ho deciso di postarla.è doveroso citare il tenore Mauro Ghilardini dal cui blog ho preso molte notizie interessanti e la tabella allegataIl trattamento della parola e la retorica da Monteverdi a BachClaudio Monteverdi vive ed opera in un periodo che coincide più o meno con quello di passaggio dal Rinascimento al Barocco. Caratteristica importante dello scrivere di Monteverdi è quello che egli stesso chiamò seconda prattica e che contrappose alla prima prattica fondata sullo stile contrappuntistico polifonico di palestriniana memoria e che, nel primo Barocco, già non corrisponde più al modello cui si ispira in quanto già contagiato dallo stile “moderno”. È evidente che i due stili convissero per un po’ tanto che la musica da chiesa (la musica era suddivisa per funzioni sociali in musica da chiesa o ecclesiastica, musica da camera o cubicularis e musica per il teatro o theatralis) veniva composta sia nel vecchio che nel nuovo stile. La prima prattica era fondata sul principio “harmonia sit domina orationis” (la Prima pratica […] versa intorno alla perfettione dell’armonia, cioè considera l’armonia non comandata ma comandante, e non serva, ma signora dell’oratione) mentre la seconda ubbidisce al principio contrario “Oratio sit domina harmoniae (che versa intorno alla perfettione della melodia, cioè che considera l’armonia comandata e non comandante, e per questo signora dell’armonia pone l’oratione). Fra queste due consuetudini musicali “non vi è possibilità di dialogo o di mediazione: si tratta di due posizioni antitetiche che evidenziano mondi musicali e artistici opposti”.È evidente l’importanza che la parola assume con l’avvento del Barocco. La distinzione tra prima e seconda prattica è data da quello che è l’aspetto fondamentale della musica barocca: l’espressione musicale del testo (expressio verborum), concetto che non coincide con quello di “musica espressiva” ma con quello di rappresentazione musicale della parola. Nella musica barocca, quindi, il sentimento è trasfuso nella musica indirettamente tramite una serie di figure retoriche musicali destinate, appunto, a rappresentare gli affetti. Il significato della musica è dato dalla parola direttamente o retoricamente. La teoria degli affetti era presente già nel Rinascimento, ma nel Barocco essa assume una forma estrema. Rappresenta il dolore più intenso o la gioia più esuberante. La Camerata dei Bardi composta da aristocratici musicisti dilettanti iniziò a contestare alla musica rinascimentale la eccessiva pedanteria e l’eccessivo utilizzo del contrappunto che faceva a pezzi la poesia a causa del contemporaneo utilizzo di testi differenti nelle varie voci o a causa dell’utilizzo di madrigalismi che, rappresentando il significato della parola con figure particolari (ad esempio il cielo con note acute e le onde con linee melodiche ondeggianti) annullavano il sentimento generale insistendo più sulla parola che sul senso dell’intero passo. Nacque così il recitativo che abbandona completamente il contrappunto per asservire la musica alla parola. Il recitativo veniva eseguito con pathos realistico, con effetti teatrali, e inflessioni simili al parlato (sospiri, affanno, grida). Questo è il momento storico che coincide anche con la nascita dell’opera che diventa, quindi, l’esempio della realizzazione in musica degli affetti più estremi. Con il recitar cantando la musica imitava il parlare dell’oratore e il suo commuovere l’uditorio fondendo gli accenti del parlare naturale con quelli della musica. Naturalmente la pratica vera, cioè le composizioni musicali di questi anni, non rispecchia in modo cosi antitetico questa situazione d’antagonismo; tutto è, come sempre, molto più velato, più sfumato; ma tale lite teorica resta sinonimo di grande fervore culturale del periodo e sintomo che qualcosa nel mondo musicale stava cambiando.Tutti gli autori barocchi, in realtà, compreso gli appartenenti alla Camerata alternavano le loro composizioni tra vecchia e nuova scuola, del resto un conflitto tra scrittura contrappuntistica e scrittura accordale esisteva già nel Rinascimento. In quell’epoca si risolveva il problema, sia nella scrittura contrappuntistica che in quella accordale, seguendo il principio della scrittura di parti autonome, mentre nel Barocco si risolve il problema con una nuova interpretazione di