sessi: dell'uomo da parte della donna, della donna da parte dell'uomo. Ma forse si deve sottolineare che c'è una segreta parentela tra la carezza e il femminile. Non abbiamo tutti ricevuto le nostre prime carezze da una donna?


Ecco che è probabile che nella carezza, l'uomo si metta o abbia a mettersi in modo particolarissimo alla scuola del femminile. Sull'argomento, citiamo le parole di una donna, filosofa che esplora, in quanto donna, delle vie in questo senso.

"L'atto sessuale sarebbe ciò attraverso cui l'altro mi ridà forma, nascita, incarnazione. Anziché provocare la decadenza del corpo, esso partecipa alla sua rinascita. E nessun altro atto lo equivale, in questo senso. Atto massimamente divino. L'uomo fa sentire alla donna il suo corpo come luogo. No solamente il suo sesso e la sua matrice, ma il suo corpo. Egli lo situa nel suo corpo e in un macrocosmo. L'uomo, ricreando la donna dal di fuori, si riscolpisce un corpo. Si ricostruisce un corpo a partire dalla generazione del corpo dell'altra. Servendosi della sua mano, del suo sesso. Sesso non solo per il piacere, ma come strumento di alleanza, di incarnazione, di creazione" (L. Irigaray).

 

 

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Restare? Antropologia e Cristologia

Post n°458 pubblicato il 30 Marzo 2015 da fraeduardo
 

 

 

..........

Mi disse: Chi ama torna. Risposi:

No. Chi si pente torna.

Chi ama resta.

(Antonio Distefano)

 

Tre affermazioni che, dal punto di vista antropologico e esistenziale, impongono una serie di riflessioni, di domande e di risposte che non dovrebbero lasciare indifferente nessuno. Ne va della nostra vita, del nostro comportamento e del volto dell'amato.

Dal versante antropologico il tema ha una rilevanza di portata universale, ma, brevissimamente, diamo adesso, dal punto di vista della fede o religioso, un'occhiata alla cristologia, mettendo al centro il "restare".

Tutti conosciamo il brano del Vangelo in cui la voce della tentazione fa sentire il suo fascino un'altra volta. E' il momento della crocifissione.

"Scende dalla croce". Cosa suggerisce questa voce? Ecco la sua proposta: Salva te stesso, mette al centro il tuo io; l'asse portante della tua vita sono i tuoi interessi; dimentica la volontà dell'Altro; Ciò che conta è la volontà dell'Io, le sue pretese, i suoi affari. Non hai altra "vocazione" che adorare i tuoi capricci e lasciarte guidare dal buon senso, dai "consigli per gli acquisti".

Se fai la volontà dell'Altro sei, direbbe Marx e buona parte della filosofia e della psicologia, "alienato", non sei autonomo, sei un "pagliaccio", un burattino nelle mani di un altro.

La voce della Tentazione ripete un ritornello che noi sentiamo spesso: Come puoi fidarti di un Dio che abbandona i suoi figli a questo orribile tormento? Se questo è un Dio, allora è meglio e più saggio adorare il proprio io. In breve, "lascia perdere" perché la tua è un'avventura destinata al fallimento, all'uomo interessa solo il confort, il benessere, il "mi piace" di FB, fantasticare via internet...

Poi, se tu sei il Figlio di Dio, come tanti dicono, e tu stesso hai detto, allora usa la bacheca magica, usa i miracoli per tirarti fuori da questo macello.

E' questa una tentazione forte, forse la più irrisistibile, la tentazione a cui soccombono quasi tutti i politici: usare il potere per impadronirsi della libertà degli uomini, anestetizzare la loro coscienza, come il Grande Inquisitore di Dostoevskij diceva a suo misterioso e silenzioso prigioniero. "Non sai che gli uomini si inginocchiano e consegnano volentieri la loro libertà all'autorità, al mistero e al miracolo?

Gesù non è sordo a questa voce. La sente, e come!. Tuttavia non cede alla tentazione, non scende dalla croce; non va via, "ma resta".

