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Un ricordo del partigiano Roberto Di Ferro

Post n°156 pubblicato il 28 Marzo 2018 da single_sound
 
Foto di single_sound

Oggi 28 marzo ricorre l’anniversario della morte del partigiano Roberto Di Ferro (ritratto nella fotografia che accompagna questo post). Nonostante le poche informazioni esistenti su di lui e rintracciabili su internet (ad esempio sul sito dell’ANPI), vale la pena ricordarlo anche qui, per ciò che può valere. Roberto merita di esser ricordato perché, a quanto consta, fu il più giovane partigiano d’Italia ad esser fucilato dalle forze di occupazione tedesche. Egli nacque il 7 giugno 1930 a Malvicino, in provincia di Alessandria, e fu fucilato a Pieve di Teco, in provincia di Imperia, il 28 marzo 1945, ancora quattordicenne, a distanza di pochi giorni dall’insurrezione del 25 aprile 1945.

Data la sua giovane età è evidente l’impossibilità di trovare molte fonti circa il trascorre della sua vita. Sulla base delle indicazioni che si trovano online, risulta che Roberto avesse da poco completato l’obbligo scolastico quando la sua famiglia si trasferì ad Albenga. Per aiutare economicamente la famiglia, Roberto cercò impiego come meccanico. Tuttavia, egli, come tanti altri ragazzi (Franco Cesana che abbiamo ricordato su queste pagine lo scorso anno o ancora Giorgio Marincola, la cui figura magari rammenteremo tra qualche tempo, sebbene nel suo ricordo si sia già cimentata egregiamente la Wu Ming Foundation col libro Razza Partigiana), fu investito appieno dagli effetti dell’armistizio dell’8 settembre e dalla conseguente occupazione tedesca del suolo nazionale.

Roberto decise dunque di darsi alla macchia, entrando in contatto con le formazioni partigiane liguri. Col nome di battaglia di Baletta, egli entrò a far parte della Brigata partigiana Silvano Belgrano, distaccamento Marco Agnese, appartenente alla IV Divisione Garibaldi d’assalto Bonfante. Impiegato inizialmente come staffetta vista la sua giovane età, Roberto iniziò a essere poi impiegato direttamente in vere e proprio azioni di combattimento contro le forze occupanti.

Nella notte tra il 24 e il 25 marzo, le forze della Wehrmacht, tre colonne motorizzate, si presentano a Pieve di Teco, accompagnate da una spia. E qui, anche ricordando la fine di Franco Cesana, dovremmo tenere bene a mente il comportamento di quegli italiani che si assoldarono al servizio delle forze di occupazione o perché fascisti o per averne un ritorno economico. Le violenze successive alla Liberazione, non andrebbe mai dimenticato, furono causate anche dal comportamento, tenuto durante la guerra, di questi traditori che comportarono, peraltro, la morte di molti giovani, come Roberto.

Le forze occupanti attaccarono il gruppo di Roberto. Essendo stati accerchiati e non potendo rompere l’accerchiamento, il gruppo si difese strenuamente fino all’ultima munizione. I comandanti, Giovanni Trucco e Angelo Volpari, caddero in combattimento, mentre il gruppo in cui Roberto si trovava venne arrestato all’interno di un casolare. I compagni di Roberto vennero fucilati immediatamente, mentre Roberto venne condotto in municipio per essere interrogato nella speranza che fornisse informazioni sulle formazioni partigiane della zona. Mentre falliva un tentativo di liberarlo mediante uno scambio di prigionieri, Roberto veniva interrogato e torturato. Tuttavia, egli non cedette coraggiosamente alle sevizie e nulla rivelò a proposito dei suoi compagni di lotta.

I tedeschi allora lo giustiziarono. La mattina del 28 marzo 1945 Roberto venne portato a Prato San Giovanni e vicino alla riva del fiume venne fucilato. Nell’essere fucilato egli disse ai suoi assassini che i suoi compagni lo avrebbero vendicato. Stando ad alcuni racconti, Roberto venne persino crocefisso dopo la sua morte.

Dopo la guerra, Roberto venne tumulato nel cimitero di Albenga. Egli lasciò i propri genitori, due fratelli e due sorelle. Oltre ad aver lasciato tutti noi.

Il suo ricordo ci riempie il cuore di tristezza. Per fortuna esiste almeno una foto che ci mostra il suo sorriso e ci ricorda che, in questo Paese, è esistita un’umanità migliore e che quindi possiamo sperare ancora che il nostro popolo torni un giorni a esser migliore di ciò che è stato costretto a diventare.

Chi può, per favore, vada a trovare Roberto per dirgli che non è stato dimenticato.

 
 
 
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