entrambe le componenti della scrittura che porta a fondere armonia funzionale e contrappunto lineare in un equilibrio ideale di contrappunto armonico che ebbe la sua massima espressione con Bach. Il recitar cantando, quindi è l’elemento portante e costante della musica di Monteverdi che, non solo mette la musica a servizio della poesia, ma concede alle formule di recitativo una vita propria: così il parlar cantando, strategicamente collocato in tutti gli episodi cardine delle sue opere, costituisce la ragione e l’essenza drammatica della “favola”, rendendola estremamente efficace dal punto di vista teatrale.Nella seconda prattica musicale, quindi, il rapporto fra parola e musica è davvero particolare. La parola non è intesa come significato ed enunciazione di un pensiero e la musica intesa come interpretazione armonico-ritmica di quanto viene significato dalla parola stessa. Nella seconda prattica, protagoniste sono le implicazioni armoniche e ritmiche che la parola determina a livello fonico e significante. È’ ovvio, altresì, che prima e seconda prattica si riferiscano essenzialmente alla musica vocale anche perché lo strumentale di allora è chiaramente di derivazione vocale poiché in quest’epoca qualsiasi strumento è al servizio della voce e del Canto e che qualsiasi strumento, soprattutto a fiato e ad arco, doveva imitare, sfruttando al massimo le proprie particolari possibilità tecniche, lo strumento vocale in tutte le sue caratteristiche sonore.L’essenza della 2ª prattica deve essere ricercata mediante l'analisi della PAROLA, prerogativa assoluta della razionalità manifestata mediante la VOCE UMANA. Ne consegue chea) la intenzione determina la scelta delle parole da dirsi; b) la intenzione controlla, dopo averlo determinato, il modo di dire le parole scelte; c) le parole scelte hanno particolari frequenze; d) il modo di dire le parole scelte determina particolari SUONI caratteristici.La SCELTA è, indubbiamente, in funzione della intenzione emotiva e quindi le parole, in tal caso, danno i TEMI della modalità (armonia) nella esaltazione interpretativa (in sintonia con la volontà espressiva contenuta nella parola scelta) del poeta-musico, anche se poeta e musico sono due entità pensanti diverse. La parola scritta viene presa da Monteverdi quale emblema letterario ma egli ne capta l'essenza fonico-semantica e ne intuisce la sua portata emotiva rispetto alla verità dell'evento naturale.Secondo Monteverdi vi è contemporaneità genetica tra la formulazione razionale della parola ed il suono di essa, per cui non possiamo avere nel parlar cantando monteverdiano una traduzione musicale del “senso della parola detta”, ma una parola espressa con quella particolare “emozione” che ne ha determinato la scelta lessicale in funzione del suono e del ritmo che l'emozione stessa detta. Armonia e ritmo nascono dalla parola. L'espressione monteverdiana rivestire di note è eloquente ed indica la notazione dell'atto creativo.In termini pratici, d’ascolto, questa divisione comporta: 1. L’uso più o meno irrispettoso delle dissonanze: Nel comporre badando soprattutto all’oratione ed alla sua narrazione, e volendo “muovere gli affetti” cioè evidenziare, sottolineare e riprodurre emozioni e sentimenti forti e contrastanti, nasce l’esigenza di rendere anche musicalmente tali scontri e tali sentimenti. La dissonanza è quindi il mezzo più immediato per esprimere questo concetto e il suo uso, quindi, diviene pertanto meno accorto.2. Una nuova concezione teatralizzante della musica: La differenza, infatti tra musica rinascimentale e musica barocca sta proprio nel modo di trattare la dissonanza.Oltre a questo, altra caratteristica della musica monteverdiana e barocca in genere è la gestualità e la teatralizzazione con la quale viene accompagnata la musica. Questo elemento è riscontrabile anche nelle indicazioni monteverdiane d’esecuzione del Combattimento.3. La volontà di produrre nuovi effetti: attraverso un nuovo utilizzo delle voci, di più strumenti suonati in modo nuovo, di stili. Monteverdi sembra essere letteralmente affascinato dall’idea “che la musica avesse un grande potere sull’animo umano, producesse grandi effetti, potesse mutare completamente il suo stato e trasformarlo in un altro”.Si richiama, quindi, alla filosofia greca, in quegli anni riscoperta e ristudiata. È