Da quel momento in poi, una domanda assila il cuore dell'uomo: Illusione? Delirio? Alienazione? Fedeltà? Non è un prezzo troppo alto da pagare per mettere in moto un cambiamento che, guardando come è andato e va questo mondo, non si è mai realizzato?

Rispondere a domande di questo tipo è definirsi. Rispondere è dire da che parte siamo. Rispondere significa mettere in gioco la libertà, prendere una decisione sul nostro comportamento. E' una decisione che incidi inevitabilmente sulla vita degli altri,  

Se Gesù fosse sceso dalla croce, come la tentazione suggeriva; se si fosse allontanato alcuni metri o per pochi secondi, o, mettiamo, per alcuni giorni e poi, pentito ritornasse sui suoi passi, cosa pensare di questo comportamento? E' coerente con il proprio insegnamento? Non sono domande asssurde. E' un tema di attualità, come mette a fuoco il film "L'ultima tentazione di Cristo". 

 

 

Concludo. La croce e il crocifisso esigono, impongono una decisione. Andarsene o restare? Primato dell'io o primato dell'A/altro? Rispondere a domande di questo tipo è auto-definirsi; è dire da que parte siamo; significa interpellare la propria libertà, prendere una decisione che segna per sempre la nostra vita. La pone o sotto l'egida della gratuità o sotto il fascino della logica potestativa. La prima è alterocentrica e oblativa, la seconda, invece, narcisista e autoreferenziale.

"A voi (noi) la scelta", come diceva Platone nella Repubblica, perché nessun "dio" può decidere per voi (noi).

 

 

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Commenti al Post:
alba.estate2012
alba.estate2012 il 30/03/15 alle 13:55 via WEB
Gesù ha scelto di restare per salvare l'intera umanità dai peccati, si è sacrificato per la nostra salvezza; è una prova di infinito amore. Buon pomeriggio, un abbraccio, Antonella
 
missely_2010
missely_2010 il 30/03/15 alle 14:04 via WEB
pace e bene fratello.
 
soleluna140
soleluna140 il 30/03/15 alle 17:27 via WEB
A livello mentale l’uomo può ragionare e può scegliere. Questo è un riflesso dell’intelletto e della libertà di Dio. Ogniqualvolta qualcuno inventa qualcosa sta dichiarando il fatto che siamo stati creati a immagine di Dio. A livello morale, l’uomo fu creato nella giustizia e nella perfetta innocenza: un riflesso della santità di Dio. Dio vide tutto quello che aveva fatto e disse che era “molto buono” (Genesi 1:31).La nostra coscienza ha origini nella nostra creazione.Di conseguenza si è facile cadere in tentazione, e non solo, peccare, ma ricordiamoci sempre che l’uomo è stato è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella santità.Le auguro una felice serata, m.patrizia.
 
vera5090
vera5090 il 31/03/15 alle 01:18 via WEB
Salve Fra Edoardo...E' vero che" chi ama resta..".ma la nostra fragilità umana ci porta anche a sbagliare e allora "chi ama torna..."..un abbraccio
 
gesu_risortoannunz1
gesu_risortoannunz1 il 31/03/15 alle 18:39 via WEB
Cristo Gesù, Signore della Croce, tu che con il tuo sacrificio hai redento noi peccatori, hai salvato la maggior parte dell’umanità dalle tenebre, insegnaci ad amare, insegnaci il perdono, insegnaci a capire e comprendere il prossimo. Allontana da noi tutto ciò che non viene da te. Fa della nostra vita un esempio di correttezza e d’amore. Signore, accogli le nostre preghiere, fa che tutti gli uomini riescano a portare a casa il far bisogno giornaliero. Illumina i nostri governanti, i politici, le persone che stanno al potere e ai posti di comando, ricordagli che ci sono milioni di persone che dipendono da una loro decisione. Fa che non continuino a giocare con le nostre viti, con il nostro sudore con i nostri sacrifici. BUONA PASQUA
 
missely_2010
missely_2010 il 01/04/15 alle 12:19 via WEB
buon giorno a te^^.
 
