Intolleranza zero

Post N° 85


Mi accostai allo spiraglio e chiesi il permesso di fargli una domanda. “Sentiamo”, rispose continuando a radersi allo specchio.Presi sul tragico un mio pensiero ridicolo: che allo specchio erano in due, perciò diceva “sentiamo.” Avrei voluto rinunziare perché quella espressione mi metteva di fronte a un uditorio ufficiale. Quella che era una mia iniziativa di chiedere si rivoltava in cuor mio in un interrogatorio da parte loro. Oggi so che in ogni frase pronunciata c’è l’anima di una domanda, allora temevo che in ogni domanda fosse contenuta una risposta che non sapevo riconoscere.Ero lì a prendere la parola davanti agli uomini.Volevo sapere perché, quando gli eventi tardano, uno è in attesa. Pensavo alla tua caduta di stizza, in una tensione che trasformava d’improvviso tutta una porzione di tempo in una fissità, in un indurimento di nervi, in un’attesa.Chiesi perciò attraverso la porta socchiusa del bagno:-Perché esiste l’attesa?-L’attesa di cosa?Feci una pausa. Riprese con un tono più gentile: L’attesa di cosa?-Se mamma non viene, tu l’aspetti?-Certo.-Se manca la luce aspettiamo che torni?-Non riesco a seguirti, ma non fa niente. Si aspettiamo che torni.-Per ogni cosa che fa tardi e bisogna aspettare, noi siamo sempre in attesa?A questo punto la mia dizione si fece più incespicata.-Papà, se io non voglio stare in attesa e voglio stare senza attesa, posso?Allora interruppe di radersi, aprì del tutto la porta e, come se avesse capito una cosa, non so quale, disse solo così: ”Se tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non vedono.” Poi aggiunse ancora: “Quello a cui tieni, quello che ti capiterà, non verrà con un’attesa.”N.B. Coloro che individueranno l'autore del brano riceveranno in omaggio un buono di 5 minuti...