infatti in Platone che Monteverdi ritrova la sua “nuova” concezione di musica e soprattutto la certezza che essa è nata per toccare l’anima: “il ritmo e l’armonia penetrano profondamente entro l’anima, assai profondamente la toccano, conferendole armoniosa bellezza. Il fine ultimo della musica è l’amore del bello.” Tutto questo viene trasposto da Monteverdi, sul piano della finzione scenica e teatrale, egli si compiace di avere tra le mani questo strumento, la musica, che, usato adeguatamente, diventa un potente e meraviglioso mezzo per indurre qualsiasi tipo di emozione. Non è un caso, quindi, che, la prima opera nella quale Monteverdi per la prima volta utilizza un modello di nuova musica per teatro, tratti del mitico viaggio di Orfeo e della sua musica, capace, appunto, di smuovere gli affetti più profondi in ogni creatura!I principali obiettivi della pratica perseguita da Claudio Monteverdi e con lui da tutti i musicisti della Camerata Fiorentina, sono, dunque espressione, gestualità, gusto teatrale, attenzione alla parola durante il canto, uso meditato ma insolente nei confronti delle antiche prassi della dissonanza, studio dell’orchestrazione, utilizzo di nuovi stilemi musicali, volontà di commuovere. Moltissimi di questi trovano la loro teorizzazione nella citata prefazione al Combattimento e addirittura nelle indicazioni presenti nella stessa partitura.Il Combattimento è, infatti, un Madrigale con gesto un Madrigale drammatico.L’attenzione alla teatralizzazione, alla gestualità, alla parola soprattutto e all’orchestrazione sono evidenti sin dalle prime parole delle indicazioni scritte in partitura:“…si farà entrare alla sprovvista […] da la parte della Camera in cui si farà la Musica. Clorinda a piedi armata, seguita da Tancredi armato sopra ad un Cavallo Mariano” evidenzia la teatralizzazione; “…faranno passi et gesti nel modo che l’oratione esprime, et nulla più né meno” sta a testimoniare la gestualità e l’espressione richieste;“Clorinda parlerà quando gli toccherà,[…] così Tancredi”, “la voce del testo doverà essere chiara, ferma et di bona pronuntia […] atiò meglio sii intesa nel oratione” sono parole che evidenziano l’attenzione alla parola;“…gli ustrimenti […] doveranno essere tocchi ad immitatione delle passioni dell’oratione”, e qui è evidente lo studio dell’orchestrazione.E persino i nuovi stilemi musicali sono evidenziati da note come: “qui si lascia l’arco, e si strappano le corde con duoi diti” (che altro non è che una anticipazione di quello che sarà il “pizzicato Bartok”); “questa ultima nota va in arcata morendo”. Anche la presenza del Testo ha un peso in questa teatralità e attenzione alla parola. Esso è il personaggio più importante e non si limita a raccontare il dramma, ma nei momenti più intensi vi partecipa, lo vive. Nel Combattimento di Tancredi e Clorinda, quindi, Monteverdi mette in pratica pienamente i principi della “seconda prattica”. La musica accompagna e interpreta le parole della poesia e gli affetti che esse comunicano. Grazie al Tasso che gli offriva tutti gli argomenti (teatralità, emozioni acustiche, scandaglio psicologico), con i quali potersi confrontare nella composizione Monteverdi mette in primo piano le “due passioni contrarie” che smuovono il canto: la preghiera e la morte; la prima espressione alta d’amore, l’altra conclusione inevitabile della guerra. Nel combattimento compare anche quello che è chiamato “stile concitato” e che altro non è che la rappresentazione dell’ira. Monteverdi stesso parla di queste sue nuove prassi esecutive nella Prefazione dell’ottavo libro e, indirettamente, attraverso alcune lettere manoscritte dalle quali si evince che per il musicista tre sono le principali passioni dell’animo umano, degne d’esser tradotte in musica: ira, temperanza e umiltà, quante sono le qualità naturali della voce, alta, bassa o mezzana. In termini musicali queste passioni dell’animo corrispondono agli stili “concitato, molle e temperato”. E sono tre anche le “maniere di sonare” oratoria, armonica e ritmica e quindi tre i “modi d’adoperar la musica” da teatro, da camera e da ballo. Di qui, infine, eccoci giungere alla “intitolazione” dei generi musicali, guerriera, amorosa, e rappresentativa.Tutto questo può essere riassunto in una discutibile, ma forse esplicativa tabella:
