La logica del dono

Suggestioni francescane dall'ottica della gratuità

 

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dono di sé

Dio non ama il dolore, la sofferenza, la morte. Dio non è un padre-padrone che per vivere richiede il sangue dei suoi figli. Dio non ama i chiodi perché non è un boia assettato di vendetta. La croce è - e chi ama intensamente lo sa - il luogo definitivo in cui si autentifica l’amore che l’A/amante ha per l’altro.


Dire che Dio assunse la croce non deve significare una magnificazione del dolore, della croce, né la sua eternizzazione. Significa solamente "quanto Dio amò i sofferenti". Egli soffre e muore insieme. Dunque non è dolorismo, né magnificazione del negativo. Significa che amare è dare la vita, non risparmiarsi nulla, offrire tutto se stesso. Ecco la croce. Vivere così significa essere più forte della morte.



E davanti al mistero del dolore e della sofferenza di millioni di uomini e di donne e della difficoltà nella lotta, ciò che conta non è chiedere a Dio di salvarci dalle onde pericolose, ma liberarci dalla paura che ci paralizza e, incorporando la logica del dono, evitare altre croci.

 

 

ULISSE, DA ITACA A ITACA.

METAFORA DEL NARCISISMO: DALL'IO ALL'IO

Ulisse, da Itaca ad Itaca

 

 

 

Confucio (V sec. aC)

 

"E molto più importante accendere una piccola candela che maledire l'oscurità". L'aforisma è di Confucio, maestro cinese. Ebbene, in un tempo come il nostro, in cui sembra che siamo sempre più immersi nel buio (sociale, politico, economico, e anche geologico) vale di più una candelina invece di mille fiammeggianti proteste contro le tenebre


 

ABRAMO, DAL NOTO ALL'IGNOTO. ESODO SENZA RITORNO

 

DAL NOTO ALL'IGNOTO, DALLA SICUREZZA DEL SISTEMA ALLA LIBERTA' ARTEFICE DEL VOLTO UMANO, CREATRICE UNICA DEL NOSTRO DESTINO. CAMMINARE A PIEDI NUDI, COME FRANCESCO, IL POVERELLO, ALIMENTANDOSI DEL PANE DI COLUI CHE E' ORIGINE E META, ALFA E OMEGA, TORMENTO E GOIA, ALTRIMENTI.......

 

 

NIETZSCHE, PROFETA DEL NICHILISMO

 

Nichilismo vuol dire che i supremi valori si svalutano, che manca la risposta al perché, che non esiste nulla di assoluto e incontrovertibile. Nichilismo vuol dire che il mondo dei valori metafisici, morali e religiosi si sono frantumati in mille pezzi. Vuol dire che dell'esere non ne rimane più nulla.

La proposta scandalizza la Chiesa, i moralisti e tutti coloro che credono ancora in una Ragione forte, fondazionistica. Ma forse, dopo i genocidi e gli olocausti del Novecento, dopo le grandi ideologie (destra e sinistra) che con i suoi "valori supremi e sacri" ci hanno fatto a pezzi e condannato alla morte una schiera infinita di donne e di uomini innocenti, il nichilismo, pur senza misconoscere i rischi, sia uno stile, un "modus vivendi" che protegge la differenza, cioè la diversità e impedisce l'omologazione.

 

E questo e già un motivo di nobiltà rispetto a tutte le logiche massificanti, siano di destra o di sinistra, cioè alla pretesa del pensiero unico, il quale considera la diversità pericolosa, ingombrante e dunque da cancellare al più presto. La singolarità del singolare è non solo un diritto inalienabile ma anche un obbligo improrrogabile.

 

Finalmente possiamo navigare in un mare infinito, aperto, senza confini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'uomo, un ponte tra due infiniti.

 

 

 

Sul volto

Il volto non ha forma, propriamente parlando, cioè va sempre oltre, sfugge. Nessun contorno lo definisce adeguatamente. Il volto non è la configurazione facciale. L’esperienza di ogni giorno ci dice che il volto non è semplicemente l’accostamento di due occhi, un naso, una bocca. Sappiamo che i tratti che lo rinchiudono in contorni non sono mai soddisfacenti, non rendono mai pienamente la presenza, il mistero.

 Perché il volto non ha forma? Perché è essenzialmente aperto, è una finestra imprevedibile che suggerisce paesaggi ignoti. Il volto, detto altrimenti, è strappo nella continuità dell’essere, mentre invece, la forma rende rigido, fermo, chiuso...

Ed ecco che l’incontro di un volto viene ad aprire il mondo, poiché è esso stesso incontro di un mondo.

