Intolleranza zero

Erato e Astrea


Pochi anni fa mi ritrovai a fare da scrutatore in una delle diverse ma sempre appassionanti elezioni che riguardano la classe forense. Non riesco a ricordare per quale tipo di elezione si votasse. Ricordo, però, chi presiedeva il seggio: un anziano e illustre avvocato, decano del foro, custode del patrimonio della memoria di Castelcapuano.Si sa, gli avvocati adoperano sempre molta cura nello scegliere i loro presidenti, se non i loro scrutatori. Ero all’inizio della mia (miserrima e) breve carriera e l’ingresso nel grande palazzo di giustizia napoletano assumeva sempre un significato particolare, non inquinato dalla quotidianità della frequentazione e degli incontri.Sedevo alla destra del principe e in quella direzione si rivolse la tempesta delle mie domande. Rimasi impressionato. Davvero non riuscivo a capire come facesse a conoscere e ricordare i nomi di così tanti iscritti. E su ognuno di loro tirava fuori un ricordo o un aneddoto. Furono tante le parole spese, la maggior parte sollecitate dalla mia avida (e molesta) curiosità. Quand’ecco, all’ennesima domanda mi pregò di attendere, si alzò dal suo posto di facente funzioni e uscì dall’auditorio. Non sapevo cosa pensare, le ipotesi che si affacciarono furono l’improvviso bisogno fisiologico o il temuto, seppur giustificato, trabocco di pazienza. Il decano dopo poco tempo era di ritorno con due tomi sotto al braccio. Poggiò i libri sul tavolo davanti a me.Lessi il titolo:”Napoli e i suoi avvocati”. I testi erano miei, me li regalava!Aveva perso la pazienza, decisamente… Nell’immaginario collettivo la poesia mal si concilia con la logica giuridica, ma uno dei capitoli è dedicato a coloro hanno vestito l’impegno intimo dell’arte dei versi e sono stati abili avvocati.Alfredo Catapano, valente avvocato, aveva patrocinato in celebri processi dell’epoca. La storia ricorda uno dei suoi successi, la difesa di una ragazza veneta sedotta da un ufficiale di cavalleria. Recatasi in villa comunale presso il galoppatoio dove l’ufficiale si esercitava per chiedere aiuto per il figlio che doveva nascere si sentì rispondere: ”Portalo all’Annunziata”. La donna aveva una rivoltella con sè, uccise il cinico seduttore.Matilde Serao commentò la vicenda: ”Se si uccidessero tutti gli uomini che vedono una bella ragazza e se ne innamorano, non crescerebbero più gli uomini”.Alfredo era un poeta delicato e profondo, descritto come gentiluomo di malinconico e nobile tratto.Animo tormentato, morì suicida il 28 febbraio 1927.Giovanni Napolitano, anch’egli avvocato e poeta, nonché padre del nostro Presidente della Repubblica, gli dedicò una intensa poesia, potente inno alla vita: Illusione di eternoSi, occorre per reggereAlla forza del mondoPer non soccombereSotto il peso visivoDei cieliDella terra e del mare,Occorre questaDivina illusioneDi eterno.Viver bisognaCome se maiSi dovesse morire.E contrastarsiE straziarsiLungo tutto il cammino,Come se fra cent’anniCi si dovesse,Sulle medesime strade,Contrastare e straziare.Pur vi saremo.Sulle medesime strade.A ogni fermata,E’ il cambio.La vita sta lì,Invisibile,Unica eterna,A rinforzare e crescere le fileChe la morte mutila e falcia.