Creato da: MICHELEALESSANDRO il 15/07/2012
PREISTORIA UMANA E TRADIZIONALISMO INTEGRALE

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CRITICA DELLE TEORIE AFROCENTRICHE: ASPETTI ANTROPOLOGICI E RAZZIALI

Post n°8 pubblicato il 27 Luglio 2012 da MICHELEALESSANDRO
 

Dubbi sulle ipotetiche migrazioni dall’Africa, nella diffusione mondiale degli uomini anatomicamente moderni, possono riguardare anche aspetti più prettamente legati all’antropologia fisica e razziale.

E’ stato infatti notato come in genere i più antichi europei ed australiani conosciuti tendano ad evidenziare delle somigliare fisiche molto più pronunciate verso i loro discendenti di età storica piuttosto che nei confronti dei presunti antenati africani; ad esempio, nei primi ritrovamenti ossei del nostro continente – Combe-Capelle e Cro-Magnon – sono riscontrabili non poche caratteristiche ancora oggi presenti negli attuali europei, o almeno in buona parte di essi (più avanti torneremo sul significato di tali reperti); questi ipotetici antenati africani cioè, ad un esame attento, si rivelano essere alquanto sfuggenti come popolazione chiaramente identificabile dal punto di vista delle caratteristiche tipologiche. Non sembrano cioè esistere loro reperti di antichità compatibile con la teoria “Out of Africa”, per la quale i primi flussi potrebbero essere usciti dal continente nero grossomodo 50-60.000 anni fa, e chiaramente riconoscibili come tipo fisico africano, arcaico o avvicinabile a qualche popolazione attuale. Ad esempio i famosi ritrovamenti di Grimaldi, o dei Balzi Rossi in Liguria, hanno da un po’ di tempo viste completamente ridimensionate le caratteristiche "negroidi" inizialmente attribuite (probabilmente anche in malafede, proprio per meglio inquadrarli in una presupposta visuale evolutiva).

In Africa, i ritrovamenti di Boskop sono anch’essi relativamente recenti (circa 20.000 anni) ma le caratteristiche negroidi rilevate non trovano consenso unanime, dal momento che viene piuttosto ipotizzata una componente khoisanide (ovvero sudafricana, di cui gli attuali Boscimani ed Ottentotti che non rientrano nello standard negroide classico; ne accenneremo più avanti), mentre invece sembra più chiara un’affinità con elementi europoidi del tipo Cro-Magnon, il quale appare quindi più un suo contemporaneo che un suo discendente.

Sempre in Africa, l’Uomo di Asselar presenta caratteristiche negroidi probabilmente più pronunciate, ma anch’esso denota una certa affinità con i reperti Cro-Magnon e forse pure con le attuali razze khoisanidi sud-africane; risale comunque a tempi ancora meno antichi di Boskop, probabilmente al paleolitico recente se non addirittura al neolitico. Il reperto di Asselar è stato rinvenuto in corrispondenza del margine meridionale del Sahara che in quel periodo, ormai piuttosto vicino ai tempi storici, era abitato da popolazioni già ben diversificate, come protoberberi mediterranei, etiopi di tipo africano orientale, boscimani, negrilli ascendenti degli attuali pigmei; è in effetti probabile che solo in questo momento si sia verificata la mutazione che ha prodotto l’attuale tipo negroide che rappresenta il nucleo base dei tre odierni raggruppamenti Bantu, africani occidentali e Nilo-sahariani.

In definitiva, è generalmente riconosciuto (Kurten, Canella, Biasutti, Bertaux) che vi è una forte carenza di resti sufficientemente antichi riconducibili ad individui antropologicamente negroidi; ed anche se la cosa potrebbe, al limite, essere spiegabile con una certa difficoltà di conservazione dei fossili nelle foreste pluviali dell’Africa occidentale, vi sono in ogni caso molti antropologi che persistono nell’idea che la razza nera rappresenti una variante umana relativamente recente (Bernatzik, Biasutti, Brian, Coon; per Weinert sarebbe addirittura più giovane delle popolazioni oceanico-melanesiane). Oltre ad essere particolarmente recente, il ramo negroide inoltre non denoterebbe caratteri di “primitività”, ovvero di vicinanza ad un tipo umano ancora indifferenziato ed originario, ma al contrario, in rapporto alle caratteristiche antropometriche medie dell’umanità, presenta valori molto specializzati e differenziati (per Biasutti, analogamente a biondi europei e mongolici) e ciò, a nostro avviso, è piuttosto significativo in merito a quanto invece sarebbe lecito attendersi secondo la teoria “Out of Africa”; la differenziazione della razza nera, inoltre, si evidenzia anche attraverso una marcata varietà tipologica interna, probabile risultante, come in nessun’altra razza umana, di innumerevoli incroci con popolazioni allogene, tant’è che risulta piuttosto difficile stabilire oggi dove si trovi il puro tipo negroide di base.