 

IL NOSTRO PRECARIO EQUILIBRIO

 

 

L'uomo non è una mera parte misurabile del mondo, ma è un mondo mirabile a parte. Tutto, sempre, da riconstruire. Nella storia come cantiere, esercitando la prossimità oltre ogni confine e frontiera e nella speranza ogni giorno rinascente. Se l'uomo non mira ad essere di più, si sentirà un di-più sartreano, cioè "una passione inutile", è rischierà di non essere mai più.

 

 

 

CHE O CHI VOGLIAMO RAGGIUNGERE?

dove vogliamo arrivare?

La natura ci parla

 

Dice H. Hess: "Gli alberi sono sempre stati per me i più persuasivi predicatori. Io gli adoro quando stanno in popolazioni e famiglie, nei boschi e nei boschetti. E ancora di più li adoro quando stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come eremiti che se la sono svignata per qualche debolezza, ma come grandi uomini soli, come Beethoven e Nietzsche. Mirano con tutte le loro forze vitali, a un'unica cosa: realizzare la legge che in loro stessi è insita, costruire la propria forma, rappresentare se stessi. Nulla è più sacro, nulla è più esemplare di un albero bello e robusto.

 

FACEBOOK

 
 

 

 

 

Quando Rembrandt dipinge nudo il corpo della sua amata Betsabea, questa è come rivestita di gloria dalla qualità dello sguardo che il suo amante porta su di lei e che, senza cancellare il Desiderio, si traduce con la qualità della luce che gronda sulla sua pelle, sulla sua carne celebrata.

Quando è percepito a partire dal Volto, il corpo dell'altro, nella sua nudità, può essere guardato senza inverecondia, senza la pretessa di possedere. Il corpo denudato può essere onorato dallo sguardo che lo percepisce a lo accoglie come espressivo, tutto intero espressione di una presenza personale, di un mistero che si svela ma non si esaurisce nel corpo.

Esso è allora come rivestito dalla qualità di quello sguardo, rivestito di Bellezza, se si intende con questa "la forma che l'amore dà alle cose". Il Desiderio non sarà assente da un tale sguardo, poiché c'è sempre una parte di desiderio nell'esperienza della Bellezza; ma il Desiderio, da tale prospettiva e atteggiamento, non è solo "pulsione libidinale", concupiscenza, cioè appettito: è anche celebrazione, riconoscenza, omaggio, fervore.

Sguardo e atteggiamento dunque più disposti ad accogliere il corpo dell'altro che non ad appropriarselo.

 

Tu farai del mio corpo il tuo giardino più caro (E.Jabès)


Lo so, vi toccate beati così, perché la carezza trattiene, perché non svanisce quel punto che, teneri, coprite; perché in quel tocco avvertite, il permanere puro. E l'abbraccio, per voi, è una promessa quasi d'eternità, (R. M. Rilke)

Il pensiero di Rilke ci aiuta a pensare la Carezza non solamente come contatto o tentativo di appropriazione ("mettere le mani sull'altro"), ma, più profondamente, come celebrazione del corpo dell'altro, gesto che lo plasma. E' tentativo di addomesticamento e al tempo stesso esperienza che né l'altro né il suo corpo sono in mio potere o in mio possesso.

Esperienza di spossesso nella più grande delle prossimità. Il che significa che il corpo dell'altro nella sua carne, è là, sotto la mia Mano; e pur tuttavia, è sempre altro, portatore di una vita che sento vibrare in esso ma che rimane per sempre al di fuori del mio potere, inafferrabile, vale a dire alterità in-catturabile.

 

Il Bacio

 

 

Il mio respiro affiorava già l'amizia della tua ferita. E dalle labbra di nebbia discese il nostro piacere alla soglia di duna (R. Char).

 

Posare le labbra sulla pelle o sulle labbra dell'altro/a... Quello che potrebbe essere un atto di divorare (la bocca non serve in primo luogo a ingerire?) diventa invece l'espressione di una vittoria sull'appetito. Non si tratta dunque di divorare, ma piuttosto, paradosalmente, di bere, come si beve una coppa.

Non si tratta più di distruggere ma di venerare. Nel bacio la prossimità è ancora più grande che nella carezza o nell'abbraccio. Rosse e umide, le labbra sono una mucosa: la vita interna del corpo vi affiora.

Abbandonarsi al bacio vuol dire vincere la chiusura dei corpi, non accontentarsi di essere prigionieri del proprio "sacco di pelle", voler passare all'altro/a, conoscerne il gusto, avvicinarne la sostanza.

Scambi di respiri in cui il crescere del Desiderio porta al superamento dell'ordinario disgusto legato a tali contatti. Il bacio sulle labbra è un cominciamento. Sovente annuncia e avvia altri scambi.

Il bacio, spia dell'intimità che, agonicamente e ludicamente, cerca di plasmare, respirando insieme, il cuore e il corpo dell'altro/a.

