Patchwork

DICIAMOCI DI PIÙ


CONOSCERECHI C'È DIETRO A GUERREE POVERTÀ.CAPIRE COSA SIGNIFICAVIVERE IN CONGO
INCONTRO CON LA TERRA DI PADRE VITTORIONel mese di agosto, mossi dal desiderio di scoprire la terra di missione dove affondano le radici del nostro gruppo e per la quale P. Vittorio Agostini ha dato la vita, siamo partiti per il Congo.GEOGRAFIA DEL CONGONegli ultimi tempi avevamo maturato insieme la voglia di vivere un’esperienza missionaria, mancava ora soltanto l’occasione. La chiamata è arrivata inaspettata qualche mese prima, quando il parroco di Chiazzano e S. Sebastiano Don Gino Frosini ci ha proposto di accompagnarlo in un viaggio-incontro con l’Africa. E così, semplicemente, il nostro sogno si è potuto realizzare.Il primo congolese lo abbiamo incontrato a Chiazzano: P.Stefhan un giovane comboniano che per un anno è stato in Italia per approfondire i suoi studi ed ha aiutato Don Gino nelle sue parrocchie. Stefhan è stato per noi il primo contatto con il calore africano: ricordiamo con piacere le serate nelle quali con pazienza rispondeva ad ogni nostra curiosità. 
Tra la gente di Kinshasa… Siamo partiti il 30 luglio in una bella giornata di sole: direzione Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo che conta circa 8 milioni di abitanti in continua crescita. Appena atterrati un uomo ci abbraccia e ci sorride: è P. Louis Kouevi, il comboniano di Kinshasa che ci avrebbe accompagnato per tutto il viaggio alla scoperta dei mille volti dell’Africa.Nei giorni trascorsi in città siamo stati ospitati dalla viva comunità dei Padri di Lemba La colazione pronta al nostro arrivo è stato il primo segno con il quale si è fatta riconoscere l’ospitalità comboniana: non si entra in una casa comboniana come ospiti ma come fratelli, ed ogni gesto è volto a farti sentire tale. P.Gigi, perché da subito abbiamo chiamato così Louis, ha fatto luce sulle contraddizioni che ogni giorno vediamo ma che non riusciamo a spiegarci: perché tante persone si spostano dai villaggi per vivere nella città che però non ha niente da offrire? Alla ricerca di cosa questo fiume di gente vaga lungo le strade?Guardandoci intorno vediamo una città che sorge su una distesa di sabbia grigia, sporca, solcata da fogne a cielo aperto, dove le poche fabbriche che c’erano sono state chiuse con la guerra e ora la gente è costretta ad arrangiarsi con baracchini improvvisati dove si cerca di commerciare qualsiasi cosa: su un cartone, tra lo smog delle vecchie macchine e la polvere, ci sono delle uova, su un vecchio tavolo di legno si vende pesce secco e uno sportello arrugginito di un’auto.Facciamo anche la conoscenza  delle Suore comboniane, hanno lo stesso spirito dei Padri: un sorriso aperto e la battuta sempre pronta. Con loro, un pomeriggio, siamo entrati nei quartieri più degradati della città, camminando in una vecchia zona industriale abbiamo conosciuto “i poveri tra i poveri”: i vicoli sono stretti, sui lati si ammassano baracche di lamiera e di legni marci, calpestiamo una poltiglia di rifiuti e l’aria è irrespirabile. Suor Angela ci dice: “A Kinshasa non si vive, si sopravvive!” Ed è proprio questo quello che pensiamo mentre da ogni angolo spuntano bambini che scalzi e vestiti di stracci si accalcano per darci la mano, uomini in fin di vita che ci regalano un sorriso. Se il primo sentimento che abbiamo provato è stato un senso di impotenza e incapacità di comprendere come si può operare in una realtà tanto complessa, presto ci siamo accorti che il lavoro dei missionari è fondamentale per migliorare la vita di questo popolo dimenticato. Il missionario porta la speranza attraverso la parola di Gesù e lo testimonia con le opere, in base al proprio dono. Nella “nostra” comunità c’è P. Gigi che insieme a P. Neno scrive una rivista d’informazione sui problemi del Congo e che è sostegno per le persone con situazioni difficili, come il caso di Patience ex prostituta che grazie a Gigi ha avuto il coraggio di dare alla vita un bimbo: Dieumerci. Nella missione ci sono anche P. Eliseo e P.Moser, il primo ha creato una scuola di informatica, dando ai  congolesi una possibilità in più di lavoro, ed è la guida di un gruppo missionario molto attivo, l’altro ha condiviso con i giovani la propria conoscenza della musica, organizzando corsi di musica e di canto. Ma nella città operano tanti altri missionari come Suor Raffaella che segue un progetto con le donne vedove, dando loro la possibilità di vendere del pane, o P. Benito che appena arrivato a Bibwa ha dato priorità alla costruzione di una grande scuola. Nei villaggi tra la vita nella foresta…Partendo per il Nord abbiamo provato un nuovo distacco: è stato come “lasciare casa” per la seconda volta, pronti a conoscere ancora un altro mondo.Il nostro aereo è atterrato sulla terra rossa, intorno a noi solo il verde della foresta e villaggi di capanne dove la gente vive con ciò che la natura può dare loro. Lungo la strada che ci avrebbe portato fino a Duru da P. Mario Benedetti, al confine con il Sudan, siamo stati accompagnati dalla saggia e instancabile figura di P. Fermo, responsabile dei comboniani in Congo. Ci siamo spostati percorrendo sentieri difficili nella fitta vegetazione della foresta con la presenza costante di militari, partendo da Isiro verso le missioni di Rungu, Nangazizi, Dungu e Mungbere. In tutte le comunità siamo accolti da un’aria di festa, da persone che sapendo del nostro arrivo indossano “il vestito migliore” e si presentano numerosi dandoci il loro saluto: “Mbote!”