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GIANFRANCO FINI: UN UOMO RIDICOLO?


E' assurto agli onori della cronaca politica nazionale, negli ultimi giorni, il contrasto tra il leader del cosiddetto "Popolo della Libertà", nonché Presidente p.t. del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, il Dott. Silvio Berlusconi, laureato in giurisprudenza nel 1961 con una tesi in Diritto Industriale sulla pubblicità, e il Presidente della Camera dei Deputati della medesima Repubblica, Gianfranco Fini, ex di Daniela Di Sotto e attualmente legato all'Avv. Elisabetta Tulliani.E' opportuno esaminare un po' da vicino il "dissenso" che Fini ha manifestato nei confronti del lìder maximo del "Popolo della Libertà", esaminando alcune delle sue esternazioni in questi ultimi giorni.E' stato riportato da più quotidiani che Fini, ad esempio, incontrando i suoi seguaci in preparazione della "Direzione Nazionale" del PDL in data odierna, avrebbe tra l'altro stigmatizzato la recente e notoria uscita di Berlusconi sul giornalista e scrittore Roberto Saviano e sulla sua opera "Gomorra". Vediamo un po': si tratta indubbiamente di una delle innumerevoli fesserie che dice Berlusconi, una delle tante che suscita l'indignazione delle persone oneste e di buonsenso, dal momento che Saviano, con i suoi scritti, non fa che riflettere una realtà che non può essere negata e certo a nulla vale l'uso puerile della statistica da parte di Berlusconi, dal momento che il fatto che la criminalità organizzata italiana sia soltanto la sesta al mondo (questo pare abbia richiamato il "Premier" nella sua tirata d'orecchie a Saviano; ed è comunque un'ottima posizione) nulla toglie al potere e alla temibilità della camorra e di altre organizzazioni criminali italiane.Peraltro, l'uscita di Berlusconi su Saviano lascia il tempo che trova: se anche, per ipotesi, Saviano dovesse "rompere" con la Mondadori, casa editrice berlusconiana, non faticherebbe affatto a trovare altri editori, che sarebbero ben contenti di averlo come loro autore, e continuerebbe a vendere, avendo ormai raggiunto una fama internazionale.Secondo punto. Durante il suo intervento alla odierna riunione della "Direzione Nazionale" del PDL, Gianfranco Fini ha attaccato Berlusconi sulla questione della "prescrizione breve" (in realtà nota come "processo breve"), sostenendo che si tratta di una riforma incongrua e irrazionale, perché manderebbe in fumo centinaia migliaia di processi.Riflettiamo un momento: il disegno di legge sul "processo breve" è al momento arenato, avendo Berlusconi sopperito alle sue necessità con il "legittimo impedimento"; il "processo breve" non è più una questione all'ordine del giorno della politica, né probabilmente lo diverrà di nuovo. E' certamente servito a Berlusconi come "spada di Damocle" per far accettare altri e meno "invasivi" provvedimenti che comunque lo "salvaguardassero", come appunto il legittimo impedimento, ma, al momento, è legittimo supporre che a Berlusconi del "processo breve" non freghi più di tanto, anzi non freghi più nulla.Quindi, nei due esempi che abbiamo fatto, Fini si è soffermato su questioni in realtà prive di rilevanza: uno dei tanti flatus vocis berlusconiani (Saviano che fa cattiva pubblicità all'Italia) e un progetto in materia di giustizia che non è più nell'agenda della politica e dell'attività parlamentare.A quanto pare, Fini non si è invece intrattenuto su questioni di ben altra rilevanza.Ad esempio: la demenziale "riforma" delle intercettazioni, che, ponendo una serie nutritissima di limiti e di paletti, di fatto castra questo importantissimo strumento d'indagine. Molteplici sono i profili sotto i quali è stata contestata l'irragionevolezza di questo disegno di legge, di recente addirittura accentuata da alcuni emendamenti. E non basta "l'intralcio alla giustizia": ci si mette anche il bavaglio all'informazione, con la previsione di sanzioni penali carcerarie e pecuniarie per chi pubblichi le intercettazioni prima del dibattimento. Si tratta di un grave colpo alla libertà d'informazione, al diritto d'informare e di essere informati.Chiediamoci: Gianfranco Fini ha aperto bocca sulla questione della riforma delle intercettazioni, così come ha fatto per la fesseria di Berlusconi su Saviano e su "Gomorra" e per un "processo breve" di cui, ora come ora, non fotte più nulla a nessuno?Pare di no. E non vale opporre il riferimento al "finiano" o alla "finiana" che hanno frenato il corso della "riforma" delle intercettazioni in sede di Commissione parlamentare: quello che qui interessa è proprio la mancanza di dichiarazioni pubbliche, nette, inequivoche su questi punti da parte di Fini.Nel suo discorso alla Direzione Nazionale del PDL, pare che Fini abbia evocato l'abolizione della province, che i leghisti non vogliono perché toglierebbe di mezzo un serbatoio di posti da devolvere, al Nord, agli emergenti della casta locale.Ora, l'orientamento contrario all'abolizione delle province esiste ed è solido anche nel centrosinistra, perché sono tante anche le province "di sinistra".Di conseguenza, Fini sa bene che l'abolizione delle province ha tutte le chances di non passare.Perché, invece, Fini non prende posizione in modo netto, chiaro e inequivoco sulla legge elettorale attuale (peraltro votata anche da AN quando fu  varata), che non prevede preferenze e che consente la "nomina" dei parlamentari direttamente da parte di chi ha potere sulla lista, cioè da parte del capo carismatico o delle oligarchie partitiche?Quindi, Fini alimenta la sua polemica con riferimento a tematiche che non sono affatto quelle attualmente e veramente d'interesse, mentre tace su punti della massima rilevanza, assai cari al Capo del PDL, come le intercettazioni e  la legge elettorale.Adesso che si è scoperto dove ha portato la svolta della "fusione" tra AN e Forza Italia nel "Popolo della Libertà", e cioè al 161-11 di oggi a sfavore di Fini nella "Direzione Nazionale", è lecito dubitare anche della lungimiranza e della furbizia di Fini. Fini incentra le sue critiche su vicende e aspetti privi di attuale rilevanza e si guarda bene dal sollevarle con riguardo a tematiche di effettivo e attuale interesse per l'attuale Presidente del Consiglio. Inoltre, "cofondando" il PDL egli di fatto ha svenduto il suo partito (AN) al PDL e ora lui, ex leader incontrastato di AN, si ritrova con undici persone al seguito nella Direzione Nazionale del PDL, circa il 6%.Senz'altro un bel risultato.