iconoscopio

Cristo e l'abate Mena


          L'icona con il Cristo e l'abate Mena è, tra quelle del primo periodo, senz'altro la più popolare: essa è venerata nella comunità di Taizé a partire dal suo fondatore, frère Roger. Opera di bottega costantinopolitana, ancorché la tradizione la annoveri tra quelle provenienti dall'Egitto, potrebbe essere coeva, se non addirittura precedente, a quella, di VI secolo, con il Cristo benedicente conservata presso il Monastero di Santa Caterina, sul Monte Sinai.          Le figure sono tozze, le teste sproporzionate, sproporzionati sono anche i clipei, il libro poi manca di prospettiva. Tutto insomma contribuisce a quell'impressione di rozzezza e semplicità tipica dei primi tempi cristiani. I volti non tradiscono alcuna emozione e il contegno ieratico è rotto solo dal gesto affettuoso del Cristo, che accoglie alla morte il suo 'imitatore' non, come è stato scritto, per camminare con lui, ma per aggiungerlo al novero dei suoi amici.          L'icona, detta anche dell'amicizia, esprime questo sentimento nella sua forma più alta. La frontalità delle figure comporta che l'abate non incontri mai lo sguardo del maestro, al limite che non lo veda, percepisce tuttavia la Sua presenza, sente senza alcun dubbio la dolcezza del Suo abbraccio. Tale consapevolezza, la consapevolezza della Sua amicizia, ha il sapore di una vera e propria investitura, e da sola è sufficiente a dettargli un gesto di benedizione.