vi ricordate la tesina su Monteverdi?
ho deciso di postarla.è doveroso citare il tenore Mauro Ghilardini dal cui blog ho preso molte notizie interessanti e la tabella allegataIl trattamento della parola e la retorica da Monteverdi a BachClaudio Monteverdi vive ed opera in un periodo che coincide più o meno con quello di passaggio dal Rinascimento al Barocco. Caratteristica importante dello scrivere di Monteverdi è quello che egli stesso chiamò seconda prattica e che contrappose alla prima prattica fondata sullo stile contrappuntistico polifonico di palestriniana memoria e che, nel primo Barocco, già non corrisponde più al modello cui si ispira in quanto già contagiato dallo stile “moderno”. È evidente che i due stili convissero per un po’ tanto che la musica da chiesa (la musica era suddivisa per funzioni sociali in musica da chiesa o ecclesiastica, musica da camera o cubicularis e musica per il teatro o theatralis) veniva composta sia nel vecchio che nel nuovo stile. La prima prattica era fondata sul principio “harmonia sit domina orationis” (la Prima pratica […] versa intorno alla perfettione dell’armonia, cioè considera l’armonia non comandata ma comandante, e non serva, ma signora dell’oratione) mentre la seconda ubbidisce al principio contrario “Oratio sit domina harmoniae (che versa intorno alla perfettione della melodia, cioè che considera l’armonia comandata e non comandante, e per questo signora dell’armonia pone l’oratione). Fra queste due consuetudini musicali “non vi è possibilità di dialogo o di mediazione: si tratta di due posizioni antitetiche che evidenziano mondi musicali e artistici opposti”.È evidente l’importanza che la parola assume con l’avvento del Barocco. La distinzione tra prima e seconda prattica è data da quello che è l’aspetto fondamentale della musica barocca: l’espressione musicale del testo (expressio verborum), concetto che non coincide con quello di “musica espressiva” ma con quello di rappresentazione musicale della parola. Nella musica barocca, quindi, il sentimento è trasfuso nella musica indirettamente tramite una serie di figure retoriche musicali destinate, appunto, a rappresentare gli affetti. Il significato della musica è dato dalla parola direttamente o retoricamente. La teoria degli affetti era presente già nel Rinascimento, ma nel Barocco essa assume una forma estrema. Rappresenta il dolore più intenso o la gioia più esuberante. La Camerata dei Bardi composta da aristocratici musicisti dilettanti iniziò a contestare alla musica rinascimentale la eccessiva pedanteria e l’eccessivo utilizzo del contrappunto che faceva a pezzi la poesia a causa del contemporaneo utilizzo di testi differenti nelle varie voci o a causa dell’utilizzo di madrigalismi che, rappresentando il significato della parola con figure particolari (ad esempio il cielo con note acute e le onde con linee melodiche ondeggianti) annullavano il sentimento generale insistendo più sulla parola che sul senso dell’intero passo. Nacque così il recitativo che abbandona completamente il contrappunto per asservire la musica alla parola. Il recitativo veniva eseguito con pathos realistico, con effetti teatrali, e inflessioni simili al parlato (sospiri, affanno, grida). Questo è il momento storico che coincide anche con la nascita dell’opera che diventa, quindi, l’esempio della realizzazione in musica degli affetti più estremi. Con il recitar cantando la musica imitava il parlare dell’oratore e il suo commuovere l’uditorio fondendo gli accenti del parlare naturale con quelli della musica. Naturalmente la pratica vera, cioè le composizioni musicali di questi anni, non rispecchia in modo cosi antitetico questa situazione d’antagonismo; tutto è, come sempre, molto più velato, più sfumato; ma tale lite teorica resta sinonimo di grande fervore culturale del periodo e sintomo che qualcosa nel mondo musicale stava cambiando.Tutti gli autori barocchi, in realtà, compreso gli appartenenti alla Camerata alternavano le loro composizioni tra vecchia e nuova scuola, del resto un conflitto tra scrittura contrappuntistica e scrittura accordale esisteva già nel Rinascimento. In quell’epoca si risolveva il problema, sia nella scrittura contrappuntistica che in quella accordale, seguendo il principio della scrittura di parti autonome, mentre nel Barocco si risolve il problema con una nuova