Le evidenze di cui sopra introducono a nostro avviso un aspetto che capovolgono completamente l’assunto afrocentrico iniziale: l’Africa cioè non sarebbe stata la terra dalla quale partirono le migrazioni più antiche del mondo ma, all’opposto, un’area di forte immigrazione, dove nel corso del tempo sarebbero confluite le più disparate varietà umane. Un “melting pot” ante litteram, insomma.

A conferma di questa ipotesi vi sarebbero, nel folklore di diverse popolazioni sub-sahariane, svariati accenni ad antichi antenati giunti dalla direzione di nord-est; qualche antropologo ritiene infatti che il ceppo originario delle popolazioni nere si sarebbe formato in aree iraniche ed indiane, migrando poi sia verso ovest, in Africa, sia verso verso est, in Insulindia ed Oceania. Secondo una linea simile sembra muoversi il già incontrato glottologo Alfredo Trombetti, per il quale i progenitori dei negroidi africani (si riferisce sopratutto ai Bantu, ma non solo) sarebbero anticamente giunti dalle regioni dell’India orientale abitate dai Munda, oggi ancora ivi presenti, e da alcune popolazioni australoidi (poi migrate in direzione sud-est) sulla base di alcune influenze linguistiche che ritenne di aver individuato.

Più recentemente, Steve Olson segnala da persistenza di innegabili contatti tra l’Africa e l’Asia sud-orientale, prendendo ad esempio tutte quelle popolazioni (pigmei semang, andamanesi, indiani meridionali di pelle nera) che dall’aspetto sembrerebbero più africani che asiatici, ed in particolare ipotizzando anche la concreta possibilità di riflussi migratori in direzione opposta – per lui l’Africa è comunque la culla primordiale –, cosa peraltro confermata, nello spazio tra i 60.000 ed i 40.000 anni fa, anche dal genetista Luigi Luca Cavalli Sforza. A nostro avviso è comunque utile ricordare come la prova archeologica di un’ipotetica via seguita dai presunti protoafricani verso l’Australia risulti ancora carente, mentre invece sembrerebbero meno incerte conclusioni opposte, se ad esempio analizziamo il particolare caso delle popolazioni khoisanidi sudafricane, già incontrate, per l’origine delle quali da più parti si è postulato un antichissimo meticciamento, forse in zona mediorientale e prima di emigrare in Africa, di gruppi non ancora specializzatisi in direzione chiaramente negroide con altri di tipo asiatico e simili all’attuale razza gialla. Quindi anche i boscimanoidi sudafricani riusulterebbo essere con ogni probabilità un gruppo allogeno e dalle caratteristiche piuttosto specifiche, tanto che l’antropologo Coon non li considerò neppure appartenenti al tipo negroide classico (da lui chiamato “Congoide”) ma una razza a parte, quella “Capoide”; per lo stesso Cavalli Sforza le caratteristiche khoisanidi sono tali da renderne problematica l’ipotesi di una discendenza diretta dai protoafricani iniziali, in quanto si discostano notevolmente dal tipo africano medio (caratteristica secondo lui condivisa anche dai Pigmei centrafricani, le cui specificità sono comunque tali che prevediamo di ritornarvi più approfonditamente in futuro).

Infine, per quanto riguarda le popolazioni etiopiche (anch’esse particolarmente interessanti e sulle quali svilupperemo più in là delle considerazioni di ordine generale che ora ci porterebbero troppo lontano), per il momento segnaliamo che, sempre a parere di Cavalli Sforza, potrebbero rappresentare il prodotto di un meticciamento molto più recente di quello che avrebbe prodotto i boscimanoidi; ma, secondo questa ipotesi, anche per loro diventa problematico considerarle dirette discendenti degli ipotetici protoafricani iniziali, che quindi…continuano a nostro avviso a rimanere senza validi eredi.

Dalle osservazioni di carattere antropologico abbiamo man mano iniziato ad approcciare l’argomento afrocentrico anche dal punto di vista genetico, che cercheremo di approfondire nei prossimi post.

 
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