Patchwork

MA NON TI VERGOGNI?


«Ero solita guardarmi allo specchio e provare vergogna. Oggi mi guardo allo specchio e amo ciò che sono.» Drew Barrymore La parola “vergogna” deriva dal latino “verecondia”, che significa timore di comportarsi in modo riprovevole, mancando di rispetto ad altri e suscitandone il risentimento e la disapprovazione. In inglese il termine equivalente è “shame”, che rimanda all’indoeuropeo “kam” (nascondere, coprire), e, infatti, proprio per questo  la vergogna è un sentimento spesso e volentieri sottaciuto.Kaufman Gershen, in “The psychology of shame“, definisce il provare vergogna come una sensazione di inferiorità e di umiliazione, e, comunque, non si può  certo negare che il provare vergogna generi una emozione variegata e intensa, sempre causa di un dolore profondo, che coinvolge, interiormente ed esteriormente, l’individuo nei suoi rapporti con gli altri, attraverso la percezione che da essi noi siamo consapevoli di venire considerati inferiori alle aspettative riposte nei nostri confronti.Ci rendiamo conto di venire guardati e giudicati in modo completamente diverso rispetto a come noi avremmo voluto e, proprio rispetto agli altri, questo senso di vergogna che ci attraversa l’anima determina un effetto penoso che ci fa sentire improvvisamente non meritevoli se non addirittura indegni dell’altrui considerazione. Purtroppo questa dipendenza della persona dall’ambiente esterno la conduce al tentavo costante e quasi maniacale di miglioramento delle proprie prestazioni, con l’unico risultato possibile di trovarle, invece,  sempre come costantemente inadeguate.Ma perchè, ad esempio, ci copriamo le “pudende” (dal lat. “pudēre=provare vergogna), ma non ci preoccupiamo minimamente del lobo di un orecchio o dell’alluce?Insomma, perché e di cosa ci vergogniamo?