 

 

La carezza e il femminile

 

 

La carezza - parlo sempre del rapporto eterosessuale - è il reciproco addomesticarsi dei due sessi: dell'uomo da parte della donna, della donna da parte dell'uomo. Ma forse si deve sottolineare che c'è una segreta parentela tra la carezza e il femminile. Non abbiamo tutti ricevuto le nostre prime carezze da una donna?


Ecco che è probabile che nella carezza, l'uomo si metta o abbia a mettersi in modo particolarissimo alla scuola del femminile. Sull'argomento, citiamo le parole di una donna, filosofa che esplora, in quanto donna, delle vie in questo senso.

"L'atto sessuale sarebbe ciò attraverso cui l'altro mi ridà forma, nascita, incarnazione. Anziché provocare la decadenza del corpo, esso partecipa alla sua rinascita. E nessun altro atto lo equivale, in questo senso. Atto massimamente divino. L'uomo fa sentire alla donna il suo corpo come luogo. No solamente il suo sesso e la sua matrice, ma il suo corpo. Egli lo situa nel suo corpo e in un macrocosmo. L'uomo, ricreando la donna dal di fuori, si riscolpisce un corpo. Si ricostruisce un corpo a partire dalla generazione del corpo dell'altra. Servendosi della sua mano, del suo sesso. Sesso non solo per il piacere, ma come strumento di alleanza, di incarnazione, di creazione" (L. Irigaray).

 

 

« Da Assisi i fioretti del...Dura cervice »

Tra surrealismo e grottesco.Da Assisi i fioretti del Terzo Millennio

Post n°468 pubblicato il 01 Maggio 2015 da fraeduardo
 

 

E' un vecchio frate, direi più che millenario. Nessuno sa quando è nato né da quando è al Sacro Convento. C'è qualcuno che dice che è qua dal Medioevo, dal tempo delle crociate e che pure è stato compagno di Buenaventura e Scoto. Insomma qualche volta si esagera ma nel caso del vecchio mi sembra vero.  

Lui stesso racconta che quando i tedeschi hanno occupato Assisi, lui era in Basilica. Il vecchio ha conosciuto il capitano che ha portato un mazzo di fiori (rose) a san Francesco prima della ritirata delle truppe tedesche. Ogni tanto, quando ha voglia di parlare, racconta cose che solo un frate più che millenario può sapere. Ecco perché viene il sospetto che quando Gregorio IX ha messo la prima pietra della Basilica, lui era già tra i primi operai.

Mangia sempre nello stesso posto, inchiodato al tavolo da secoli, come il Padre eterno è inchiodato all'eternità.  Se Dio è felice nel tempo senza tempo, penso che per un uomo, essere incollato all'eternità, non deve essere una questione molto semplice e gioiosa. Il vecchio però resiste imperturbabile il passo arrogante e impietoso del tempo. Cronos divora tutti i suoi figli ma forse il vecchio non è più digeribile.

Mi avvicino al suo tavolo. "Come va vecchio?"

E caro giovanotto tiro a campà. Prima o poi me ne vado anche io.

Davvero?- dico. E' un ritornello. I frati ti hanno sentito dire queste parole un sacco di volte, ma sei aggrappato alla vita peggio di Dorian Grey.

Chi?  

Lascia perdere vecchio.

Si è meglio. La letteratura profana non va per me.

Senti vecchio, negli ultimi venti anni sono passati almeno duecento frati e sono già tutti morti ma tu sei ancora in piedi. Hai seppellito tutti quanti: vecchi e giovani.

E si, che voi che faccia. Benedico coloro che se ne vanno.

Ma tu, vecchio mio, non pensi che già è ora?

Sai, il padre eterno non mi chiama, io sono pronto ma lui mi risparmia.

Tu credi vecchio? Mi sembra che ti ha chiamato un paio di volte e hai fatto il fesso.

Tu pensi questo?

S¡, lo penso e lo credo perché sordo non sei.

Invece sì! Lo sono da tempo.

Non sembra, perché la campana per mangiare l'ascolti ogni giorno e sei più che puntuale. Non ti ho mai visto saltare né un pranzo né una cena, per non parlare della colazione. Credo che quando ti sta bene ascolti e quando non ti sta bene fai il sordo.

Dimmi giovanotto, sei infastidito o invidioso della mia longevità?

Beh se devo dire la verità - una virtù che non ne ho da tempo - direi che sono piuttosto "incuriosito"

Perché incuriosito?

Mi domando perché sei ancora tra noi. Le anagrafi del  Novecento non hanno registrato la tua nascita. Vieni dal Medioevo o dalla guerra napoleonica e campi ancora. Come fai?

Come faccio? Prego e sono casto e obbediente.  