gaza64
gaza64 il 01/04/15 alle 16:36 via WEB
Il concetto che ricordo meglio, e che mi ha dato da pensare per lungo tempo dai tempi del catechismo per la prima comunione, è quello di coerenza.
Andavamo a casa della catechista e lì, mentre imparavamo a lavorare all'uncinetto per confezionare dei piccoli quadrati di lana variopinta che, una volta cuciti insieme, avrebbero formato delle coperte per i poveri, ci raccomandava di essere coerenti.
E sono serviti anni, appunto, per far mio un concetto tanto complesso quale quello della croce e della scelta che essa comporta, una volta saliti su di essa: un po' come finire quella coperta e perseguire lo scopo che ci eravamo prefissi, essendo buono e giusto.
Ne approfitto per augurarle una serena Pasqua. Con stima, Gabriella.
 
alba.estate2012
alba.estate2012 il 01/04/15 alle 20:38 via WEB
una domanda assila il cuore dell'uomo: Illusione? Delirio? Alienazione? Fedeltà? Secondo me è fedeltà! Anche se il mondo sta andando così male.. la vita terrena finirà per tutti ma per chi vivrà per amore di Dio raggiungerà la vera felicità. Buona serata, Antonella
 
alba.estate2012
alba.estate2012 il 02/04/15 alle 20:53 via WEB
Buona serata Fraeduardo, che sia ricca di serenità e amore. Antonella
 
alba.estate2012
alba.estate2012 il 03/04/15 alle 10:35 via WEB
Un abbraccio e buon venerdì Santo di pace e amore.. Ciao Antonella
 
soleluna140
soleluna140 il 03/04/15 alle 11:57 via WEB
Cristo è risorto. La Sua presenza è e si manifesta in ogni cosa vivente, in ogni insetto, in ogni foglia, nel canto degli uccelli, un augurio con tutto il cuore di pace e di gioia pura, m.patrizia.
 
debora.candiotto
debora.candiotto il 03/04/15 alle 15:02 via WEB
Anche se la scelta è sempre difficile io scelgo RESTA... Resto vicino a chi amo nel momento del bisogno.. Resto davanti alle difficoltà... RESTO!!!
 
melissa38m
melissa38m il 03/04/15 alle 18:01 via WEB
è sempre emozionante leggerti....Un augurio affettuoso affinché la Pace e la Pura Gioia che la Pasqua dona al cuore restino ad illuminare ogni giorno della tua vita. Buona Pasqua caro a te e famiglia-angela
 
Acquamarina.0
Acquamarina.0 il 04/04/15 alle 13:55 via WEB
Buona Pasqua di Pace è Serenità clicca
 
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INFO


Un blog di: fraeduardo
Data di creazione: 07/11/2009
 

ASCOLTIAMO LA SAGGEZZA

Un giorno la Saggezza si avvicinò all'uomo e disse: "Tu non puoi scherzare con l'Animale che dimora dentro di te, senza diventare come lui. Tu non puoi scherzare con la Menzogna, senza perdere il diritto alla Verità. Tu non puoi scherzare con la Crudeltà, senza pervertire ciò che ti fa essere umano, cioè la Tenerezza. Se vuoi vedere pulito il tuo giardino, non puoi lasciare spazio alle erbacce".

L'uomo se ne andò pensando: "La Saggezza è molto astuta, lavora continuamente all'inganno di noi stessi. Non dobbiamo prenderla troppo sul serio".

 

 


 

FEELINGS

 

Il regista Ingmar Bergman, all'inizio del suo film Scene da un matrimonio, pone come didascalia quest'espressione: "Analfabeti in amore". A quest'analfabetismo oggi si deve aggiungere lo scetticismo e il primato della logica del "usa e getta" che fa dell'altro uno strumento in funzione della realizzazione dell'io. Tali ingredienti sono alla base della carenza endemica della gioia di essere e dello slancio vitale di una epoca veramente paradossale. Tanto confortevole e tanto sconfortata; tanto frenetica quanto ermetica

L'amore è invece un mettersi nella pelle dell'altro. E' amorevolezza, come amare l'altro non a modo mio, ma a modo suo, cioè a misura dei suoi bisogni anche se non espressi. Afferma Dante nella terza Cantina: "Già non attendere'io la tua dimanda/s'io mi intuassi, come tu t'inmii" (Par, 9, 80-81). E ciò significa che l'essere umano ha la capacità esodale, cioè la capacità di uscire da sé e andare verso l'altro, la capacità di intuarsi, di essere presente nel tu, ma paradossalmente, senza mai invadere o possedere.


