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LA TRATTIVA MAFIA-STATO E L'OBLIO DELL'INFORMAZIONE

Post n°150 pubblicato il 17 Marzo 2012 da ilblogdelmar
 

Di Chiara Manfredini

E' reale che la parzialità dell'informazione può essere pericolosa ma il coraggio di certe iniziative giornalistiche a volte costituisce una discriminante fondamentale di qualita' rispetto all'omissione. E' quanto accaduto nella puntata di Servizio Pubblico di Michele Santoro, non per le modalità con cui sono stati sviluppati i contenuti ma per il fatto stesso che siano stati organizzati, montati e trasmessi. La qualità sta nell'aver affrontato un tema complesso come quello della trattativa mafia-Stato, una questione spinosa di cui si parla troppo poco e male. Male perché a farlo purtroppo sono sempre gli stessi - una parte schierata dell'informazione - con l'inconveniente che ad emergere è il solito frammento di realtà deformata da uno specifico orientamento politico. Nel nostro Paese viene fatto un grosso sforzo per tenerci all'oscuro da certi argomenti e questa pratica è molto insidiosa poiche' ci impedisce di sviluppare un giudizio critico, taglia fuori la società da pezzi della sua storia con gravi difetti nell'esercizio reale della democrazia.
La conferma a ciò sta nella reazione della stampa all'intervista esclusiva ad Angelo Provenzano andata in onda a Servizio Pubblico. Tiepidi interventi e soltanto qualche accenno senza approfondimenti. Resoconti amorfi di un contributo agghiacciante. La stampa reagisce rinunciando anche a posteriori a sviluppare un dibattito e le testate aprono con il triangolare a Palazzo Chigi tra premier e leader delle coalizioni e poco importa se per la prima volta nella storia del giornalismo italiano uno dei figli della mafia ha parlato in televisione. Mentre scorreva l'intervista al figlio di Provenzano il palinsesto della tv generalista si sviluppava nella sua quotidiana fluidità: Isola dei famosi, Le Iene, Centovetrine, senza che nessuno si scandalizzasse per quell'apparizione e proprio quando si inizia a non accorgersi più delle cose vuol dire che si è in scacco matto e che qualcuno ha provveduto a farlo. Angelo Provenzano non è andato in Tv per difendere il diritto del padre ad essere curato, come riportano i giornali, ma per ricordarci - scandito e con tanto di ghigno insolente - che la "violenza chiama violenza", che nel linguaggio mafioso ha solo un senso, quello di una minaccia. Ma siamo in pochi ad averlo saputo.
Ci sarebbe da discutere sulla scelta misurata degli ospiti di Santoro: Claudio Martelli, Walter Veltroni, Salvatore Borsellino, Antonio Ingroia, Valeria Grasso e sulla visuale parziale dell'intera trasmissione e invece vorrei sottolineare il dramma composto e straziante di Agnese Borsellino che affida ad una voce ferma la "sua verità", il rancore di Salvatore Borsellino che traspare da uno sguardo colmo di disillusione, ancora più che dalle sue parole ("Mio fratello non si può neppure rivoltare nella tomba perché lo hanno fatto a pezzi") e l'insolita compostezza di Travaglio che riguardo all'epiteto di "punciutu" con cui Borsellino avrebbe chiamato il generale Subranni, ricorda obiettivamente che le dichiarazioni fatte per interposta persona - e in questo caso i passaggi sarebbero addirittura due - necessitano di un elevato grado di verifica. Per non parlare della dignita' di Valeria Grasso, una mamma di tre figli che si è ribellata alla mafia, che attende oramai da sette mesi di essere inserita nel programma di protezione e che alla domanda se ha paura risponde "Se qualcuno è morto per noi io non ho paura".
Penso che fosse giusto parlarne perché la mafia ha vinto ogni volta che ci sarà un procuratore come Iacoviello che affermera' che il concorso esterno "è un reato nel quale non crede più nessuno", ogni volta che uomini dello Stato come il generale Mori e il colonnello De Donno verranno imputati in un processo per mafia, ogni volta che si darà più credito alle parole di un "inattendibile teste" che a quelle di un generale che per lo Stato ha dato la vita. Perché il vero problema non è se ci sia stata o meno una trattativa ma chi l'ha condotta e perché e non chi vogliono farci credere l'abbia fatto. Perche' in Italia per ogni pezzo di storia irrisolta, per ogni responsabilità negata dalla politica, per limitare i danni, la soluzione e' sempre la stessa: pezzi di Stato deviati che comprendono tutto e niente, mani oscure che all'oscuro di tutti irrompono e manomettono. La vera mafia non è quella militare ma è quella interna allo Stato, inteso come sintesi di poteri economico, legislativo, esecutivo e giudiziario. Il magistrato "ammazza sentenze" - coincidenza - rinvia il processo Dell'Utri e parla di "concorso esterno che ha perso di credibilita'", tracimando alla base anni di lotta alla mafia e i pentiti non ricordano i nomi dei politici ma soltanto quelli dei carabinieri. Guarda caso.

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