E' vero, ma Gesù e Francesco pregavano, erano casti e obbedienti e tutte e due se ne sono andati presto, in un batter d'occhio. A confronto con la tua, le loro vite, sono un lampo. Sai che un amico mio , - si chiama Dostoevskij - , diceva che vivere più di 70 anni è immorale? Tu hai raddoppiato  questa età.

Si lo so, ma sai che Dostoevskij era un mascalzone ubbriacone e giocatore d'azzardo, combinava un sacco di guai? Il russo amico tuo non è molto credibile quando parla. Forse era sotto l'effetto dell'alcol. E poi, che devo fare se il Padre eterno non mi chiama?

Non so, forse pregare di meno, fare qualche peccatuccio. Avere un vizio capitale.

Il mio vizio, se così si può chiamare, è dipingere.

Lo so, hai fatto alcuni lavori interessanti ma con questa scusa di essere un artista ti sei ri-legato più all'arte che ai frati.

E' una vocazione, caro giovanotto.

Si, ma pure un nascondiglio.

Vuoi giudicare la mia vita?

No! figuriamoci! Ma arrivano voci...sai... 

Pettegolezzo caro giovane. Invidia, direi.

Mmmm, non so vecchio.  Vox populi vox Dei.

Il popolo fascista e nazista ha voluto  la guerra, anche questo è Vox Dei?

Hai ragione vecchio, ma tu trovi sempre il modo di cadere in piedi, come i gatti. Non mi dispiace però mi fa insospettire. Capirai!

E poi, dimmi vecchio, che fai qua? Non sai che un tizio che si chiamava Nietzsche, alla fine del Novecento ha detto che "Dio è morto"? Pure i papi ultimamente danno la dimissione. Ratzinger, stanco e smarrito, ha piantato tutto.

Si, lo so. Non è la prima volta che un papa abbandona la nave. Non c'è più religione neanche in Vaticano. E poi a questo tizio, come si chiama...si Nietzsche, dopo ciò che ha detto, le cose non sono andate per lui in porto. Ho sentito dire che è finito in manicomio ed è morto pazzo.

Certo, vecchio. Ma, dimmi la verità, tra il manicomio e i nostri conventi non è che la differenza sia tanto grande. Non ti pare?

E sì, hai ragione giovanotto.

Senti vecchio, già che parliamo di manicomio, sai cosa diceva Voltaire dei frati?

No.

Diceva: "Si incontrano e non sanno da dove vengono; mangiano nella stessa tavola e non si parlano mai, vivono insieme e non si conoscono, muoiono e non si rimpiangono".

Bella foto della nostra vita! Ma Voltaire era illuminista e, come facciamo con i comunisti, dobbiamo sospettare delle sue critiche.

Vecchio, ogni tanto fa bene ascoltare gli uomini. Dio parla attraverso la loro bocca. Illuminismo e socialismo, nonostante il loro ateismo ed eccesi, hanno contribuito ha depurare la nostra fede, ci hanno spinto a guardare in faccia un Dio che, in tanti aspetti, non era altro che una proiezione umana, costruzione nostra.

Hai ragione, ma io sono della vecchia guardia, sai! Sono sordo alla voce della sirena illuminista e comunista. E' meglio ascoltare la voce della tradizione. Un Pio IX, un Innocenzo III, che ha indetto la quinta crociata, un Pio XII.. Ecco la cristianità giovanotto. Oggi tutto è negoziabile. Ai miei tempi....E anche Bergoglio mi sembra un po' morbido, poco ortodosso, quasi quasi fuori della tradizione....

Ma vecchio, la tradizione non vuol dire mantenere viva le cenere bensì trasmettere il fuoco, come ci ha ricordato poco fa papa Bergoglio. La tradizione che tu mantiene - e mi fa piacere - è la tradizione degli spaghetti.  

A proposito vecchio, vedo che mangi molto bene. Praticamente tutto.

Beh, tutto.... un po di questo, un po di quello, ma prendo un sacco di medicine. - E con il dito il vecchio segnalò una scatola che conteneva più medicine che una ditta farmaceutica americana.

Si vecchio, so che consumi un sacco di medicine; l'economo dice che spende una valanga di soldi con le tue ricette. Non hai mai pensato che con questi soldi un bambino africano mangia per dieci anni o forse di più?

Non posso pensare a tutto, caro giovanotto.

Vedi vecchio, cadi sempre in piedi.

Mi hanno detto che piú di un paio di volte, in quest'ultimi anni, hai visto la parca da vicino. Crepavi vero? 

Giovanotto, gli animali crepano, gli uomini muoiono. Ricordatelo. La differenza non è di poco conto. 

Hai ragione vecchio. Se dimentichiamo la differenza l'eutanasia è alle porte. Dimmi, è vero che ti sei trovato al bivio e, - così dicono - hai chiesto l'oleo santo più di una volta? 

