Liberta' di parola

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Osservo dalla finestra della mia stanza: quasi circondata dal mare blu cobalto, contro il cielo terso e azzurro, si staglia un’altissima gru marrone di un cantiere, come uno scheletrico albero di ferro. Ci sono persino alcuni gabbiani appollaiati sul suo grande ramo d’acciaio.Oggi il mare è una tavola.Io apprezzo il mare solo come elemento estetico del panorama. I suoi colori cangianti e riflettenti quelli del cielo durante l’arco delle 24 ore, i suoi colori molteplici secondo le condizioni atmosferiche… I suoi blu profondi e intensi, i suoi azzurri, tutti i toni del grigio, il quasi nero di quando è in tempesta con il bianco che si staglia sulla scogliera quando i marosi s’infrangono su di essa, i rossi e gli arancioni delle albe e dei tramonti, lo struggente nero della notte ferito dalla lama bianca della luna che romanticamente si corica  sulla sua accogliente coperta…Non amo il mare da diporto, né tanto meno, amo il mare inteso come obbligo giornaliero, settimanale, estivo di frequentazione in compagnia della soffocante massa di bagnanti per immergersi, tuffarsi, nuotarci e abbronzarsi: io per me ho di meglio da fare, di solito.Un gabbiano solitario plana elegantemente attraversando il cielo e si posa anche lui sulla gru e naturalmente mi ricorda “il Gabbiano Jonathan Livingston”…Intanto la radio, dopo una canzone di Biagio Antonacci, raglia la pubblicità di favolosi viaggi nel mondo con una certa agenzia che promette trattamenti principeschi.E arriva un’altra estate…