ORIGINI BOREALI

LA VIA NEGATIVA DEL DEMIURGO


 Renè Guenon ricorda che Dio ordinò agli angeli di adorare l’Essere primordiale e prototipico – che nella tradizione islamica è l’Uomo Universale – nella sua forma, anche qui definita sferica, raffigurante la manifestazione totale; ma, come già dicevamo, e sottolinea anche Titus Burckhardt, l’Uomo Universale non è realmente separato da Dio perché rappresenta il suo volto nell’insieme delle creature. Il ribelle si rifiutò quindi di venerare l’immagine divina che era in Adamo, pur partecipando di quella globalità, giacchè Bohme ricorda infatti che gli angeli hanno anch’essi forma umana, oltretutto rappresentata in modo supremo dal più bello, Lucifero. La ribellione angelica si configura quindi come pura negazione, come il non accettare di conformarsi, pur facendone parte, a quel “Tutto” fatto “a immagine e somiglianza di Dio”: Lucifero sembra quindi agire come colui che non vuole ammettere di appartenere a un dato ordine della Manifestazione e nega obbedienza ad un ruolo assegnato nell’economia cosmica, preferendo piuttosto affermare la propria individualità. Ma nel momento in cui Lucifero sceglie la sua esistenza distintiva e non subordinta al Principio primo per il tramite dell’immagine divina, cade. In merito all’invidia luciferica verso Adamo, Coomaraswamy propose un’interessante corrispondenza “microcosmica” tra Adamo e lo Spirito e tra Satana e l’Anima, rappresentando quest’ultima, nell’ambito del ternario Spirito-Anima-Corpo, la parte mediana (analoga alla Psyche greca), che Guenon ci ricorda appartenere al dominio della manifestazione formale o individuale, ancorchè “sottile” e non grossolana come la corporeità pesante. In effetti, anche dal Corano ci perviene uno spunto simile, in quanto il rifiuto di inchinarsi davanti ad Adamo, da parte dell’angelo chiamato Iblis, ne determina la caduta e la trasformazione in un “Jinn”, ovvero in un essere della categoria dei “Geni”, entità immateriali che Burckhardt segnala appartenenti al mondo psichico, intermedio. Ma l’azione “diabolica”, oltre ad essere gravida di conseguenze a livello cosmologico, contemporaneamente prepara anche sul piano antropologico le condizioni della successiva caduta umana; Onorio da Ratisbona e Leopold Ziegler vedono infatti il processo discendente generale svilupparsi per tappe, concludendosi con l’evento definitivo che porterà l’uomo a perdere il paradiso edenico (e nel quale, non a caso, il Serpente è una delle creature già ivi presenti). Secondo tradizioni successive a Cristo, raccolte e commentate da diversi autori, tra i quali Julius Evola e Mircea Eliade, gli angeli ribelli vengono avvicinati ai “figli di Dio”, o “figli di Elohim” (e, in questo contesto interpretativo, certa letteratura siriaco-ebraica identifica gli angeli caduti anche con gli enigmatici “Veglianti”),  che si unirono alle “figlie degli uomini”, evento che nel Genesi viene narrato appena nel sesto capitolo; altrove, Evola identifica gli angeli ribelli con i Nephelin (Giganti), i Titani ellenici e, ancora, “coloro che vegliano” con gli uomini che anticamente furono “gloriosi” (citati sempre nel sesto capitolo del Genesi) leggendo tale fase “gloriosa” come quella aurea ed androginica-primordiale. Una chiave di lettura, quella evoliana, che quindi sovrappone i vari attori sulla scena, ponendo di fatto l’accento sull’unità di fondo di queste entità, evidentemente narrate nelle varie fonti tradizionali secondo aspetti e prospettive diverse, ma mai irriducibilmente separabili l’una dall’altra. Viene però da chiedersi, in questo contesto, a chi corrispondano le “figlie degli uomini”, dal momento l’umanità nella forma attuale non esiste ancora.A tale quesito, Evola risponde che tali enti femminili sono interpretabili con la stessa potenza degli angeli ribelli, potenza che può etimologicamente essere collegata alla “potenzialità” materiale – tradizionalmente sempre di segno femminile – contenuta in essi stessi (materialità che probabilmente appartiene al livello “sottile”, visto che anche per Guenon i “Veglianti”,  corrispondenti agli angeli ribelli, sono forze che appartengono al mondo intermedio); ma non è solo Evola che percorre questa via interpretativa, anche altri autori hanno visto, nell’unione dei figli di Elohim con le figlie degli uomini, la materializzazione progressiva dell’entità adamica sottile ed incorporea.Pur essendo narrato appena nel sesto capitolo del Genesi, che si pone dopo l’uscita dall’Eden e già lontano dall’età dell’oro, è quindi probabile che l’evento di questa unione possa riguardare, su un diverso piano ontologico e cioè a livello “sottile”, situazioni di inizio Manvantara; ma ciò non toglie che analogamente l’evento possa essersi riprodotto in un secondo tempo e ad un livello più basso, questa volta però tra attori diversi, seppur in qualche modo corrispondenti a quelli iniziali. Frithjof Schuon infatti ci ricorda che l’età dell’oro fu in effetti tale proprio per questa sua continua apertura tra l’alto ed il basso, per questa comunicazione non ancora interrotta con il mondo sottile, e che, quindi, poteva con facilità “produrre” questo genere di accadimenti. Ed in effetti, come metodo generale di analisi, Guenon rileva come sia del tutto normale che nei testi tradizionali un elemento particolare possa essere preso a prototipo di un insieme più ampio, come anche può succedere il caso inverso, ovvero che dal caso più generale si vada per analogia verso il più specifico e particolare.