E sì giovanotto, faccio i riti come Dio e la chiesa comandano. L'unzione degli infermi mi ha sollevato, mi ha tirato su.

Davvero vecchio? Sai, alcuni dicono che ti hanno portato l'oleo del trattore del giardinieri o della motosega, e nemmeno ti sei reso conto. Altro che miracolo! 

Può darsi giovanotto, può darsi. Ma dove sono coloro che mi hanno fatto lo scherzetto? Sai, ho accompagnato tutti quanti all'ultima dimora e ho avuto il privilegio di chiudere il cancello e dare loro la mia benedizione. 

E si, pure di questo si parla. Adesso quando chiederai l'oleo forse dovrai alzarti e andare a prenderlo da solo. Sembra che i frati non vogliono avvicinarsi più alla tua stanza nemmeno invocando la Madonna.

Farò pure questo giovanotto, se Dio mi concede la sua grazia.

Beh..., se non te la concede sono certo che tu, con la tua furbizia, sei capace di strapparla dalle mani del buon Dio senza che nemmeno lui se ne accorga. Bene, si è fatto tarde, me ne vado. Ti saluto. Sai vecchio, ti voglio bene!

Me ne stavo andando quando il vecchio mi dice: "Giovanotto, come ti chiami?"

Eduardo, sono fra Eduardo. Hai dimenticato il mio nome?

Scusami, non ho la memoria di una volta. Anche io ti voglio bene fra Eduardo e puoi essere certo che verrò al tuo funerale, mi disse strizzando un occhio.

Ho sorriso. Mentre mi avvicinavo alla porta del refettorio ho pensato: "Se le cose vanno come vanno, sono certo che il vecchio verrà al mio funerale. Mi seppellirà e, senza versare una lacrima, tornerà a fare colazione, pranzo e cena come se niente fosse accaduto, aspettando, senza agitarsi né commuoversi, la prossima veglia funebre. Poi rimarrà inchiodato al suo tavolo e racconterà ai morituri i fioretti del terzo e forse del quarto Millennio".

Uscii dal refettorio e mi affacciai un attimo al porticato. Il sole tramontava e bagnava d'oro la vallata. Respirai profondamente l'area fresca. I miei pulmoni si riempirono dell'aromatico profumo della campagna.

Da lontano mi sembrò arrivasse la voce di san Francesco che mi diceva: "Scrivi frate Eduardo, scrivi: Se il vecchio ti sepellisci - cosa che può succedere- anche questo è perfetta letizia".

 

 

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Ricevuto in data 04/05/15 @ 19:05
Secondo la legge dei grandi numeri tra i miei lettori c'è anche qualche blackblock. Voglio dirti ...

 
Commenti al Post:
alba.estate2012
alba.estate2012 il 03/05/15 alle 09:32 via WEB
Ho letto molto volentieri il tuo racconto fra Eduardo.. anche questo è storia di vita.. Buona domenica.. Un abbraccio e una carezza (^___^) Pace e Bene
 
vulnerabile14
vulnerabile14 il 03/05/15 alle 14:48 via WEB
Scrivi Fra Eduardo, Scrivi... è bello leggerti. buon pomeriggio con un sorriso Franca
 
debora.candiotto
debora.candiotto il 05/05/15 alle 15:33 via WEB
Ciao Fra Eduardo.. secondo te San Francesco cosa pensava della violenza e soprattutto qual'era il suo modo di porsi di fronte alle cattiverie verso gli esseri più deboli? Oggi cosa direbbe ad un bambino che uccide un animale indifeso?
 
soleluna140
soleluna140 il 05/05/15 alle 18:21 via WEB
Altro che vecchio!!!!Ma cosa mangia? un caro saluto, m.patrizia.
 
vulnerabile14
vulnerabile14 il 06/05/15 alle 13:39 via WEB
Buon pomeriggio Fra Eduardo, mi piace leggere di S. Francesco, il mio Santo. Io mi chiamo Francesca è festeggio l'onomastico il 4 Ottobre.
 
RicamiAmo
RicamiAmo il 07/05/15 alle 14:32 via WEB
Sereno pomeriggio Fra Eduardo, mi piace questa storia, un abbraccio Delia
 
vulnerabile14
vulnerabile14 il 08/05/15 alle 23:42 via WEB
Fra Eduardo io amo il silenzio è mi piace ascoltarlo... ultimamente sono veramente serena quando posso stare con me stessa. Pace è bene Fraeduardo, il piacere di leggerla è reciproco.
 
Afroditemagica
Afroditemagica il 09/05/15 alle 00:46 via WEB
Un frate assai longevo che chissà quante storie ha da narrare! Mi piace ascoltare le storie di vita vissuta. Mi piace leggerti perché oltre alla storia narrata c'é sempre una morale, un insegnamento. Grazie fraeduardo e buona e lieta notte!
 
