IGNORANTECONSAPEVOLE

Un raccontino - seconda parte (la terza chissà quando ci sarà).


- Sarà bene mettere subito in chiaro una cosa, ragazzina, io non scherzo giammai. – Il tono era così improbabile che non ebbe paura di essere frainteso. Con un gesto autoritario della mano sinistra spostò il notebook che li separava, bloccò la mano destra della ragazza che era rimasta lì dove un attimo prima c’era la tastiera, mentre con l'altra mano prese per il collo la bottiglia di birra, e la brandì come una mazza. Ovviamente la bottiglia non era completamente vuota, e un filo di liquido schiumoso colò lungo il polso fin dentro la manica della camicia, lasciando una sottile traccia fino al gomito.- Devo arguire – notò lei senza cambiare d’espressione – che un quarto di secolo fa eri anche molto meno attento al look? –La bottiglia tornò al suo posto, ma la sua mano continuava a tenere quella della ragazza.- Ciao Renata, scusa per il ritardo tesoro – Un tipetto che poteva avere qualche anno più della sua vicina di tavolo era appena entrato nel locale. Lei non liberò la mano, si voltò verso il nuovo arrivato e lo apostrofò con severità: - Vedi cosa accade, quando ritardi? Arriva uno sconosciuto che con violenza approfitta di me. Ciao Renzo, ti presento mio zio. Zio, ti presento mio Renzo. –- Salve Renzo, tutto bene? –- Buongiorno, zio. Ma tuo zio ha un nome proprio? –- Certo – rispose lei prontissima, prima ancora che l'uomo aprisse la bocca – si chiama Gustavo.-Un solo Gustavo aveva conosciuto nella sua vita, l'uomo che beveva birra: era un professore che in terza media aveva sostituito a metà anno il precedente insegnante, che lui adorava. Gustavo invece era essenzialmente un ignorante pieno di sé e lui lo detestò immediatamente. Questo portò a un calo costante dei suoi voti, dalla media del sette a quella del cinque o anche meno. E ora, per il breve spazio di dieci minuti, sarebbe stato un Gustavo anche lui…- Tutto a posto zio Gustavo? Gustavo, che nome originale… sai, Renata non mi presenta mai i suoi parenti, che strana che è! –- La stranezza è una costante di famiglia, Renzo, pensa che mia moglie si chiamava Maria Eva e io l’ho sposata perché il mio nome è l’imperfetto di Gustare mentre il suo era l’imperfetto, terza persona singolare, di Mariaere. –- Caro zietto, fattelo dire, strano è dir poco! Perché non me l’hai presentato prima, lo zio? Aspettavi il giorno delle nozze? – il ragazzo stava prendendo un po’ troppa confidenza. Fra l’altro, ora che lei si era alzata dalla sedia, guardandoli vicini l’uno all’altra, notò che era davvero basso e aveva le gambe corte. Non era precisamente il nano Birillo, ma comunque mancava di eleganza. Li osservò ora che erano vicini e lei riponeva il portatile, con lui che gli sussurrava qualcosa all’orecchio, certo un’idiozia nei suoi riguardi. Scosse impercettibilmente la testa. A parte che lei era una fantastica bugiarda e che aveva le tette, fra i due non c’era comunque paragone: lui era più brutto.Renata chiuse la borsa – Allora zio, magari ora non aspettare due anni a farti rivedere, se non mi fermavo a prendere un frullato qui passavano altri due anni! Lo so che da quando la zia è morta hai mille problemi, ma se vieni qui facendo quattro passi puoi venire al negozio di sport qui accanto, lo sai che ci passo tutti i pomeriggi. Che poi una telefonata non costa niente. –- Non costa niente ma vedi, noi vecchi dinosauri non abbiamo dimestichezza con le moderne tecnologie, ci segniamo i numeri del telefono senza salvarli e poi, quando si guasta l’apparecchio, restiamo senza contatti. – Così su due piedi gli parve l’espediente più semplice per conoscere il telefono della ragazza. In fondo era lei che continuava a alimentare la conversazione su un pendio decisamente scivoloso… la morte della moglie… ma quale moglie?Mentre lei scriveva il numero su un foglietto, Renzo mise a fuoco che aveva davanti a lui un vedovo, e subito mutò espressione. – Oddio, mi spiace di avere scherzato sul nome di Maria Eva, non sapevo che fosse morta, ma come mai? Doveva essere ancora giovane – In quel “ancora giovane” c’era una sfumatura che in un poco più che ventenne significa “non doveva avere ancora un piede nella fossa”.- Una triste storia, credimi Renzo, te lo spiegherà Renata, io ora devo andare. Lei a raccontare le cose è anche più brava di me. – Se ha questa attitudine a sparare balle, pensò, recuperi in corna i centimetri che ti mancano di gambe, ragazzo mio.E si avviò verso l’uscita del bar.