Finiamo dicendo che "amare è donare l'essere" e il dono non si identifica con il regalo. E' l'offerta dell'essere, diversa dall'offerta dell'avere. Affermava A. Einstein: "Il problema impellente di oggi non è quello dell'energia atomica, ma quello del cuore umano". Si tratta dell'amore che è sì sentimento, ma è anche, e fondamentalmente, volontà di promozione dell'altro.

 

STEMMA E FIRMA DI SAN FRANCESCO

Le due lingue originali della Bibbia - l'ebraico e il greco - hanno in comune una lettera dell'alfabeto, il Tau. Questa lettera occupa un posto importante nella vita e nel comportamento di san Francesco: questi non solo ne fa uso frequente, ma manifesta per tale segno un vero affetto, addiritura una devozione.

"Con tale sigillo - dice il suo biografo Tommaso da Celano - Francesco firmava le sue lettere, tutte le volte che per necessità o per spirito di carità, spediva qualche suo scritto".


Con esso - scrive san Bonaventura - Francesco dava inizio alle sue azioni". Ebbene, io, Fra Eduardo, frate periferico e peccatore, raccolgo l'eredità del mio fratello Francesco e al solito posto della foto del Blog (batezzato "gratitudine") inserisco il Tau dando pure inizio all'azione che, ovviamente, si muove o percorre il sentiero della riflessione.

Pensare è un atto etico - diceva E. Lévinas - ma per un francescano non è soltanto un atto etico, è, anzitutto, ringraziare perché consapevole della gratuità che ci avvolge e ci nutre senza posa.

Le nostre riflessioni, senza grandi pretese, ma non per questo senza un certo "rigore teoretico", faranno leva sulla logica del dono, logica che Francesco, sulla scia dell'Amante, ci ha lasciato come la sua lezione più bella.

 

AVERE E POSSEDERE

L'equazione freudiana di denaro=feci è una critica implicita al funzionamento della società borghese e alla sua mania di possesso. Il denaro, come simbolo di possesso, significa per Freud che la persona ossessivamente preoccupata dall'avere e dal possedere è nevrotica e ha un carattere preadulto. E se la maggioranza delle componenti di una società sono intaccate da questo male, allora ci troviamo di fronte ad una società malata.

Certo che l'ermeneutica freudiana si può mettere in discussione, ma  è ovvio che la società occidentale è succube della patologia dell'avere. Sono ciò che ho; più ho dunque più sono. Il primato del quantitativo a detrimento del qualitativo. Ecco l'equazione: Avere=Essere. Ma tale logica è umanizzante?

Merita di essere meditata la descrizione che Albert Camus, scrittore e filosofo franco-argerino, dava di se stesso: "Io non so possedere. Di quel che ho, e che mi viene offerto senza che io l'abbia cercato, non posso conservare nulla. Sono avaro di quella libertà che sparisce non appena comincia l'eccesso dei beni" .

 

USA - J (G)ET-TA

 

 

 

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BENEDIRE LA MATERIA

 

Francesco, configurato dalla logica del dono, incarna una nuova pietas, cioè dal divino verso l'umano. Dunque, non "fuga mundi", come invece era lo stile di vita (e di pensiero) dei monaci del tempo e di una chiesa di stampo più greco-manichea che cristica. Sguardo rivolto verso il mondo, promozione della civitas terrena sotto il segno dell'armonia con il divino e della sintonia con l'umano è la logica con cui Francesco umanizza il suo volto e ricupera un mondo bello, innocente, sbiadito o demonizzato dalla teologia e dalla spiritualità del suo tempo. Si tratta di comunione e partecipazione quindi assenza di alienazione, né verticale né orizzontale. Francesco è pure per noi, uomini postmoderni, una nuova pietas. Sa accogliere e promuovere la terra senza dimenticare il cielo e viceversa, cioè accogliere e benedire la materia senza accantonare o misconoscere lo spirito.  Ecco la domanda: Non è il desiderio dell'uomo d'oggi di celebrare il relativo senza perdere di vista l'assoluto? Non è il suo anelito dare spazio all'Assoluto e fruire pure del contingente? In breve, trovare Dio senza perdere il mondo? 