FlamineFurrinale
FlamineFurrinale il 15/05/15 alle 23:43 via WEB
Dalla Bibbia si apprende di personaggi vissuti svariati secoli, per loro probabilmente il passare del tempo si basava su parametri diversi dai nostri; questo frate, però, ci vuole dire qualcosa che va ancora oltre...
A presto. :)
 
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INFO


Un blog di: fraeduardo
Data di creazione: 07/11/2009
 

ASCOLTIAMO LA SAGGEZZA

Un giorno la Saggezza si avvicinò all'uomo e disse: "Tu non puoi scherzare con l'Animale che dimora dentro di te, senza diventare come lui. Tu non puoi scherzare con la Menzogna, senza perdere il diritto alla Verità. Tu non puoi scherzare con la Crudeltà, senza pervertire ciò che ti fa essere umano, cioè la Tenerezza. Se vuoi vedere pulito il tuo giardino, non puoi lasciare spazio alle erbacce".

L'uomo se ne andò pensando: "La Saggezza è molto astuta, lavora continuamente all'inganno di noi stessi. Non dobbiamo prenderla troppo sul serio".

 

 


 

FEELINGS

 

Il regista Ingmar Bergman, all'inizio del suo film Scene da un matrimonio, pone come didascalia quest'espressione: "Analfabeti in amore". A quest'analfabetismo oggi si deve aggiungere lo scetticismo e il primato della logica del "usa e getta" che fa dell'altro uno strumento in funzione della realizzazione dell'io. Tali ingredienti sono alla base della carenza endemica della gioia di essere e dello slancio vitale di una epoca veramente paradossale. Tanto confortevole e tanto sconfortata; tanto frenetica quanto ermetica

L'amore è invece un mettersi nella pelle dell'altro. E' amorevolezza, come amare l'altro non a modo mio, ma a modo suo, cioè a misura dei suoi bisogni anche se non espressi. Afferma Dante nella terza Cantina: "Già non attendere'io la tua dimanda/s'io mi intuassi, come tu t'inmii" (Par, 9, 80-81). E ciò significa che l'essere umano ha la capacità esodale, cioè la capacità di uscire da sé e andare verso l'altro, la capacità di intuarsi, di essere presente nel tu, ma paradossalmente, senza mai invadere o possedere.


Finiamo dicendo che "amare è donare l'essere" e il dono non si identifica con il regalo. E' l'offerta dell'essere, diversa dall'offerta dell'avere. Affermava A. Einstein: "Il problema impellente di oggi non è quello dell'energia atomica, ma quello del cuore umano". Si tratta dell'amore che è sì sentimento, ma è anche, e fondamentalmente, volontà di promozione dell'altro.

 

STEMMA E FIRMA DI SAN FRANCESCO

Le due lingue originali della Bibbia - l'ebraico e il greco - hanno in comune una lettera dell'alfabeto, il Tau. Questa lettera occupa un posto importante nella vita e nel comportamento di san Francesco: questi non solo ne fa uso frequente, ma manifesta per tale segno un vero affetto, addiritura una devozione.

"Con tale sigillo - dice il suo biografo Tommaso da Celano - Francesco firmava le sue lettere, tutte le volte che per necessità o per spirito di carità, spediva qualche suo scritto".


Con esso - scrive san Bonaventura - Francesco dava inizio alle sue azioni". Ebbene, io, Fra Eduardo, frate periferico e peccatore, raccolgo l'eredità del mio fratello Francesco e al solito posto della foto del Blog (batezzato "gratitudine") inserisco il Tau dando pure inizio all'azione che, ovviamente, si muove o percorre il sentiero della riflessione.

Pensare è un atto etico - diceva E. Lévinas - ma per un francescano non è soltanto un atto etico, è, anzitutto, ringraziare perché consapevole della gratuità che ci avvolge e ci nutre senza posa.

Le nostre riflessioni, senza grandi pretese, ma non per questo senza un certo "rigore teoretico", faranno leva sulla logica del dono, logica che Francesco, sulla scia dell'Amante, ci ha lasciato come la sua lezione più bella.

 

AVERE E POSSEDERE

L'equazione freudiana di denaro=feci è una critica implicita al funzionamento della società borghese e alla sua mania di possesso. Il denaro, come simbolo di possesso, significa per Freud che la persona ossessivamente preoccupata dall'avere e dal possedere è nevrotica e ha un carattere preadulto. E se la maggioranza delle componenti di una società sono intaccate da questo male, allora ci troviamo di fronte ad una società malata.

Certo che l'ermeneutica freudiana si può mettere in discussione, ma  è ovvio che la società occidentale è succube della patologia dell'avere. Sono ciò che ho; più ho dunque più sono. Il primato del quantitativo a detrimento del qualitativo. Ecco l'equazione: Avere=Essere. Ma tale logica è umanizzante?

