Riflessi di me

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Per le sedici ore successive, quasi non mi mossi. Incapace di guardare il viso di mio marito, guardavo un filo della giacca del suo pigiama, e i bottoni in madreperla. Avrei voluto strapparli via, appoggiargli la testa sul petto e sentire il pulsare attutito del suo cuore, ma non lo feci. Avrei potuto scoppiare a piangere. Avrei potuto fargli male. Alle cinque del pomeriggio alzè il capo, mi attirò a sè fino ad avere le sue labbra contro il mio orecchi. mi scostò i capelli dal viso e mormorò qualcosa con voce roca.  "Come" sussurrai io.Odiavo costringerlo a ripetersi; a quel punto, per lui ogni parola era uno sofferenza in più."Per favore", alitò. "Qualcosa per il dolore"Mi fissava. Qualcosa gli oscurò gli occhi. La sua pelle come liquida."Certo. Tieni duro" Con la mano libera premetti il pulsante di chiamata. La porta si apri quasi subito ed entrò una figura vestita di bianco. Lui battè le palpebre, infastidito dalla luce che sgorgava dal corridoio. L'infermiera introdusse l'analgesico nella flebo. Lui ebbe un fremito. Lei mi guardò. L'infermiera se ne andò e Lui ricadde sui cuscini. Tossì un suono rauco, rasposo, incerto. Ebbe un lieve conato e cercò di parlare ma emise solo un futile gracidio."Acqua", dissi io. Lui assenti con un minuscolo, cenno secco del mento. Mi allungai a prendere il bicchiere di plastica posato sul comodino, attenta a non stringerlo troppo. Gli passsai la mano libera sotto la nuca, ma lui si agitò, le rughe sulla fronte più scavate, dicendo no, no, lascia che lo faccia io, lottando per quelle ultime vestigia di autosufficenza. Gli accostai il bicchiere alla labbra. Bevve rapidamente, con sorsi brevi. Gli tremava la testa per lo sforzo. E quando la mia mano ebbe un sussulto l'acqua gli si rovesciò sulla gola, sul collo. Sorrise. Un sorriso appena abbozzato, ma quasi gridai nel vedere il suo viso aprirsi al piacere. "Hai le occhiaie", disseMi prese la mano, se la portò alle labbra e mi baciosei ore dopo era morto.