 

PROSSIMITÀ: DARE SENZA NULLA CHIEDERE IN CAMBIO

 

L'alternativa per uscire dalla logica di Prometeo, di Sisifo e di Narciso, fino ad oggi paradigmi antropologici della cultura occidentale, è assumere la logica della gratitudine cioè la logica della mano aperta, della prossimità senza confini.

Prossimo non è l'uomo della nostra fede, né della stessa razza, né della stessa famiglia: è ogni uomo fin dal momento in cui io mi avvicino a lui, poco importa la sua ideologia o la sua confesione religiosa, la sua etnia o la sua biografia.

 

AMORE VUOL DIRE ESSERE

Amore, una sorte di rottura di sé perché l'altro lo attraversi

SONO PERCHE' AMO; SONO NELLA MISURA IN CUI AMO

Sono ciò che amo

Non cogito ergo sum ma, piuttosto, diligo ergo sum. L'atto di amore è la più salda certezza dell'uomo, il cogito esistenziale irrefutabile: Io amo, quindi l'essere è, e la vita vale (la pena di essere vissuta).

 

J-P. Saretre, il filosofo francese esistenzialista, libero dall'acussa di romanticismo, afferma: "La mia esistenza è, perché chiamata. Mentre prima di essere amati, eravamo inquieti per questa protuberanza ingiustificata, ingiustificabile, che era la nostra esistenza, mentre ci sentivamo "di tropp" ora sentiamo che questa esistenza è ripresa e voluta nei suoi minimi particolari da una libertà assoluta che essa condiziona nello stesso tempo - e che è proprio non vogliamo con la nostra libertà. E' questo il fondo della gioia d'amore, quando esiste: sentirci giustificati d'esistere".

L'amore: incontro di due salive? E. Michael Cioran

 

 

PELLEGRINA O FUGGITIVA? NOMADE O TURISTA?

isolamento

 

Accogliere e proteggere?

O

Possedere e soffocare?

 

 

 

 

 

Ma che abbiamo noi tutti, poveri umani

da volerci stringere gli uni contro

gli altri? (A. Cohen)

 

 

 


 

HA LA VITA UMANA UN SENSO? SI O NO?

 

Forse la tragedia dell'uomo moderno è dovuta al fatto che egli ha dimenticato di domandarsi: chi è l'uomo? L'incapacità di trovare la propria identità, di sapere che cosa è l'autentica esistenza umana, lo spinge ad assumere una falsa identità, a fingere di essere ciò che è incapace di essere o a non riuscire ad accettare ciò che si trova alla vera radice del suo essere.

L'uomo

nella sua angoscia

è un messaggero

che ha dimenticato

il messaggio" (J. A. Heschel).

 

Il Diogene contemporaneo, come il saggio greco, è in affanosa ricerca dell'uomo. E invece dell'uomo trova le sue maschere vuote: etichette e funzioni, misure e classificazioni. E il titolare di queste qualità è ridotto all'inconsistenza interiore. Non sa donde viene né dove va. Senza imbocco e senza sbocco. Cioè senza senso. Il Diogene contemporaneo si ritrova con la lampada perfezionata (razionalità scientifico-tecnologica), ma con l'oggetto della sua ricerca desintegrato.

 

L'UOMO NON È SISIFO

Sisifo

L'uomo del primo secolo si preocupava della morte e della immortalità; l'uomo del sedicesimo secolo si preoccupava della colpa e del castigo; l'uomo del ventesimo secolo è turbato dalla minaccia di mancanza di significato. Il paradigma antropologico sembra essere Sisifo, colui che è condannato a vivere l'eterno ritorno dell'identico.