Merita di essere meditata la descrizione che Albert Camus, scrittore e filosofo franco-argerino, dava di se stesso: "Io non so possedere. Di quel che ho, e che mi viene offerto senza che io l'abbia cercato, non posso conservare nulla. Sono avaro di quella libertà che sparisce non appena comincia l'eccesso dei beni" .

 

USA - J (G)ET-TA

 

 

 

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BENEDIRE LA MATERIA

 

Francesco, configurato dalla logica del dono, incarna una nuova pietas, cioè dal divino verso l'umano. Dunque, non "fuga mundi", come invece era lo stile di vita (e di pensiero) dei monaci del tempo e di una chiesa di stampo più greco-manichea che cristica. Sguardo rivolto verso il mondo, promozione della civitas terrena sotto il segno dell'armonia con il divino e della sintonia con l'umano è la logica con cui Francesco umanizza il suo volto e ricupera un mondo bello, innocente, sbiadito o demonizzato dalla teologia e dalla spiritualità del suo tempo. Si tratta di comunione e partecipazione quindi assenza di alienazione, né verticale né orizzontale. Francesco è pure per noi, uomini postmoderni, una nuova pietas. Sa accogliere e promuovere la terra senza dimenticare il cielo e viceversa, cioè accogliere e benedire la materia senza accantonare o misconoscere lo spirito.  Ecco la domanda: Non è il desiderio dell'uomo d'oggi di celebrare il relativo senza perdere di vista l'assoluto? Non è il suo anelito dare spazio all'Assoluto e fruire pure del contingente? In breve, trovare Dio senza perdere il mondo? 

 

PROSSIMITÀ: DARE SENZA NULLA CHIEDERE IN CAMBIO

 

L'alternativa per uscire dalla logica di Prometeo, di Sisifo e di Narciso, fino ad oggi paradigmi antropologici della cultura occidentale, è assumere la logica della gratitudine cioè la logica della mano aperta, della prossimità senza confini.

Prossimo non è l'uomo della nostra fede, né della stessa razza, né della stessa famiglia: è ogni uomo fin dal momento in cui io mi avvicino a lui, poco importa la sua ideologia o la sua confesione religiosa, la sua etnia o la sua biografia.

 

AMORE VUOL DIRE ESSERE

Amore, una sorte di rottura di sé perché l'altro lo attraversi

SONO PERCHE' AMO; SONO NELLA MISURA IN CUI AMO

Sono ciò che amo

Non cogito ergo sum ma, piuttosto, diligo ergo sum. L'atto di amore è la più salda certezza dell'uomo, il cogito esistenziale irrefutabile: Io amo, quindi l'essere è, e la vita vale (la pena di essere vissuta).

 

J-P. Saretre, il filosofo francese esistenzialista, libero dall'acussa di romanticismo, afferma: "La mia esistenza è, perché chiamata. Mentre prima di essere amati, eravamo inquieti per questa protuberanza ingiustificata, ingiustificabile, che era la nostra esistenza, mentre ci sentivamo "di tropp" ora sentiamo che questa esistenza è ripresa e voluta nei suoi minimi particolari da una libertà assoluta che essa condiziona nello stesso tempo - e che è proprio non vogliamo con la nostra libertà. E' questo il fondo della gioia d'amore, quando esiste: sentirci giustificati d'esistere".

L'amore: incontro di due salive? E. Michael Cioran

 

 

PELLEGRINA O FUGGITIVA? NOMADE O TURISTA?

isolamento

 

Accogliere e proteggere?

O

Possedere e soffocare?

 

 

 

 

 

Ma che abbiamo noi tutti, poveri umani

da volerci stringere gli uni contro

gli altri? (A. Cohen)

 

 

 


 

HA LA VITA UMANA UN SENSO? SI O NO?

 

Forse la tragedia dell'uomo moderno è dovuta al fatto che egli ha dimenticato di domandarsi: chi è l'uomo? L'incapacità di trovare la propria identità, di sapere che cosa è l'autentica esistenza umana, lo spinge ad assumere una falsa identità, a fingere di essere ciò che è incapace di essere o a non riuscire ad accettare ciò che si trova alla vera radice del suo essere.

L'uomo

nella sua angoscia

è un messaggero

che ha dimenticato

il messaggio" (J. A. Heschel).

 

Il Diogene contemporaneo, come il saggio greco, è in affanosa ricerca dell'uomo. E invece dell'uomo trova le sue maschere vuote: etichette e funzioni, misure e classificazioni. E il titolare di queste qualità è ridotto all'inconsistenza interiore. Non sa donde viene né dove va. Senza imbocco e senza sbocco. Cioè senza senso. Il Diogene contemporaneo si ritrova con la lampada perfezionata (razionalità scientifico-tecnologica), ma con l'oggetto della sua ricerca desintegrato.

