Intolleranza zero

Post N° 77


Forse un mattino andando in un'aria di vetro,arida,rivolgendomi vedró compirsi il miracolo:il nulla alle mie spalle, il vuoto dietrodi me, con un terrore di ubriaco. Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gittoalberi case colli per l'inganno consueto.Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andró zittotra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.Eugenio Montale, Ossi di SeppiaAdoro le piante. Mi prendo cura di loro come molti prendono cura di un animale domestico che condivida il nostro spazio e il nostro sonno.Le piante condividono il mio sogno.Nella stanza da bagno disegno petali bianchi di schiuma sul viso  per radermi. Guardo nello specchio il mio viso riflesso. Entra mia madre e sistema, senza fare rumore, qualcosa nell’anta a sinistra. Il suo viso per un attimo entra nella stessa porzione di specchio che accoglie il mio. E la scorgo. Vedo la nostra identità, la nostra somiglianza. E’ una legge già compiuta e data una volta e per sempre. Io sono lei e lei è me. I suoi occhi hanno il blu carico dei miei. La sua bocca è una duna indurita che disegna onde sull’oceano solcato del suo viso. La mia faccia, quella che porto dietro nelle molte aule di tribunale, quella che piego in smorfie di dolore, quella che ti mostro senza pudori. E’ una faccia delicata che uso per andare in montagna. La quota, quand’è alta, mi inebria. La stessa bocca piena di carne, dal contorno fine e deciso. Una sarta avrebbe avuto la stessa precisione per quel taglio? Vado con la memoria ad una foto che custodisco. Il portaritratti è di forma ovale e racchiude il suo viso da giovane. Guarda altrove. Della stessa sostanza, a sua immagine. Mia madre è dio. Forse, andando in un’aria di vetro di primo mattino ( Montale lo adoro come e più delle piante), con la mano nella sua, con la scuola che la attende, volgeremo insieme i visi e scopriremo la stessa identità. Myriam è mia madre.