Ha davvero ragione A. Camus quando scorge il simbolo dell'umanità nella figura di Sisifo, che si ostina a rotolare il sasso in su verso la vetta del monte, per poi doverlo vedere sempre sistematicamente franare di nuovo verso il basso? Possiamo davvero pensare Sisifo felice?

 

L'UOMO NON È PROMETEO

 

 

Prometeo è l'altro paradigma antropologico che ha segnato la cultura occidentale. Egli guarda con pietà gli uomini perché erano nudi, scalzi, scoperti e inermi, in balia della necessità e dell'indigenza. Ecco che ruba il fuoco agli dei, metafora della razionalità scientifico-tecnologica con cui oggi l'uomo domina il mondo.

E così che l'uomo è riuscito, come gli altri animali, a far fronte ai problemi della "sopravvienza". Ma la domanda si impone: come risolvere i problemi della "convivenza"?

 

L'UOMO NON È NARCISO: AUTOREFERENCIALE

 

Narciso, il giovane del mito greco, colui che disprezzando l'altro/a (Ninfa Eco) rivolge il suo sguardo soltanto verso se stesso, sembra essere oggi il paradigma antropologico vincente.

L'io è l'ombelico del mondo, l'altro soltanto apendice. Ci porta verso un volto umano tale atteggiamento e antropologia?

 

CHI È L'UOMO?

 

 

L'uomo non è Sisifo, condannato all'eterno ritorno dell'identico; non è Prometeo, colui che deve essere in eterna lotta contro gli dei; non è nemmeno Narciso, colui che non considera l'altro alla sua altezza ed ecco che lo lascia da parte.

L'uomo è la gioia del sì nella gratuità quotidiana perché, nonostante la dramaticità dell'esistenza, è consapevole o intuisce che la vita è un dono e che c'è un oltre e un Altro, patria definitiva.

 

SULL'ASCOLTO

 

Uno degli aspetti sconcertanti di questo mondo odierno è che non ci si ascolta a vicenda. Se siete malato o anche morente, nessuno vi ascolta. Se siete spaventato o sgomentato o sperduto o privo di tutto, o solo, o infelice, nessuno vi ascolta realmente. Nessuno ha tempo di ascoltarvi, neppure quelli che vi amano e che sarebbero pronti a morire per voi" (T. Caldwell)

 

ANCORA SULL'ASCOLTO E LA CHIACCHIERA

1

Ascoltare è soltanto possibile se nell'uomo c'è il silenzio, giacché ascoltare e tacere sono correlativi. Nessuno presta più ascolto a colui che parla perché ciascuno aspetta soltanto di scaricarsi delle parole che ha ammucchiate, di buttarle fuori della bocca: è una semplice funzione animale (M. Picard).

2

Senza l'ascolto, radicale apertura reciproca, non sussiste alcun legame umano. L'esser legati gli uni agli altri significa sempre, insieme, sapersi ascoltare (H. G. Gadamer)

 

3

Chi chiacchiera non si preoccupa di comunicare, ma solo d'infilare parole, che non dicono niente. Non persuade, né convince; stanca, infastidisce. Non lo ascoltiamo, né, in fondo, a lui interessa l'essere ascoltato" (M. F. Siacca)

 

4

Non abbiamo che guardarci in giro nel mondo che ci circonda per vedere in quale terribile misura il silenzio sia scomparso e scompaia sempre di più; quanto sopravvento abbiano le chiacchiere e come sempre più aumenti il ruomore. Di fuori e, prima dentro; giacché lo stato interiore anche di quelli che taccciono è spesso tutto'altro che silenzioso; è piuttosto una interiore produzione di parole, che solo causalmente non esce fuori (R. Guardini).

 

STOP! IN THE NAME OF LOVE

 

 

 

La Possessività è il culmine di una pulsione onnipervasiva che distrugge qualsiasi cosa al suo passaggio. E' come un virus folgorante, e prolifera come il germe della follia. Al'inizio assume l'aspetto di una sorta di manovra d'accerchiamento di routine, quindi inoffensiva. Poi si trasforma in una specie di "reticolato militare", per divenire infine una "tecnica di perquisizione costante del territorio dell'altro". (M. Chebel, Il libro delle seduzioni).

 
 

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