HIM and Me

vita a milano...ma che gioia...


Cadono foglie sul prato del mio cuore, eppure non ricordavo di aver piantato alberi..eppure non ricordavo i colori delle foglie ingiallite che mi abbracciano mentre mi distendo su esse. Un tramonto di fuoco irraggia il mio mondo, opaco, nebbioso, come un incenso acceso e spento all’improvviso da un alito di incertezza. Tremori che scuotono le mie mani, mentre fiondo in esse il mio volto, pensante, corrotto da visioni che non dovrebbero esistere, da visi angelici mascherati da demoni, e da riluttanti fiere mascherate da ninfe mitologiche.  Non è carnevale, non lo è, non esiste il carnevale nel mio mondo, non esistono le stagioni, esiste solo il tempo. Tempo che non è scandito da numeri che contano gli anni, i minuti e i secondi. È solo tempo, infinito, non misurabile, avvolte non percepibile. Ogni passo, ogni spostamento d’aria cambia il mio volto, lo invecchia, lo cambia, lo ridisegna. Ricordo i miei primi passi, il mio volto migliorava ogni giorno, si formava, si colorava di colori bellissimi. Ricordo il mio ultimo tempo, quello più recente, quello che la mia mente ricorda più nitidamente, e vedo il mio volto scavarsi di rughe, di precipizi dove prima c’erano vallate, dove prima correvo con cavalli bianchi e puri, ora c’è un deserto senza oasi. Eppure l’acqua esiste, la mia gola l’ha assaporata e se n’è resa dipendente. Eppure ora non riesce a gustarla, ne ha paura. Ha paura che ristagni, che celi dei sapori diversi, malati. Qualcosa è terminato in me, un altro tempo, quello che credevo potesse essere l’era perfetta, eterna. È finito per mia scelta, perché ne ero uscita io, nei laghi da me nutriti vedevo distorsioni del mio riflesso, non ero più io. E mi rattristo del fatto che solo il mio riflesso sia cambiato, quello di colui che l’aveva nutrito con me non lo era. Non lo era, per lui, ma per me sì. E chissà cosa i suoi occhi vedono adesso di quel paradiso, lo rimpiangono, lo bramano ancora, eppure non mi odiano per averglielo strappato, perché senza di me, comunque, non è più lo stesso tempo, non è più lo stesso eden. Eppure i singhiozzi di quel cuore spezzato, per causa mia, lacerano il mio, che pur allontanandone si è liberato di una realtà ormai corrotta dai fini persi. Mi sembra di non vivere mai realmente, bramo l’amore, ma sono realmente capace di abbracciarlo? Era il mio mondo sbagliato, o ero io quella sbagliata? Dio quanto vorrei saperlo…vorrei sapere perché ora ho così paura, e così sento la mia vita in un oblio, in un vortice da cui non riesco a risalire, ma perché? È uno stato terribile, terribile. Di sospensione dalla realtà, come se avessi tanti regali che fluttuano intorno a me, ma le mie mani non sono in grado di prenderli, perché astratte. Come se vivessi in una proiezione, intangibile. Che cos’è questo mondo nuovo, ma cos’è? Mi sento così persa, senza i miei amici qui vicino, si sono allontanati dopo la mia partenza da palermo, tutti. Piango immensamente nel mio cuore rannicchiata su un cuscino per questo. La mia seconda famiglia è svanita, restano solo pezzi sparsi. Ma perché? Rimango io come unico perno, eppure non riuscirò più a sanare i cocci. La mia adolescenza è finita anch’essa. La mia scuola non è più la mia, i miei professori non sono più tali, i miei secondi padri e amici che mi hanno cresciuta tra i banchi, non sono più responsabili della mia crescita. Vorrei riabbracciarli tutti, essere ancora lì, seduta accanto al mio amico fraterno, ad imparare da loro, a renderli fieri delle nostre abilità. Ma non è più così, siamo cresciuti. E adesso sono solo un numero in una delle università migliori d’Italia. Sì…solo un numero. Non avrò più un abbraccio alla fine di un esame da chi è pur incaricato di giudicarmi. Non ho più la cena pronta in tavola e mia madre che mi chiede com’è andata oggi..è tutto così veloce, così dannatamente veloce. Ho dei nuovi amici qui, gli unici che alleggeriscono la mia giornata, ma appena torno a casa e passo dalle strade di questa città, non mi sento a casa. Questa non è casa mia. Queste strade sono così grigie, così spente, così vuote di ricordi. Non ne ho qui. Non ho un’identità. Sono nessuno, come ulisse nella grotta del ciclope. Voglio un’identità, la rivoglio. E non si tratta di crescere, mi sta bene, ma…perché ciò che doveva comunque restare alla base della mia vita è andato in pezzi. Perché i miei amici si sono divisi? Perché quando tornerò a casa per le feste non avrò più una serata tutti insieme, a rincuorarmi dei vecchi tempi? Perché? Davvero non è rimasto niente degli anni più belli. Niente. La mia vita eravate voi. Polvere dissolta nel vento ora. Posso solo ricordarne il profumo finche non svanirà anche quello dai miei ricordi. Che qualcuno mi salvi! Che qualcuno mi ridia la gioia di vivere. Che qualcuno arrivi e ripari questo cuore malato. Che qualcuno gli tolga il dubbio e l’oscurità dell’incertezza e del male. Che qualcuno mi aiuti per favore…..tornate…tornate miei anni felici..se ci siete mai stati…tornate…