ORIGINI BOREALI

PREMESSA GENERALE


Il problema delle origini umane è uno dei più controversi, attorno al quale si dibatte ormai da qualche secolo. Soprattutto nell’area occidentale del mondo, le antiche certezze provenienti da mitologie radicate nei popoli, o da sistemi religiosi ben strutturati e più o meno dogmatici, sono state seriamente messe in discussione dalla teoria evoluzionista, che pretende di spiegare in modo più “scientifico” e razionalmente verosimile l’avvento delle varie forme viventi, tra le quali quella umana. L’ipotesi evoluzionista, però, non costituisce l’unico modo di rappresentare le linee di questo processo, anche se appare largamente maggioritaria in ambito scientifico-accademico (ambito, comunque, non unanime); una delle aree culturali che maggiormente si oppone a tale veduta, è sicuramente rappresentata dal cosiddetto “tradizionalismo integrale”, dei vari Renè Guenon, Julius Evola, Ananda Kentish Coomaraswamy, Frithjof Schuon, Titus Burckhardt ed altri ancora.Le presenti note rappresentano una serie di considerazioni partite dall’analisi della letteratura tradizionalista in merito allo specifico problema delle origini umane, considerazioni che sono però state affiancate a qualche riflessione derivante da alcuni elementi di tipo scientifico.Più nel dettaglio, riteniamo utile evidenziare subito che le quattro coordinate fondamentali nelle quali ci muoveremo sono le seguenti. 1.      Dinamica involutiva. Al contrario della visuale darwiniana ed evoluzionista, l’umanità di oggi non rappresenta il risultato finale di un’indefinito andamento progressivo, proveniente da forme inferiori ed animalesche; alle origini, invece, vi fù il divino, un “più che uomo”, che nelle fasi iniziali di questo ciclo generò per regressione l’attuale umanità. 2.      Successione ciclica e cronologia “guenoniana”. L’attuale forma umana non è la prima e non sarà l’ultima. Qui però ci interessa sviluppare una serie di riflessioni unicamente sulla presente umanità, il cui ciclo è conchiuso e separato da altri (passati e futuri); tale ciclo completo viene definito “Manvantara” nella tradizione indù ed a sua volta si suddivide, come dai molti accenni delle fonti tradizionali, in età successive di decresente durata e valore spirituale: l’età dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro (le ultime fasi della quale stiamo tuttora vivendo). La specifica cornice temporale che prendiamo a riferimento è quella fornita dal francese Renè Guenon, che definisce il Manvantara completo su una durata di circa 65.000 anni, con l’Età dell’Oro che durò dall’inizio del ciclo fino a circa il 37.000 a.c., l’Età dell’Argento dal 37.000 a.c. fino a circa il 17.000 a.c., l’Età del Bronzo dal 17.000 a.c. fino a circa il 4.400 a.c. e l’Età del Ferro dal 4.400 a.c. fino ai nostri tempi, secondo una proporzione aritmetica 4-3-2-1. 3.      Monogenesi umana. Tutte le attuali forme umane (per esempio dal bianco “civilizzato” al pigmeo vivente allo stadio di caccia e raccolta), derivano da un’unica forma ancestrale e quindi risultano tutte imparentate, seppur in gradi diversi; di conseguenza non appare plausibile che attualmente vi siano popolazioni viventi “residuali”, cioè provenienti da Manvantara precedenti a quello della presente umanità. 4.      Localizzazione boreale. La forma ancestrale dell’attuale umanità è sorta in un’area prossima, o coincidente, con il Polo Nord geografico, a prescindere se questo abbia subito degli spostamenti nel corso dei millenni. Aggiungiamo, inoltre, che le considerazioni che esporremo sono state stimolate dal fatto che riteniamo esservi ancora diversi punti aperti nell’ambito della letteratura che si è occupata di storia umana da un punto di vista “tradizionale” e “boreale”. Letteratura che, per inciso, purtroppo sembra essere molto esigua su tematiche quali le terre nordiche di Thule o di Iperborea, e forse un po’ più cospicua in merito alle origini dei popoli indoeuropei; ma comunque ben poca cosa se raffrontata allo sterminato fiume di libri che, ad esempio, hanno avuto come oggetto il mito di Atlantide. In ogni caso, tra i punti più controversi che abbiamo rilevato – e che ora scorreremo in estrema rapidità – riteniamo in primis che sussista un equivoco di fondo attorno al soggetto che nei tempi aurorali sarebbe sorto nel nord del mondo; soggetto che, a seconda dei vari autori, viene indicato ora nell’umanità tutta intera, ora nel suo solo ramo “caucasoide” (la cosiddetta “razza bianca”, in tutte le sue estensioni), ora nell’ancora più ristretto sottogruppo “nordico”, ora, infine, nell’insieme “indoeuropeo” (che però è un concetto più etno-linguistico che bio-antropologico). Tale equivoco molto spesso risulta collegato alla diversità delle scale temporali che i vari autori hanno inteso utilizzare, evidenziando differenze anche notevoli tra ipotesi di datazioni preistoriche relativamente alte (es. Guenon), intermedie (es. Wirth) o basse (es. Tilak).   Ma ci è sembrato opportuno sviluppare qualche riflessione anche su taluni aspetti, secondo noi alquanto controversi e non del tutto approfonditi, legati alla coesistenza della mitica e beata età dell’oro con i contemporanei fenomeni glaciali del wurmiano; come anche attorno alle troppo poco indagate dinamiche interne del periodo aureo, che nella letteratura di riferimento quasi sempre, più o meno implicitamente, si dà per scontato aver rappresentato un momento statico della storia umana, mentre invece riteniamo vi siano diversi elementi per modificare sostanzialmente tale assunto. Non pochi spunti di riflessione sono inoltre derivati anche dalle posizioni senz’altro divergenti che Julius Evola e Renè Guenon hanno evidenziato in merito al problema della monogenesi umana, al rapporto Nord-Sud del mondo, alla concezione delle razze umane (e, considerando anche altri autori, dalla scarsa unanimità emersa circa la loro corrispondenza con i quattro elementi tradizionali Aria-Acqua-Fuoco-Terra); infine, ci è sembrato di ravvisare una curiosa specularità fra le concezioni evoliane e quelle guenoniane, nel momento in cui le prime tendono a mettere in risalto l’elemento ario-europeo a discapito del concetto di un’umanità in senso più generale, mentre all’opposto le seconde sembrano piuttosto porre l’accento su quest’ultima, negando nel contempo ogni fondamento tradizionale all’idea di unità indoeuropea.