IGNORANTECONSAPEVOLE

Géraldine.


La vidi arrivare dal binario sette, e la riconobbi subito: eppure erano passati sedici anni!Mi avvicinai cercando di frenare l’impazienza, mi sembrava che le gambe volessero correre e solo con uno sforzo riuscii a mantenere un minimo di contegno. Tuttavia a due passi da lei mi cadde l’ombrello, che nemmeno mi fermai a raccogliere.- Anna! Quanto tempo è passato! –Vidi i suoi occhi sbattere, segno che anche lei cercava di ricordare o forse che come me non pensava possibile quell’incredibile, fortuito incontro. Ma passati dieci secondi il volto le si illuminò e la bocca si aprì a un sorriso che mi fece tornare indietro nel tempo in modo repentino e violento.La spiaggia libera, il grande telo da mare che portavo sempre con me in moto d’estate, lei che offriva la sua pelle al sole, coperta solo da un piccolo slip rosa acceso, un sacco di tela con dentro le sole cose che potevano interessarci in quei giorni spensierati: una birra già imbevibile e una bottiglia di tè freddo anch’esso ormai tiepido, i suoi enormi occhiali da sole, una rivista che fingeva di leggere quando metteva a rosolare la schiena, qualche crema.Ripresomi dai ricordi l’abbracciai subito. Anche considerando il fatto che era vestita in modo consono al periodo autunnale, notai che aveva preso qualche chilo, e mi parve più alta, certo per colpa dei sandali con il tacco che portava. Ai tempi della spiaggia e delle nostre gite in moto sotto ai suoi piedi non c’era che un centimetro di gomma.- Ma dimmi, come stai? Vivi sempre a Varese? –- No, abito da anni a Reggio Emilia. In un piccolo paese tranquillo fuori città, ho un appartamento proprio sopra al negozio di alimentari. Una comodità! –- Che cosa incredibile, vedersi dopo tanto tempo e riconoscersi subito. Ma cosa hai pensato? Io appena ti ho vista ho detto: guarda l’Anna, è uguale a tanti anni fa! Invece immagino che tu abbia pensato: guarda Enrico, ma come è invecchiato!- No, ma cosa dici Enrico, anche tu non sei cambiato poi tanto. Subito non ti ho riconosciuto, è vero, ma è stato un attimo. Adesso minuto dopo minuto mi sembra di ricordare tutto di te.La presi per mano e mi diressi verso il bar fuori dalla stazione. Non so cosa hai da fare, gli dissi, ma almeno per un’ora sarai solo mia come quando avevamo trent’anni.Lei mi strinse la mano e mi sorrise ancora mentre attraversavamo la strada. Entrò per prima e si sedette a un tavolino.- Cosa prendi tesoro? Ricordo che adoravi il chinotto. Ma forse ora è ancora troppo freddo. –- Prendimi un caffè, e se non ti dispiace guarda se hanno un tramezzino commestibile: è da stamattina che non mangio niente, ho sempre paura del mal di treno. -- Agli ordini Anna. –Dopo tre minuti ero anch’io al tavolino con lei.-  Ma ora che lavoro fai, Enrico? –- Sono sempre in movimento, adesso seguo le vendite in Italia di un grosso produttore di articoli per officine meccaniche. Hai bisogno di un trapano, o di una fresa? -- Ecco, una fresa in soggiorno ci starebbe bene. Com’è, grande? -- Si, troppo per un appartamento cittadino! Sei sempre impiegata in banca? –- Veramente lavoro in campo ospedaliero, assistente anestesista. Mi sono laureata una decina di anni fa, dopo qualche difficoltà… sai, mia madre è stata immobilizzata in un letto per sei anni. –- Mi spiace… il fatto è che dopo quell’estate meravigliosa non sono più riuscito a rintracciarti. Ora non dovrà più accadere. Dammi subito il tuo telefono, l’indirizzo, una mail, qualcosa! –- Si, è giusto, non perdiamoci più di vista… scrivi: geraldine.delapage@gmail.com- Geraldine?- Si, Géraldine. Géraldine de la Page.