Harvey the Pooka

PIETRO GERMI :L'ARTIGIANO


Alcuni anni fa, mi trovai a scrivere  sulla rivista  cinematografica  "Cinema  studio" con cui  collaboravo  , la recensione di un libro -edito dalla Nuova  Italia  nella collana Castoro cinema- scritto da Enrico Giacovelli , su Pietro Germi. Visto che  uno  dei commentatori  del  mio BLOG, me lo  ha  menzionato ,vorrei riportarvi  la  mia recensione  di allora , concedendo  in questo  modo  un piccolo  omaggio a  me stessa  e  sperando  di  farvi  avvicinare  a questo  regista( nel caso  in cui  lo  conosciate  poco). HARVEY Pietro Germi  è uno di quei registi  che  il mondo  della cultura  cinematografica italiana sembra aver  dimenticato: forse  perché  in tutto l'arco della sua produzione  filmica egli  non fece mai  delle scelte che si adeguassero ai generi ed  ai  temi  del  momento, ma rimase  sempre  un solitario, cercando strade  percorse da  pochi. In pieno  neorealismo, infatti, egli  trovò le sue  radici nella cinematografia americana, soprattutto quella  di  John Ford e  Billy Wilder, di cui colse la cura  quasi artigianale  l'estremo  rigore tecnico; non a caso , alcune  scene dei  suoi film ricordano  certi  western hollywoodiani, sia per l'azione  che per la  suspanse, come pure per il perfezionismo  nella scelta  della colonna  sonora e nel lavoro con gli attori. Un prezioso aiuto per  conoscerlo  o farcelo ricordare ce  lo offre  ora   la  monografia di Enrico Giacovelli  pubblicata  dalla Nuova Italia  nella  collana "Il castoro cinema". "Germi  non era  un genio " scrive  l'autore, " ma neanche  un venditore  di  fumo.Era  semplicemente uno che  ha  qualcosa  da dire  e lo vuole  spiegare  a tutti". Le  tematiche  sociali, pur  presenti nella sua  opera, non hanno  l'intento  rivoluzionario  di certo  cinema  neorealista, ma quello di  rivelarci  la posizione  del regista di fronte  ad  alcune  problematiche  italiane: in questo  filone  possono  iscriversi  i suoi  primi  film  Gioventù  perduta(1947),In nome  della legge (1948), Il cammino della speranza (1950), e  La  città  si  difende (1951), nei  quali più esplicita è la presa di posizione  morale. La caduta  delle tensioni  ideali  porterà  successivamente  Germi  verso  una riscoperta degli aspetti  individuali: la progressiva  identificazione con i personaggi  rappresentati finirà  anche  per  spingerlo  a  rivestirne  i ruoli in qualità  di attore. Ecco  quindi  i  film  in cui  il protagonista  giganteggia all'interno  di  un dramma che  lo coinvolge e lo assorbe: nascono  Il  ferroviere(1955),L'uomo di paglia (1957), Un maledetto imbroglio(1959).Tutto è  vissuto  "dal di dentro". Le  vicende  sociali sono ora colte attraverso  le tracce  indelebili  che lasciano  sulla personalità  dell'uomo medio. Lo stesso regista  ebbe  occasione di dire :"In fondo  il mio carattere  entra  nei  miei  film in certi  personaggi, specie  in quelli  che  ho interpretato  io: certi piccoli  dati autobiografici nel complesso  vengono  fuori da  L'uomo di paglia,da Un maledetto imbroglio. Dai  film fatti  come attore in fondo  si  ha un'idea  abbastanza  precisa  di come sono  io".Agli inizi degli anni '60 la generale  affermazione  del benessere economico ha  tolto all'uomo  ogni  profondità  intimistica: Germi punisce la superficialità  dilagante  con l'ironia ed  il sarcasmo ,  affrontando  il genere  della commedia. Ironia  e sarcasmo che saranno presenti solo nelle  sue prime  commedie definite  da  Giacovelli "della  cattiveria": Divorzio all'italiana(1961), Sedotta e  abbandonata(1963), Signore e signori (1965). In questi  film Germi  mostra  quasi  di  toccare e schivare  la realtà, di denigrarla  con un amaro sorriso, presentandola agli occhi  del  pubblico  in maniera  grottesca. Se  con le  commedie  "della  cattiveria" il regista  si  proponeva  di rendere chiari agli italiani  i loro difetti , presto arriveranno   le commedie  "della bontà", quelle  cioè  dei  buoni principi, del lieto  fine: L'immorale (1966) Serafino (1968), Le  castagne  sono  buone (1970), Alfredo Alfredo (1972). Giacovelli  ha  il merito di ripercorrere il complesso  percorso artistico ed  umano  del regista in un libro essenziale, ma  non per questo  vago e banale, che  rivendica l'"Attuale  inattualità" di Germi," un vestito vecchio che sta  chiuso  in soffitta ma un giorno probabilmente  tornerà  di  moda". Questo  forse  perché"... oggi ci  sono  dappertutto  registi-acrobati,registi-poeti,registi- dottori, registi-laureati. Quelli che  mancano  sono i  buoni  falegnami..."