interpretazione di entrambe le componenti della scrittura che porta a fondere armonia funzionale e contrappunto lineare in un equilibrio ideale di contrappunto armonico che ebbe la sua massima espressione con Bach. Il recitar cantando, quindi è l’elemento portante e costante della musica di Monteverdi che, non solo mette la musica a servizio della poesia, ma concede alle formule di recitativo una vita propria: così il parlar cantando, strategicamente collocato in tutti gli episodi cardine delle sue opere, costituisce la ragione e l’essenza drammatica della “favola”, rendendola estremamente efficace dal punto di vista teatrale.Nella seconda prattica musicale, quindi, il rapporto fra parola e musica è davvero particolare. La parola non è intesa come significato ed enunciazione di un pensiero e la musica intesa come interpretazione armonico-ritmica di quanto viene significato dalla parola stessa. Nella seconda prattica, protagoniste sono le implicazioni armoniche e ritmiche che la parola determina a livello fonico e significante. È’ ovvio, altresì, che prima e seconda prattica si riferiscano essenzialmente alla musica vocale anche perché lo strumentale di allora è chiaramente di derivazione vocale poiché in quest’epoca qualsiasi strumento è al servizio della voce e del Canto e che qualsiasi strumento, soprattutto a fiato e ad arco, doveva imitare, sfruttando al massimo le proprie particolari possibilità tecniche, lo strumento vocale in tutte le sue caratteristiche sonore.L’essenza della 2ª prattica deve essere ricercata mediante l'analisi della PAROLA, prerogativa assoluta della razionalità manifestata mediante la VOCE UMANA. Ne consegue chea) la intenzione determina la scelta delle parole da dirsi; b) la intenzione controlla, dopo averlo determinato, il modo di dire le parole scelte; c) le parole scelte hanno particolari frequenze; d) il modo di dire le parole scelte determina particolari SUONI caratteristici.La SCELTA è, indubbiamente, in funzione della intenzione emotiva e quindi le parole, in tal caso, danno i TEMI della modalità (armonia) nella esaltazione interpretativa (in sintonia con la volontà espressiva contenuta nella parola scelta) del poeta-musico, anche se poeta e musico sono due entità pensanti diverse. La parola scritta viene presa da Monteverdi quale emblema letterario ma egli ne capta l'essenza fonico-semantica e ne intuisce la sua portata emotiva rispetto alla verità dell'evento naturale.Secondo Monteverdi vi è contemporaneità genetica tra la formulazione razionale della parola ed il suono di essa, per cui non possiamo avere nel parlar cantando monteverdiano una traduzione musicale del “senso della parola detta”, ma una parola espressa con quella particolare “emozione” che ne ha determinato la scelta lessicale in funzione del suono e del ritmo che l'emozione stessa detta. Armonia e ritmo nascono dalla parola. L'espressione monteverdiana rivestire di note è eloquente ed indica la notazione dell'atto creativo.In termini pratici, d’ascolto, questa divisione comporta: 1. L’uso più o meno irrispettoso delle dissonanze: Nel comporre badando soprattutto all’oratione ed alla sua narrazione, e volendo “muovere gli affetti” cioè evidenziare, sottolineare e riprodurre emozioni e sentimenti forti e contrastanti, nasce l’esigenza di rendere anche musicalmente tali scontri e tali sentimenti. La dissonanza è quindi il mezzo più immediato per esprimere questo concetto e il suo uso, quindi, diviene pertanto meno accorto.2. Una nuova concezione teatralizzante della musica: La differenza, infatti tra musica rinascimentale e musica barocca sta proprio nel modo di trattare la dissonanza.Oltre a questo, altra caratteristica della musica monteverdiana e barocca in genere è la gestualità e la teatralizzazione con la quale viene accompagnata la musica. Questo elemento è riscontrabile anche nelle indicazioni monteverdiane d’esecuzione del Combattimento.3. La volontà di produrre nuovi effetti: attraverso un nuovo utilizzo delle voci, di più strumenti suonati in modo nuovo, di stili. Monteverdi sembra essere letteralmente affascinato dall’idea “che la musica avesse un grande potere sull’animo umano, producesse grandi effetti, potesse mutare completamente il suo stato e trasformarlo in un altro”.Si richiama, quindi, alla filosofia greca, in quegli anni