 

L'UOMO NON È SISIFO

Sisifo

L'uomo del primo secolo si preocupava della morte e della immortalità; l'uomo del sedicesimo secolo si preoccupava della colpa e del castigo; l'uomo del ventesimo secolo è turbato dalla minaccia di mancanza di significato. Il paradigma antropologico sembra essere Sisifo, colui che è condannato a vivere l'eterno ritorno dell'identico.

Ha davvero ragione A. Camus quando scorge il simbolo dell'umanità nella figura di Sisifo, che si ostina a rotolare il sasso in su verso la vetta del monte, per poi doverlo vedere sempre sistematicamente franare di nuovo verso il basso? Possiamo davvero pensare Sisifo felice?

 

L'UOMO NON È PROMETEO

 

 

Prometeo è l'altro paradigma antropologico che ha segnato la cultura occidentale. Egli guarda con pietà gli uomini perché erano nudi, scalzi, scoperti e inermi, in balia della necessità e dell'indigenza. Ecco che ruba il fuoco agli dei, metafora della razionalità scientifico-tecnologica con cui oggi l'uomo domina il mondo.

E così che l'uomo è riuscito, come gli altri animali, a far fronte ai problemi della "sopravvienza". Ma la domanda si impone: come risolvere i problemi della "convivenza"?

 

L'UOMO NON È NARCISO: AUTOREFERENCIALE

 

Narciso, il giovane del mito greco, colui che disprezzando l'altro/a (Ninfa Eco) rivolge il suo sguardo soltanto verso se stesso, sembra essere oggi il paradigma antropologico vincente.

L'io è l'ombelico del mondo, l'altro soltanto apendice. Ci porta verso un volto umano tale atteggiamento e antropologia?

 

CHI È L'UOMO?

 

 

L'uomo non è Sisifo, condannato all'eterno ritorno dell'identico; non è Prometeo, colui che deve essere in eterna lotta contro gli dei; non è nemmeno Narciso, colui che non considera l'altro alla sua altezza ed ecco che lo lascia da parte.

L'uomo è la gioia del sì nella gratuità quotidiana perché, nonostante la dramaticità dell'esistenza, è consapevole o intuisce che la vita è un dono e che c'è un oltre e un Altro, patria definitiva.

 

SULL'ASCOLTO

 

Uno degli aspetti sconcertanti di questo mondo odierno è che non ci si ascolta a vicenda. Se siete malato o anche morente, nessuno vi ascolta. Se siete spaventato o sgomentato o sperduto o privo di tutto, o solo, o infelice, nessuno vi ascolta realmente. Nessuno ha tempo di ascoltarvi, neppure quelli che vi amano e che sarebbero pronti a morire per voi" (T. Caldwell)

 

ANCORA SULL'ASCOLTO E LA CHIACCHIERA

1

Ascoltare è soltanto possibile se nell'uomo c'è il silenzio, giacché ascoltare e tacere sono correlativi. Nessuno presta più ascolto a colui che parla perché ciascuno aspetta soltanto di scaricarsi delle parole che ha ammucchiate, di buttarle fuori della bocca: è una semplice funzione animale (M. Picard).

2

Senza l'ascolto, radicale apertura reciproca, non sussiste alcun legame umano. L'esser legati gli uni agli altri significa sempre, insieme, sapersi ascoltare (H. G. Gadamer)

 

3

Chi chiacchiera non si preoccupa di comunicare, ma solo d'infilare parole, che non dicono niente. Non persuade, né convince; stanca, infastidisce. Non lo ascoltiamo, né, in fondo, a lui interessa l'essere ascoltato" (M. F. Siacca)

 

4

Non abbiamo che guardarci in giro nel mondo che ci circonda per vedere in quale terribile misura il silenzio sia scomparso e scompaia sempre di più; quanto sopravvento abbiano le chiacchiere e come sempre più aumenti il ruomore. Di fuori e, prima dentro; giacché lo stato interiore anche di quelli che taccciono è spesso tutto'altro che silenzioso; è piuttosto una interiore produzione di parole, che solo causalmente non esce fuori (R. Guardini).

 

STOP! IN THE NAME OF LOVE

 

 

 

La Possessività è il culmine di una pulsione onnipervasiva che distrugge qualsiasi cosa al suo passaggio. E' come un virus folgorante, e prolifera come il germe della follia. Al'inizio assume l'aspetto di una sorta di manovra d'accerchiamento di routine, quindi inoffensiva. Poi si trasforma in una specie di "reticolato militare", per divenire infine una "tecnica di perquisizione costante del territorio dell'altro". (M. Chebel, Il libro delle seduzioni).

 
 

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