il mondo di galatea

I fucili degli Assiri


“Niente da far, ‘sto ano i xe insemenìi!”Federico Furlan, il mio collega che insegna arte e musica, entra in sala professori con aria stremata. È appena uscito da un’ora con la nuova prima media, ma sembra un reduce dall’Iraq.Sono carucci i ragazzini di prima quest’anno. Dolci, buffi, tanto affettuosi. A due mesi  dall’inizio della scuola sembrano vivere nel mondo di Biancaneve: ti trotterellano attorno durante la ricreazione, quando entri in classe ti salutano buttandoti le braccia al collo. Peccato che non capiscano niente. L’idea che a scuola si venga per studiare è un concetto totalmente assente dai loro adorabili cervellini. Non che siano stupidi. A quello, tutto sommato, si potrebbe porre rimedio, o almeno reagire con la rassegnazione. No, questi sono intelligenti. Solo che non sanno fare niente da soli, neppure prendere una penna in mano, se qualcuno non glielo ordina espressamente.Le lezioni finiscono così per assomigliare ad una scenetta di Ionesco, o meglio ancora, ad una commedia scritta da monsieur de La Palisse: si perde tutto il tempo a spiegare l’ovvio, che però i ragazzini ascoltano come lo stessero sentendo per la prima volta nella loro vita. Dopo un po’ si rischia l’equilibrio mentale.Tu, ad esempio, cominci a scrivere alla lavagna e, dopo che hai riempito quasi tutto lo spazio, senti da dietro la vocina di Lilla Brison, che, stravaccata sul banco con una manina sotto il mento a sostenere le sue guanciotte da pizzicotti, ti chiede. “Dobbiamo copiare?”“No! – dico con marcata ironia – io scrivo alla lavagna perché mi piace decorare le pareti della classe, sono così anonime!”E Lilla, invece di precipitarsi a copiare le frasi sul quaderno, gira la testolina verso il muro, convinta davvero che quello che mi ha fatto saltare i nervi sia il colore dell’intonaco.Non mi va meglio con Marco Salviato Con il suo muso da furbetto – pardon, con la sua faccina vispa, a dirgli che ha la faccia da furbetto sembra un Ricucci in miniatura – mi osserva stupito e domanda, a scanso di equivoci: “Ma dobbiamo copiarlo sul quaderno?”Ormai sono prossima al nirvana, non mi lascio scuotere dalla mia calma olimpica: “Per carità, puoi anche copiarla sul banco, ma poi è tremendamente scomodo da portare a casa per studiarlo…”E Marco, santa creatura, per un attimo, perplesso, si domanda se non debba far chiamare sul serio da papà un paio di facchini.Ma è Greta Carlon a battere tutti. Greta sembra la versione alta di Pippi Calzelunghe, o quella femminile di Pippo: è lunga lunga, con sopra la testa uno sparo di capelli rossi dritti come asparagi, davanti agli occhi due occhiali a fondo di bottiglia e i denti imprigionati da un apparecchio che pare uscito dalla fantasia sadica di un Torquemada;  il suo hobby preferito, in questi primi mesi di scuola, è quello di aspettarmi in corridoio appena suona la ricreazione per abbracciarmi a tradimento, rimanendo poi appesa alla mia giacca per gran parte dell’intervallo.Durante a mia lezioni di storia sull’impero degli Assiri viene colta da un dubbio amletico in merito alla caduta di Ninive. Alza la mano e chiede: “Professoressa, ma gli Assiri avevano i fucili?”Sono tentata di rispondere no, ma poi mi fermo, folgorata. Già, e se magari li avevano, ma sono solo gli ispettori ONU a non averli trovati? Greta non lo sa, ma forse ha risolto il mistero delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.