. Con loro abbiamo vissuto delle celebrazioni talmente partecipate che, sia il bimbo stretto alla schiena della madre, che l’anziano che ha appena interrotto il lavoro nei campi, ballano e cantano rendendo così lode a Dio.Al villaggio di Dungu durante la Messa celebrata da P. Renato, nel momento dell’offerta, ognuno porta all’altare quello che ha: riso, farina di manioca, noccioline e i rami di un Mango che serviranno per riscaldare le capanne. Questa è l’offerta per i più poveri, che ci regalano involontariamente l’insegnamento della carità spontanea, in un mondo dove, con la nostra mentalità occidentale, si pensa non sia possibile. Spesso diciamo rivolgendoci al “terzo mondo” che sono paesi in via di sviluppo, ma qual è il vero sviluppo, la civiltà ? Siamo sicuri che sia la nostra? Accompagnati da Suor Teresina all’accampamento Pigmeo di Mungbere scopriamo un popolo che pone al centro della vita l’uomo e le relazioni umane, che vive in sintonia con il proprio ambiente e da esso riceve tutto quello di cui ha bisogno. Quella che noi chiamiamo provvidenza per loro ha il volto della foresta che accoglie, nutre e protegge; un bambino torna dalla caccia, dentro grandi foglie di mangongò ha raccolto miele che viene diviso in parti uguali per tutte le famiglie dell’accampamento: tutto è di tutti come nella vita delle prime comunità cristiane.Ma la meta più lontana di questo viaggio è Duru, villaggio all’estremo Nord del Congo, siamo arrivati quasi per miracolo percorrendo in jeep 140Km in 11 ore: ma siamo “in orario” visto che il viaggio comprende segare alberi caduti lungo la strada, liberare la macchina da grosse buche di fango e questo comporta a volte stare fermi giorni. Intorno a noi uomini e donne che fanno la stessa strada impraticabile a piedi o in bicicletta, trasportando pesanti carichi di merce da vendere; P.Gigi ci dice:”alcuni di loro moriranno di stenti prima di arrivare.” Dopo una lunga attesa stiamo per conoscere P. Mario Benedetti, il missionario che ha continuato l’operato di P. Vittorio; stiamo per vedere le scuole dove lavorano i maestri sostenuti dal nostro gruppo missionario. In questa comunità guidata da P.Mario, P.Ferruccio e Fratel Pariani, la vita già precaria è resa ancor più instabile dall’isolamento e dalla presenza nei villaggi di gruppi di militari non pagati che con le armi saccheggiano e obbligano la popolazione al loro mantenimento: la gente vive in un clima di terrore che frantuma gli antichi legami tra la famiglie. Infatti uno degli importanti compiti di P.Mario è ricreare nella comunità cristiana una rete di rapporti sociali che dia nuova fiducia nell’unità del villaggio. La permanenza a Duru è breve ma molto intensa: visitiamo un ospedale della missione gestito ora da personale congolese, dove chiunque può entrare per essere curato e ha la possibilità di pagare il servizio facendo dei piccoli lavori per la comunità: questo perché venga mantenuta la dignità della persona.Vediamo anche scuole che con fatica negli anni sono state costruite e che ora si ritrovano saccheggiate dai militari. Mario ci dice: “queste scuole hanno bisogno di banchi e di finestre, tutto quello che potevano prendere lo hanno portato via!”Un altro progetto che Mario ci propone di sostenere è quello che riguarda la realizzazione di una casa-dispensario per un medico, la struttura in mattoni è già iniziata ma occorrono fondi per terminarne la costruzione.Sulla via del ritorno incontriamo le suore comboniane di Nangazizi, Suor Rosa e Suor Eva ci mostrano una struttura missionaria dedicata alle donne, la maternità.L’emozione è forte quando queste giovani mamme ci danno in braccio i propri figli di appena un giorno: sul volto stanco di una madre appare un sorriso vedendo suo figlio stretto tra le nostre mani, come il più prezioso dei tesori. “Questo sorriso è la più grande ricompensa per me” ci dice Suor Rosa e in quel momento capiamo che ogni sacrificio, la paura della guerra, la pazienza di perseverare per raggiungere un traguardo, è ripagato anche da “piccoli” gesti.Quante capacità diverse ha l’uomo da poter donare agli altri? In ogni missione vediamo uomini e donne  impegnati nel trasmettere una professione per realizzare ogni giorno il sogno di Comboni :”Salvare l’Africa con l’Africa”. Suor Enza insegna a cucire alle ragazze madri, Fratel Raffa è meccanico dell’officina di Isiro, Angela, una laica di Padova, ogni anno in agosto va in Congo per tenere corsi di pedagogia ai maestri e ancora P. Gian Maria, medico chirurgo dell’ospedale di Mungbere, ci dice: “Sono molti anni che lavoro all’ospedale aperto da soli bianchi, ora conta 35 infermieri congolesi; appena arriverà un medico locale sono pronto a dare il mio posto!”Ci troviamo ora nella periferia di Kinshasa di fronte alla tomba di Padre Vittorio, in questo viaggio abbiamo visto come i segni che lui ha lasciato in questa gente siano ancora vivi. Coraggio! Il fuoco della missione non si spenge: tutti noi possiamo essere fiammelle.Francesca e Alessandro