IL PARERE DELL'AVVOCATO
I tre criteri per valutare una buona legge sulla fecondazione
Nessuno discute sulla necessità di una legge per regolare la procreazione medicalmente assistita. Per dirla con le parole del relatore di minoranza Giorgio Tonini, ex presidente della Fuci, la Federazione universitaria cattolica, non possiamo lasciare regolare questo ambito delicatissimo alla dinamica della domanda e dell´offerta.
Ma ovviamente, in campi così delicati, la migliore legislazione è quella ‘minima´, che lascia spazio alla deontologia professionale, ai Comitati di bioetica, insomma alla società civile nel suo quotidiano articolarsi.
Il relatore Tonini, nel suo intervento in Senato, individuava tre criteri per giudicare una buona legge in questa materia: l´accettazione del pluralismo etico, fortemente, connaturato con le nostre società aperte e liberali, onde evitare guerre civili ‘culturali´; l´adeguamento al contesto sopranazionale, onde evitare declassamenti del nostro paese rispetto alla comunità delle nazioni democratiche; l´armonia con l´ordinamento giuridico nel suo complesso, onde evitare conflitti insanabili fra normative.
La legge 40 disobbedisce a tutti questi tre criteri: è un testo pieno di lacune, difficoltà, contraddizioni, illogicità. Passiamo a esaminarle nel concreto della legge.
L'embrione come persona
Iniziamo dall'articolo 14, comma 1. Questa norma recita letteralmente: "è vietata la crioconservazione e la soppressione degli embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194". E´ una tipica norma di compromesso: l'embrione frutto della procreazione medicalmente assistita non può essere soppresso e neppure congelato in nome dei diritti di cui si parla all'articolo 1, per cui l'embrione diventa soggetto di diritti, fermo restando quanto stabilito dalla legge n. 194, cioè senza modificare l'attuale statuto dell'embrione nel momento in cui si trova nell'utero materno diventando feto. La prima parte del periodo si fonda sul principio per cui l'embrione è una persona; la seconda parte del periodo nega questo dato.
Ci troviamo, quindi, nella paradossale situazione per cui nell'ordinamento giuridico italiano l'embrione in uno stadio precedente a quello dell'impianto nell'utero materno è più tutelato del feto.
La diagnosi preimpianto e la prevenzione delle malattie genetiche
Non solo: il presente disegno di legge vieta il ricorso alla procreazione medicalmente assistita per la prevenzione della trasmissione delle malattie genetiche. Sappiamo che in Italia è diffusa una malattia - nello specifico mi riferisco alla talassemia, che è una patologia grave - che si trasmette per via genetica. Ora, di fronte ad un concepito, portatore sano o malato di talassemia - nel caso di due coniugi portatori sani esiste un 25 per cento di rischio di generare un figlio malato di talassemia - due sono le opzioni etiche tra cui la coppia che si trova in queste condizioni può scegliere: quella di accogliere questa vita oppure quella di sopprimerla attraverso l´aborto terapeutico. Il nostro ordinamento giuridico consente l´aborto terapeutico, e quindi permette di sopprimere il feto affetto da talassemia attraverso, appunto, l´aborto terapeutico. Negli anni si è sviluppata una tecnica diversa che consente di evitare l´aborto mediante la diagnosi preimpianto e quindi la selezione embrionaria dell´embrione sano.
E´ ragionevole prevedere nell´ambito di un provvedimento, che ciò continui ad essere possibile (e non può che essere così, visto che il testo in esame, all´articolo 14, prevede che resta fermo quanto previsto dalla legge n. 194 del 1978), mentre viene proibita la soppressione dell´embrione in vitro ed inibito lo sviluppo della tecnica della selezione embrionaria, quindi della prevenzione delle malattie genetiche, attraverso quel tipo di procedimento? Con il provvedimento in esame togliamo questa possibilità alle coppie portatrici di malattie trasmissibili e di fatto le obblighiamo, nel caso di accertamento di una malattia trasmessa al feto da parte dei genitori, a ricorrere all´aborto.
Torniamo al punto di cui sopra. È logico tutelare di più l´embrione in provetta rispetto al feto in utero materno?
Il consenso della donna
Seconda contraddizione, il problema del consenso della donna. La legge 40 impedisce alla donna di revocare il consenso alla fecondazione dell´ovulo, e quindi al concepimento dell´embrione, dopo la formazione dell´embrione stesso e prima dell´impianto in utero.
Immaginiamo allora, nel caso della trasmissione delle malattie genetiche, l´esempio di una coppia sterile che decide di usare la tecnica di procreazione medicalmente assistita, come questa legge consente, chiede la diagnosi preimpianto e scopre una malformazione grave o una tara genetica dell´embrione: a quel punto si trova nella situazione di non poter revocare il consenso all´iter del procedimento di procreazione assistita, e quindi, in astratto, dovrebbe accettare l´impianto in utero, salvo poi ricorrere all´aborto terapeutico.
Che idea dell'etica proponiamo con una legge del genere, che senso ha un procedimento così contorto? Che cosa deve fare un medico di fronte alla donna che non se la senta più di portare avanti il percorso di procreazione assistita perché ha scoperto, ad esempio (ma questo può anche non essere l'unico caso), che l'embrione è affetto da tare di tipo genetico?
Se la donna cambia opinione e intende revocare il suo consenso, siamo di fronte a quella che il senatore Natale D´Amico, della Margherita, definisce ‘violenza carnale di Stato"´. Infatti, il medico che, a quel punto, accetti di non impiantare l´embrione non lo può congelare, perché sono previste delle sanzioni, non può procedere alla soppressione dell´embrione e quindi, poiché ciascuna di queste regole è assistita da sanzioni gravi a carico del medico, quest´ultimo non ha altra alternativa che chiamare i carabinieri. ‘Ma allora stiamo immaginando un impianto obbligatorio di Stato´, conclude il senatore della Margherita.
Il numero degli embrioni
Terzo tema, terza contraddizione: la legge impone uno ed un solo procedimento tecnico nella fecondazione assistita: la fecondazione di un numero massimo di embrioni, che non può essere superiore a tre, l'impianto obbligatorio di tutti e tre gli embrioni, il divieto assoluto di congelamento e di conservazione. Questa è una tecnica che la comunità scientifica, i medici definiscono come malasanità, una "malpractice", per dirla in inglese. La legge 40 impone un procedimento che, in assenza di legge, potrebbe portare a denunce all´autorità giudiziaria, appunto, per malasanità.
La fecondazione eterologa
Il quarto punto è il divieto assoluto di ricorso alla procreazione assistita di tipo eterologo. Questo divieto assoluto è contraddittorio con una pratica diffusa a livello europeo, e pone quindi l'Italia in una contraddizione forte con l'indirizzo europeo.
Morale: la cattolicissima Spagna dispone da tempo di una legge fra le più avanzate nel mondo e la Grecia si è data l´anno scorso un´ottima legge, nel rispetto dei diritti di tutti e della pluralità delle convinzioni morali.
Inviato da: lorteyuw
il 24/03/2009 alle 22:56
Inviato da: minsterr999
il 24/03/2009 alle 22:44
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il 24/03/2009 alle 21:50
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il 24/03/2009 alle 19:47
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il 24/03/2009 alle 17:29