riscoperta e ristudiata. È infatti in Platone che Monteverdi ritrova la sua “nuova” concezione di musica e soprattutto la certezza che essa è nata per toccare l’anima: “il ritmo e l’armonia penetrano profondamente entro l’anima, assai profondamente la toccano, conferendole armoniosa bellezza. Il fine ultimo della musica è l’amore del bello.” Tutto questo viene trasposto da Monteverdi, sul piano della finzione scenica e teatrale, egli si compiace di avere tra le mani questo strumento, la musica, che, usato adeguatamente, diventa un potente e meraviglioso mezzo per indurre qualsiasi tipo di emozione. Non è un caso, quindi, che, la prima opera nella quale Monteverdi per la prima volta utilizza un modello di nuova musica per teatro, tratti del mitico viaggio di Orfeo e della sua musica, capace, appunto, di smuovere gli affetti più profondi in ogni creatura!I principali obiettivi della pratica perseguita da Claudio Monteverdi e con lui da tutti i musicisti della Camerata Fiorentina, sono, dunque espressione, gestualità, gusto teatrale, attenzione alla parola durante il canto, uso meditato ma insolente nei confronti delle antiche prassi della dissonanza, studio dell’orchestrazione, utilizzo di nuovi stilemi musicali, volontà di commuovere. Moltissimi di questi trovano la loro teorizzazione nella citata prefazione al Combattimento e addirittura nelle indicazioni presenti nella stessa partitura.Il Combattimento è, infatti, un Madrigale con gesto un Madrigale drammatico.L’attenzione alla teatralizzazione, alla gestualità, alla parola soprattutto e all’orchestrazione sono evidenti sin dalle prime parole delle indicazioni scritte in partitura:“…si farà entrare alla sprovvista […] da la parte della Camera in cui si farà la Musica. Clorinda a piedi armata, seguita da Tancredi armato sopra ad un Cavallo Mariano” evidenzia la teatralizzazione; “…faranno passi et gesti nel modo che l’oratione esprime, et nulla più né meno” sta a testimoniare la gestualità e l’espressione richieste;“Clorinda parlerà quando gli toccherà,[…] così Tancredi”, “la voce del testo doverà essere chiara, ferma et di bona pronuntia […] atiò meglio sii intesa nel oratione” sono parole che evidenziano l’attenzione alla parola;“…gli ustrimenti […] doveranno essere tocchi ad immitatione delle passioni dell’oratione”, e qui è evidente lo studio dell’orchestrazione.E persino i nuovi stilemi musicali sono evidenziati da note come: “qui si lascia l’arco, e si strappano le corde con duoi diti” (che altro non è che una anticipazione di quello che sarà il “pizzicato Bartok”); “questa ultima nota va in arcata morendo”. Anche la presenza del Testo ha un peso in questa teatralità e attenzione alla parola. Esso è il personaggio più importante e non si limita a raccontare il dramma, ma nei momenti più intensi vi partecipa, lo vive. Nel Combattimento di Tancredi e Clorinda, quindi, Monteverdi mette in pratica pienamente i principi della “seconda prattica”. La musica accompagna e interpreta le parole della poesia e gli affetti che esse comunicano. Grazie al Tasso che gli offriva tutti gli argomenti (teatralità, emozioni acustiche, scandaglio psicologico), con i quali potersi confrontare nella composizione Monteverdi mette in primo piano le “due passioni contrarie” che smuovono il canto: la preghiera e la morte; la prima espressione alta d’amore, l’altra conclusione inevitabile della guerra. Nel combattimento compare anche quello che è chiamato “stile concitato” e che altro non è che la rappresentazione dell’ira. Monteverdi stesso parla di queste sue nuove prassi esecutive nella Prefazione dell’ottavo libro e, indirettamente, attraverso alcune lettere manoscritte dalle quali si evince che per il musicista tre sono le principali passioni dell’animo umano, degne d’esser tradotte in musica: ira, temperanza e umiltà, quante sono le qualità naturali della voce, alta, bassa o mezzana. In termini musicali queste passioni dell’animo corrispondono agli stili “concitato, molle e temperato”. E sono tre anche le “maniere di sonare” oratoria, armonica e ritmica e quindi tre i “modi d’adoperar la musica” da teatro, da camera e da ballo. Di qui, infine, eccoci giungere alla “intitolazione” dei generi musicali, guerriera, amorosa, e rappresentativa.Tutto questo può essere riassunto in una discutibile, ma forse esplicativa tabella: