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Dollaro, l'equilibrio della paura


Sono le banche centrali, e in prima fila quelle dei Paesi emergenti e dei produttori di petrolio del Golfo Persico, a sostenere il dollaro di cui continuano ad essere forti acquirenti nonostante la montagna di riserve già accumulate. Le riserve sono arrivate a fine 2007 all'equivalente di 6.400 miliardi di dollari, e quadruplicate in dieci anni. Di questa massa di titoli, valute, oro, il 64% è in dollari, cioè 4mila miliardi. Nonostante questo le banche centrali, e i fondi sovrani, Cina in testa, hanno sottoscritto a gennaio altri 75,5 miliardi di dollari di titoli Usa, mantenendo il ritmo di acquisti degli ultimi anni. I privati invece sono quasi del tutto scomparsi, crollati dal 25% a poco più del 5% degli acquisti. I titoli in dollari rendono troppo poco, data la politica di tassi bassi seguita dalla Federal reserve per contribuire alla liquidità di un mercato colpito dalla crisi del credito.E perché le banche centrali continuano ad acquistare dollari mentre i privati sono frenatio dai bassi rendimenti e dal rischio di cambio, che non è certo finito per gran parte del 2008? Perché un crollo fortissimo del dollaro sarebbe inevitabile se questi acquisti calassero bruscamente, e quindi chi ha dollari, con le banche centrali cinese, giapponese, e brasiliana sono in prima fila, si troverebbe con riserve fortemente svalutate sui cambi. Il comune interesse crea un equilibrio della paura e spinge agli acquisti, in attesa che cambino le aspettative sul dollaro e tornino anche gli acquirenti privati. Per una serie di ragioni, che il Sole 24 Ore in edicola domenica 6 aprile approfondisce, l'Europa potrebbe uscire dall'attuale congiuntura con danni sensibilmente minori rispetto agli Stati Uniti. Sul quotidiano anche una panoramica sulla situazione del dollaro e sul ruolo della banche centrali, con approfondimenti, tra l'altro, sugli effetti della crisi finanziaria innescata dai mutui subprime che si è estesa ai derivati e ha generato la gelata del credito.