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Il Grandevetro di Sergio


Sergio Pannocchia è morto il 25 aprile. Aveva 72 anni, lascia la moglie e due figli. Il 25 aprile a Santa Croce sull'Arno è morto un liberatore. Sergio è stato tante cose: rappresentante di commercio per lavoro, direttore e allenatore di una squadra di calcio, attivista dirigente dell'Arci, fondatore e organizzatore del Grandevetro «rivista di cultura, politica, società» della zona del cuoio, con estensione nazionale; promotore e fondatore e organizzatore di iniziative direttamente connesse al Grandevetro: il circolo del Pestival, Aillof, la collana i Senzastoria, i Lapislazzuli e i Vagabondi. Sergio ha segnato la cultura italiana per 30 anni almeno. Ha trovato compagni e amici per i quali lavorare con Sergio era una gioia e un piacere e spesso, per alcuni, anche un modo di fare militanza politica: l'elenco sarebbe troppo lungo e però bello e importante perché senza differenze di sorta: non di genere, non di età, non di etnia. Sergio fu un dirigente capace, attivo, tenace, perfettamente cosciente che a un dirigente democraticamente eletto compete il dovere di dirigere e dunque Sergio tutti ascoltava e non per piaggeria, per poter decidere al meglio e al meglio decideva. E fu uomo di grande compagnia, di allegria condivisa, di socialità praticata: fu un cittadino partecipante e in questo e per questo la sua vita è paradigmatica: stare con Sergio, fare con Sergio significava imparare a essere cittadini, a darsi una coscienza civica. Gli abbiamo voluto bene in tanti. Quando si è accorto che la salute se ne stava andando si è dato da fare per garantire la continuità del Grandevetro Sergio e di altre imprese. Gioco pesante a ben vedere che lega i compagni caricandoli della responsabilità di seguitare a lavorare, a fare, a produrre per il Grandevetro. Sergio Pannocchia, come Bosio, come altri, appartiene a quella sinistra genia che ti libera imprigionandoti. Ma di questo gli siamo grati: oggi, domani pure. Ivan Della Mea, da "il manifesto" del 27 aprile 2008